
Alessandro Gastaldi, Insegnante di Educazione Fisica e Scienze Motorie, la nostra Community
Quasi quarant’anni di onorato servizio nello Stato come educatore non sono pochi. Sì, ma chi e che cosa “educa” Alessandro Gastaldi? Egli è un insegnante di Educazione Fisica. La vecchia “Ginnastica”. Ma non ha fatto solo quello nella vita Alessandro. “Il Puvi” – nomignolo che gli corre appresso come un ombra – è stato un ottimo sportivo in gioventù, football, nuoto, pallavolo. Ha accumulato nel tempo quell’esperienza agonistica sportiva che in ogni ciclo scolastico trasmette ai suoi alunni. Alessandro mi ferma nel mio parlare, mi guarda dall’alto in basso, sorseggiando il suo caffè, e con una smorfia che sa di diniego, scuotendo la testa mi dice con un tono imperioso: “guarda che nello sport non c’è solo l’agonismo, io insegno anche come si sta al mondo”. “Cioè?” Replico in modo curioso.
Alessandro mi spiega che la competizione è un arma affilata a doppio taglio, bisogna saperla maneggiare. Ai ragazzi occorre soprattutto insegnare che l’attività ginnica è anche cura del proprio corpo, di conoscenza dei propri limiti; il gioco presuppone il senso di appartenenza, di rispetto nei confronti dell’avversario. “Come ‘cacchio’ si dice in inglese?” “Intendevi ‘fair play’? “Sì quella cosa lì, il ‘fer plei’ ”. “Ma…la politica che c’entra con lo sport? Ti sei candidato nella lista di Giorgio l’anno scorso.” Chiedo. “Embé !!”, ribatte lui, come se avessi posto una sciocca domanda “…conosco Abo da quando aveva i calzoni corti…grande persona…e ottimo calciatore…forse un po’ troppo tecnico…gli mancava il fisico. Oggi vanno di moda i muscoli, la corsa, gli schemi, questi ragazzini sono già imprigionati in tenera età nella tattica.”
Alessandro, alias, il Puvi, s’infervora “e…poi sono anche un educatore come tutti i miei colleghi, abbiamo delle responsabilità sociali”. Così mi racconta quanto sia appassionante per lui il suo daffare nella scuola, sebbene lo Stato abbia ridotto, nel corso degli anni, il suo impegno nel garantire adeguati finanziamenti e strutture nel settore sportivo. Gli brillano gli occhi quando descrive la sua trasferta spagnola come allenatore e accompagnatore di una squadra locale invitata a gareggiare in un torneo di calcio juniores “C’era anche il Barcellona, i Blue Grana”.
La discussione si fa interessante, lo ascolto con piacere, parla a ruota libera, c’è un passaggio che m’incuriosisce quando mi narra che nelle sue scolaresche gli immigrati primeggiano nel dimostrare la loro abilità nello sport. “Certe volte i ‘nostri’ sono fiacchi”. Cerco d’interpretarne le motivazioni: ambiscono a dimostrarsi pari ai loro compagni?. “Sì” mi risponde “fame, tanta fame, è il ‘carburante’ dello sport.” Gli chiedo se si tratta di “fame” nel senso di bramosia nella ricerca di una “fama” o, semplicemente, povertà. Il Puvi ci pensa un attimo si passa una mano sulla pelata, poi mi risponde secco: “tutte e due”.
“Che dici, ci facciamo una birretta?”
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