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Nella primavera del 1914 vi era una particolare espressione linguistica che saltava di bocca in bocca nei principali ambienti culturali europei. Da Cambridge ad Oxford fino ai salotti parigini si parlava di “Polveriera d’Europa” in riferimento alla situazione potenzialmente esplosiva che si andava delineando nei Balcani. Era l’alba del primo conflitto mondiale e di un nuovo ordine europeo.

Un secolo più tardi e quasi 5000 km in direzione Sud-Est la situazione presenta ancora un potenziale deflagrante. I risvolti dei fatti di Gaza si sono espansi a macchia d’olio e hanno gettato la regione medio-orientale in uno stato di profonda instabilità geopolitica. E’ in questo quadro di estrema complessità che si innesta l’attacco degli Houthi yemeniti alle navi mercantili dirette verso i porti israeliani. Forti dell’appoggio iraniano che vede in loro preziosi alleati per diffondere il pensiero sciita in una regione a forte prevalenza di sunniti, gli Houthi sono tra gli attori principali che hanno alimentato il conflitto yemenita negli ultimi anni e convinti sostenitori della causa palestinese.

Da Bab el-Mandeb, stretto che guarda le coste del Gibuti, passa una fetta considerevole del trasporto marittimo mondiale. La “Porta del lamento funebre” – così è la profetica traduzione italiana all’arabo, probabilmente dovuta alla difficoltà di navigazione del tratto – mette in comunicazione l’Oceano Indiano con il Mediterraneo attraverso la trafficata via del Mar Rosso. Come conseguenza degli attacchi Houthi, i global carriers hanno deciso di modificare le rotte evitando la via preferenziale di Suez con importanti conseguenze. Per arrivare ai porti europei ora è necessario dunque passare al largo del Capo di Buona Speranza e circumnavigare il continente africano fino al passaggio attraverso lo Stretto di Gibilterra con direzione Sud Europa o della Manica se diretti verso i porti del Northern Range.

Questa nuova via – precedentemente battuta quasi solamente in direzione del continente americano – comporta tempi di navigazione dilatati (fino a due settimane in più) e costi maggiori per gli armatori che inevitabilmente si scaricano sui prezzi dei noli e quindi delle merci per il consumatore. La situazione sul fronte marittimo è ulteriormente complicata dalla secca che sta interessando in queste settimane il Canale di Panama che ha inaugurato il 2024 registrando il record negativo di acqua presente tra le chiuse. Maersk – leader del settore navale – ha annunciato un ponte terrestre per portare i container trasbordando su treni e l’inevitabile aumento dei costi e dei tempi.

E’ la stessa compagnia danese tramite una nota a delineare una “futura significativa interruzione della rete globale di distribuzione merci”. Una possibile soluzione è quella adottata da Hapag Lloyd che ha provveduto al noleggio di una portacontainer sensibilmente più piccola per continuare ad essere operativa sulla linea Cina-Grecia-Italia. Gli analisti di settore sottolineano che tale strategia si innesca nel momento in cui il mercato è assoggettato a forti pressioni e le aspettative dei player finanziari non sono elevate. Non sono solo i noli ad essere nei pensieri degli spedizionieri mondiali: tempi di percorrenza più lunghi impattano anche sui costi inerenti all’Emission Trading System (ETS) ossia il sistema europeo che prezza le emissioni dannose per l’ambiente.

A preoccupare è quindi l’impatto che tali mutamenti sullo scenario marittimo avranno sui prezzi di merci e prodotti e se queste circostanze muteranno le scelte di politica monetaria che le Banche Centrali saranno chiamate a prendere a stretto giro. Gli analisti prevedevano infatti che entro la prima metà del 2024 si sarebbe andati verso un graduale taglio ai tassi di interesse dettato da una generale convinzione che i tempi difficili fossero ormai alle spalle. Ciò sembra però un miraggio distante e trapela il timore che gli attacchi Houthi possano avere pesanti ripercussioni sull’andamento dell’inflazione. E’ quindi possibile che la BCE rimandi a data da destinarsi la manovra e che la palla passi direttamente alla FED.

Si aggrava in questo senso la posizione competitiva degli hub portuali italiani che scontano già una derubricazione ad approdi di secondo ordine nei confronti dei grandi porti olandesi e tedeschi. Con il canale di Suez che opera al 50% si teme che gli armatori preferiscano scaricare direttamente sulle banchine di Rotterdam e Amburgo piuttosto che battere la via mediterranea verso Genova e Trieste. A titolo di esempio, spedire un container standardizzato da 40 piedi da Shanghai a Genova ad oggi costa circa 6400 dollari. La tratta dal porto cinese a Rotterdam invece è prezzata a quasi 5000. Ad oggi è stato stimato che le perdite giornaliere in termini di export italiano ammontino a circa 95 milioni di dollari al giorno, per un totale di 8.8 miliardi in fumo tra Novembre 2023 e Gennaio 2024. A subire i maggiori colpi della crisi del Mar Rosso saranno le PMI che si troveranno a dover fronteggiare il mancato approvvigionamento di materie prime.

Attendiamo dunque con il fiato sospeso quali sviluppi si vedranno nei prossimi mesi. C’è una nuova polveriera in una zona cruciale per il commercio marittimo moderno. Bisogna prestare molta attenzione affinché la miccia non venga accesa.

Gaia Brambilla
Gaia Brambilla

Classe 2001, bergamasca di nascita ma alessandrina per adozione. Laureanda in biologia con una passione per la politica e l'economia.

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