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Marcello Ferrari https://www.facebook.com/marcello.ferrari.566 Coach di Pallavolo, la nostra Community

Tie-break. Sul 15-14 la palla diventa improvvisamente più pesante, tutta la massa pare ora concentrata in una piccola sfera giallo-blu. Non si odono più i suoni dei tamburi, le grida dagli spalti né le indicazioni provenienti da bordo campo. E’ la palla più difficile, la linea di confine tra tua vittoria e la loro sconfitta. E poco importa se per anni gli allenatori che si sono susseguiti nella tua carriera sportiva ti hanno sempre ammonito sul pensarla così in virtù del fatto che il primo punto abbia sempre la stessa importanza dell’ultimo: quella palla sarà sempre la più ostica da far cadere nel campo avversario.

Ci sono una serie di mantra nella pallavolo, quasi delle leggi universali che vengono tramandate dagli allenatori alle nuove generazioni di pallavolisti: non si sbaglia la battuta dopo il time-out avversario, se la palla finisce sotto la rete bisogna pagare pegno, non si serve mai sul libero. Non abbiamo avuto modo di provarlo empiricamente ma ci sentiamo tranquillamente di scommettere sul fatto che Marcello Ferrari, come ogni allenatore che si rispetti, abbia pronunciato almeno una volta ognuna di queste tre massime.

Lo abbiamo incontrato lontano dal Taraflex, in un caffè del centro, rigorosamente vestito con i colori e loghi societari. Sono quelli che contraddistinguono “Alessandria Volley”, la società pallavolistica nata nel 2016 da un processo di fusione di tre realtà territoriali precedentemente indipendenti. Ma la passione per la pallavolo per Marcello nasce da molto più lontano, da una “malattia di famiglia”, con il padre che militava nella massima serie nazionale nei vivaci anni ‘60. Ma allora la pallavolo era un’altra cosa, ben diversa da come oggi la conosciamo. Un sistema di punteggio differente, una velocità di gioco più lenta e divise spesso a maniche lunghe e di materiale pesante erano l’equivalente della moderne divise in tessuto tecnico. Anche la nomenclatura non corrispondeva a quella dei nostri giorni e così il papà di Marcello giocava nel ruolo di “universale”. Ci si approccia così, a 14 anni il futuro Mister Ferrari varca per la prima volta le soglie di un palazzetto sportivo. Lo fa inizialmente in qualità di giocatore e arriva negli anni fino alle serie D.

Poi il passaggio, dal campo all’area tecnica. Pochi metri di distanza fisica ma un modo completamente nuovo di vedere il gioco. Ci racconta che si vedono tante ragazze crescere, sportivamente e umanamente. Qualcuna poi spicca il volo, lontano dalle palestre di Alessandria e verso palcoscenici nazionali. Altre rimangono ancorate alle proprie radici e arrivano in prima squadra: il vero orgoglio di ogni allenatore è proprio questo, Marcello racconta, vedere le piccole bambine del vivaio diventare giocatrici professioniste.

Così si costruiscono società sportive resilienti e solide, autoalimentate come motori ben oliati e attaccate ad una dimensione territoriale. Una solida cooperazione tra staff dirigenziale, giocatrici e famiglie con queste ultime che dedicano parte del loro tempo in forma gratuita alla società diventando arbitri, segnapunti o semplicemente seguendo la squadra nelle lunghe trasferte domenicali.

I risultati sono una diretta conseguenza di tutto questo: l’eccellenza dell’U 16 allenata da Marcello, una Coppa Piemonte conquistata per la primissima volta e lo straordinario passaggio in serie B2 dopo una stagione in costante crescita nella scorsa stagione sportiva.

Tirando le somme, forse la bravura di un allenatore risiede proprio nelle palle che scottano e nell’insegnare ad affrontarle sul campo così come nella vita.

Ma anche su questo ci sentiamo di scommettere che Marcello abbia tutte le carte in regola per farlo.

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Il Ponte