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“No vax”, “pro vax”, no green pass”, “si green pass”, “mai con i 5 stelle”, mai con Calenda e Renzi”. Di questo passo si fa sempre più seria l’impressione che la nostra prossima agenda mediatico-politica sarà dettata da Vladimir Putin e da Xi Jinping.

The first big energy shock of the green era

There are grave problems with the transition to clean energy power

Oct 16th 2021 edition

Il mese prossimo i leader mondiali si riuniranno al vertice del Cop26, affermando che intendono stabilire una rotta affinché le emissioni globali nette di carbonio raggiungano lo zero entro il 2050. Mentre si preparano a impegnarsi in questo sforzo trentennale, il primo grande allarme energetico dell’era verde si sta aprendo davanti ai loro occhi.

Da maggio il prezzo di un paniere di petrolio, carbone e gas è aumentato del 95%.

La Gran Bretagna, l’ospite del vertice, ha riacceso le sue centrali elettriche a carbone, i prezzi della benzina negli USA hanno raggiunto i 3 dollari al gallone, i blackout hanno travolto Cina e India e Vladimir Putin ha appena ricordato all’Europa che la sua fornitura di carburante dipende dalla buona volontà russa.

Il panico ci ricorda che la vita moderna necessita di abbondante energia: senza di essa, le bollette diventano insostenibili, le case si raffreddano e le imprese si bloccano. Il panico ha anche messo in luce problemi più profondi mentre il mondo si direziona verso un sistema energetico più pulito, compresi investimenti inadeguati nelle energie rinnovabili e in alcuni combustibili fossili di transizione, sorgono crescenti rischi geopolitici e si constata che ci sono scarse riserve di sicurezza nei mercati dell’energia.

Senza riforme rapide ci saranno più crisi energetiche e, forse, una rivolta popolare contro le politiche climatiche.

L’idea di una tale carenza sembrava ridicola nel 2020, quando la domanda globale scese del 5%, il massimo dalla seconda guerra mondiale, innescando il taglio dei costi nel settore energetico. Ma con la ripresa dell’economia mondiale, la domanda è aumentata anche se le scorte si sono pericolosamente ridotte.

Le scorte di petrolio sono solo il 94% del loro livello abituale, lo stoccaggio di gas europeo l’86% e il carbone indiano e cinese al di sotto del 50%.

Un mercato risicato diventa vulnerabili agli shock e alla natura intermittente di alcune energie rinnovabili. L’elenco delle interruzioni d’energia include la manutenzione ordinaria, gli incidenti, la mancanza di vento in Europa, la siccità che ha ridotto la produzione idroelettrica dell’America Latina e le inondazioni asiatiche che hanno impedito le consegne di carbone. Il mondo potrebbe ancora evitare una grave recessione energetica: i problemi potrebbero essere risolti a condizione che la Russia e l’Opec, sebbene  con riluttanza, aumentassero la produzione di petrolio e gas.

Come minimo, tuttavia, il costo genererà un’inflazione più elevata e una crescita più lenta. E altre pressioni simili potrebbero essere in arrivo.

Tutto ciò perché tre problemi incombono. In primo luogo, gli investimenti energetici sono dimezzati rispetto al livello necessario per soddisfare l’ambizione di raggiungere lo zero netto entro il 2050. La spesa per le energie rinnovabili deve aumentare. E la domanda e l’offerta di combustibili fossili inquinanti devono essere ridotti di pari passo, senza creare pericolose discrepanze. I combustibili fossili soddisfano l’83% della domanda di energia primaria e questa deve scendere verso lo zero. Allo stesso tempo, il mix deve passare dal carbone e dal petrolio al gas il quale rilascia meno della metà delle emissioni del carbone. Ma le minacce legali, la pressione degli investitori e la paura delle normative hanno portato gli investimenti nei combustibili fossili a crollare del 40% dal 2015.

Il gas è il punto di pressione. Molti paesi, in particolare in Asia, necessita che, nel corso degli anni 2020 e 2030, svolga la funzione di “carburante ponte”, temporaneamente, abbandonano il carbone, ma prima che le energie rinnovabili si siano intensificate. Oltre a utilizzare i gasdotti, la maggior parte importa gas naturale liquefatto (LNG). Tuttavia, troppi pochi progetti sono in sviluppo. Secondo Bernstein, una società di ricerca, la carenza globale di capacità di LNG potrebbe aumentare dal 2% della domanda attuale al 14% entro il 2030.

Il secondo problema è la geopolitica, poiché le ricche democrazie abbandonano la produzione di combustibili fossili la sua l’offerta si sposta verso autocrazie con meno scrupoli e costi inferiori, compresa quella gestita da Putin. La quota di produzione di petrolio derivante dall’OPEC, Russia compresa, potrebbe aumentare dal 46% di oggi al 50% o più entro il 2030. La Russia è la fonte del 41% delle importazioni di gas in Europa e la sua leva aumenterà con l’apertura del gasdotto Nord Stream 2 e la domanda asiatica.

Il rischio sempre presente è quello che i russi riducano le forniture.

L’ultimo problema è la progettazione imperfetta dei mercati dell’energia. La deregolamentazione dagli anni 90 ha visto molti paesi passare da decrepite industrie energetiche statali a sistemi aperti in cui i prezzi dell’elettricità e del gas sono fissati dai mercati, ove i soggetti concorrenti se i prezzi aumentano incrementano l’offerta. Ma questi devono fare i conti con la nuova realtà del calo della produzione di combustibili fossili di cui i fornitori autocratici determinano e di una quota crescente di energia solare ed eolica intermittente. Proprio come Lehman Brothers faceva affidamento sui prestiti overnight, allo stesso modo alcune società energetiche garantiscono forniture a famiglie e a imprese il cui acquisto viene fatto in un mercato spot inaffidabile.

Il pericolo è che lo shock rallenti il ​​ritmo del cambiamento.

Questa settimana Li Keqiang, il premier cinese, ha affermato che la transizione energetica deve essere “sensata e ben ritmata“, una risposta in codice che rivela l’intenzione d’utilizzare il carbone più a lungo.

L’opinione pubblica in Occidente, inclusa l’America, sostiene l’energia pulita, ma potrebbe cambiare idea con l’aumento dei prezzi.

I governi devono rispondere ridisegnando i mercati dell’energia. Una maggiore disponibilità di “cuscinetti” di sicurezza servirebbe per assorbire le carenze e affrontare l’intermittenza dell’energia rinnovabile. I fornitori di energia dovrebbero detenere più riserve, proprio come le banche detengono il capitale. I governi possono invitare le aziende a fare offerte per contratti di fornitura di energia di riserva, la cui maggior parte consisterebbe in gas, ma alla fine le tecnologie delle batterie e dell’idrogeno potrebbero prendere il sopravvento. Necessiterebbero più impianti nucleari, la cattura e lo stoccaggio d’anidride carbonica. Infatti, entrambe le pratiche sono vitali per fornire un carico di base d’energia pulita e affidabile.

Un’offerta più diversificata può indebolire la morsa dei “petrostati” autocratici come la Russia. Oggi, questo significa costruire il business del LNG. Col tempo sarà necessario un maggiore commercio globale di elettricità in modo che i paesi lontani, ventosi o soleggiati, con energia rinnovabile da vendere possano esportarla. Oggi solo il 4% dell’elettricità nei paesi ricchi viene scambiata oltre confine, contro il 24% del gas globale e il 46% del petrolio. La costruzione di reti sottomarine è parte della risposta e anche convertire l’energia pulita in idrogeno e trasportarla sulle navi potrebbe aiutare.

Tutto ciò richiederà una spesa in conto capitale per l’energia più che raddoppiata, arrivando a $ 4 trilioni e $ 5 trilioni all’anno.

Tuttavia, dal punto di vista degli investitori, la politica è sconcertante. Molti paesi si sono dotati d’impegni per raggiungere zero emissioni ma nessun piano su come arrivarci, tanto più che devono ancora dimostrarsi sinceri con il pubblico sul fatto che bollette e le tasse devono aumentare. Un’enorme varietà di sussidi per le energie rinnovabili, ostacoli normativi e legali rendono gli investimenti in progetti di combustibili fossili troppo rischiosi. La risposta ideale è un prezzo globale del carbonio che abbassi inesorabilmente le emissioni, che aiuti le aziende a giudicare quali progetti farebbero soldi e che aumenti le entrate fiscali per sostenere i perdenti della transizione energetica.

Eppure i sistemi di tariffazione coprono solo un quinto di tutte le emissioni. Il messaggio dello shock è che i leader di Cop26 devono andare oltre gli impegni e redigere un documento dettagliato su come funzionerà la transizione. Tanto più se il meeting è rischiarato da lampadine alimentate a carbone. ■

https://www.economist.com/leaders/2021/10/16/the-first-big-energy-shock-of-the-green-era

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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