Sarà interessante leggere come Thomas Piketty interpreta il concetto di ideologia e quale variazione apporterà alla classica concezione marxiana giunta a noi attraverso la tesi della “inversione” direzionale tra pensiero e realtà: non è il pensiero a doversi uniformare alla realtà, ma la realtà al pensiero. Nel caso specifico, per Marx diventa fondamentale il concetto di “lotta di classe” – la forza motrice della storia che il “socialismo” di Piketty sembra voler abiurare – poiché attraverso questo aspro confronto l’individuo disvela quelle idee che rappresentano in diversi modi il pensiero della classe al potere, la quale nelle sue molteplici componenti domina la cultura dell’epoca in tutte le sue espressioni, falsificandone l’evidenza reale: l’acquisizione ingiustificata di plus-lavoro.
La tesi secondo cui l’individuo maturi nel tempo la consapevolezza che “l’impossibile” si trasformi in “ordinario”, seguendo il dettato della “finestra di Overton”[1], non può essere veicolata senza l’ausilio di una forza dinamica propulsiva organizzata. È assai probabile che tale forza non venga più esercitata nel quadro del confronto di classe. Pur tuttavia, in virtù della sua natura e del il suo scopo finale, essa non potrà mai fare a meno di avvalersi del conflitto come pratica politica.
Resta da capire quale siano per Piketty i gruppi di riferimento, i modi e i tempi, nonché gli strumenti della politica attraverso cui questa “lotta” verrà a compiersi.
Thomas Piketty: “There will be another economic crash”
12 FEBRUARY 2020
The French economist and author of Capital and Ideology on Brexit, Labour’s defeat and the next crisis.
In un’era di produttività stagnante, Thomas Piketty è una notevole eccezione. Nel 2013, l’economista francese pubblicò Il Capitale nel XXI° secolo, una critica di 696 pagine sulla disuguaglianza di ricchezza e reddito, un libro che ha venduto 2,5 milioni di copie. Dopo aver acquisito un pubblico globale, Piketty ha ora prodotto un sequel ancora più grande, Il Capitale e l’Ideologia che enumera 1.150 pagine.
Contrariamente alla sua precedente opera densa di equazioni, il nuovo libro sposta la sua attenzione sul regno delle idee. Piketty rifiuta la visione marxista ortodossa della lotta di classe come “la forza motrice della storia“, sottolineando invece il ruolo dell’ideologia nel preservare e sfidare il capitalismo.
“Il punto chiave è che non esistono forze economiche, tecnologiche o culturali deterministiche che rendano le società più disuguali o più uguali di altre“, mi ha detto Piketty, un bel giovanotto di 48 anni, quando ci siamo incontrati di recente alla sede del New Statesman.
Nel quadro di ciò che egli chiama “socialismo partecipativo“, Piketty sostiene politiche che includono aliquote d’imposta sul reddito e sulla proprietà fino al 90%, un’eredità pubblica di € 120.000 (£ 102.000) per ogni individuo al conseguimento del 25esimo anno d’età e un limite del 10% sul potere di voto degli azionisti.
Nell’era keynesiana del dopoguerra, scrive Piketty, quando gli Stati Uniti e il Regno Unito imposero aliquote fiscali fino al 98%, la crescita economica fu più elevata e la disparità di reddito inferiore. Ma tali politiche sono fattibili in un’era di globalizzazione e in cui vige un capitale iper-dinamico? La risposta di Piketty è stata quella di rifiutare lo status quo. “Bene, questa è una scelta, qualora organizzassimo o meno i controlli sui capitali. Alcuni governi, anche negli Stati Uniti e nel Regno Unito, propongono di controllare il movimento delle persone, di controllare l’immigrazione. Preferisco controllare il capitale piuttosto che controllare le persone.“
Ha aggiunto: “L’idea che puoi fare fortuna in un paese usando il sistema di istruzione pubblica e l’infrastruttura pubblica, e poi hai il diritto sacralizzato di fare clic su un pulsante e trasferire la ricchezza da qualche altra parte, e nessuno può rintracciarti, in ciò non c’è nulla di naturale in questo processo. Questo è un sistema legale molto sofisticato che lo ha reso possibile “.
Thomas Piketty è nato nel 1971 nel sobborgo parigino di Clichy da genitori di sinistra, che un tempo erano membri del partito trotskista Lutte Ouvrière. Piketty non si è mai identificato con la sinistra rivoluzionaria. Una visita in Unione Sovietica nel 1991, dove fu colpito dalla vista delle code per il cibo, lo aiutò a convincerlo della necessità di un’economia di mercato e della proprietà privata.
Dopo aver completato il suo dottorato di ricerca sulla redistribuzione della ricchezza all’età di soli 22 anni, e avendo studiato alla London School of Economics, Piketty divenne professore assistente presso il Massachusetts Institute of Technology. A seguito di ciò, si confermò come una presenza intellettuale sulla scena politica francese ed europea, in qualità di consigliere economico del candidato presidenziale del partito socialista Ségolène Royal nel 2007. Piketty successivamente nel settembre 2015 entrò a far parte del comitato consultivo economico del cancelliere ombra laburista John McDonnell, per poi dimettersi nel giugno 2016, citando la mancanza di tempo e le preoccupazioni per la “debole campagna” del Labour durante il referendum sulla UE.
Perché pensa che il Labour abbia perso le elezioni generali del 2019? “Questo confronto elettorale fu un’elezione sulla Brexit principalmente. Non sto dicendo che la leadership laburista abbia gestito la situazione nel miglior modo possibile, ma va oltre la questione del partito laburista e di Jeremy Corbyn. Il problema è la Brexit e il problema è la globalizzazione: come la si organizza. Mi sarebbe piaciuto che il Partito laburista avesse fatto proposte molto più costruttive su come cambiare l’Europa ”.
A meno che la UE, ci avverte, non rompa con un modello economico “sbilanciato a favore di gruppi sociali altamente mobili” e “contro gli svantaggiati“, altri Stati membri voteranno per andarsene. “Se non cambiamo l’organizzazione della UE, avremo un’altra Brexit“.
Il problema è che politici come Boris Johnson e Donald Trump hanno una proposta più semplice e chiara a confronto di quelle della sinistra? “Il messaggio nativista, [che si riassume] fondamentalmente nell’incolpare gli stranieri e i lavoratori stranieri, è abbastanza semplice, mentre il progetto social-federalista che presento è un messaggio più complicato“, ha ammesso Piketty. Ma, ha aggiunto: “alla fine, il messaggio nativista non risolverà il problema della disuguaglianza, e non funzionerà. Ad un certo punto si dovrà arrivare al messaggio più complicato, quello più internazionalista e socialista “.
Il giorno in cui ci siamo incontrati, il coronavirus aveva oscurato l’umore economico globale. Piketty teme un altro incidente? “Ci sarà un altro crollo economico, penso che sia chiaro con tutto il quantitative easing, tutta la creazione di denaro che abbiamo generato e il bilancio gonfiato nel settore finanziario. La storia dei crolli finanziari non è finita, questo è certo.“
Nonostante ciò e le molteplici sconfitte subite dalla sinistra, Piketty ha insistito sul fatto che ora è più ottimista rispetto a quando scrisse Capital. La sua ricerca storica ha rinnovato la sua fiducia nel potere della consapevolezza umana. “La Svezia era una società estremamente disuguale fino all’inizio del 20° secolo”, ha osservato. “Si sono trasformati molto velocemente con una pacifica mobilitazione sociale“.
Piketty è anche consolato dall’ampliamento della “finestra di Overton” – lo spettro di politiche ritenute accettabili dagli elettori e dalla classe politica. Solo quattro anni fa, stava lottando per convincere la candidata democratica presidenziale Elizabeth Warren riguardo ai meriti di una tassa sulla ricchezza durante un dibattito a Boston (Warren ora propone un prelievo dell’8%).
“Bene, ora propongo il 90%, quindi sono ancora molto avanti“, scherzò Piketty. “Ma le cose possono cambiare rapidamente.“
George Eaton is senior online editor of the New Statesman.