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La “maledizione” (curse) scagliata nei confronti delle Big Tech, ma in particolare verso Amazon dai due più popolari rappresentanti della sinistra Dem Americana – entrambi furono in corsa per la carica presidenziale – il Sen. Bernie Sanders (Vermont) e la Sen. Elizabeth Warren (Massachusetts) si sta avverando: la nota corporation di Seattle inizia ad avere il fiato pesante.

Calma, l’azienda non è affatto decotta, ma la china verso il basso comincia ad assumere una pendenza preoccupante. 

I presunti capi d’accusa imputabili ad Amazon sui quali Sanders e Warren insistono da tempo caparbiamente, e non mancano mai di sottolinearli in ogni loro apparizione mediatica, si possono inquadrare sinotticamente in tre ambiti ben precisi: economico-finanziario: elusione fiscale, eccessivo riacquisto del proprio capitale azionario (buy back) per far crescere sproporzionatamente il suo asset borsistico, strafottenza nei confronti dei medio-piccoli espositori; sindacale: sfruttamento delle maestranze, salari inadeguati al costo della vita; politico: volontà monopolistica atta a impedire ogni tentativo di libera competizione di mercato, atteggiamento poco amichevole – se non a volte irrispettoso – verso le autorità e le comunità locali.

Tuttavia, la loro insistente critica riguardava non tanto il presunto genio di Jeff Bezos, bensì il contesto favorevole in cui tali scaltri operatori hanno potuto raggiungere il successo. Le ripetute stoccate dei due rappresentanti della sinistra Dem non hanno mai risparmiato al blocco politico-finanziario di Wall Street, ossia ai grandi interpreti della corrente ortodossia economica, la tesi secondo cui per loro esisterebbe una supposta “manina” auto-regolativa smithiana (quella che “dà” e che contemporaneamente “toglie” nella giusta indiscutibile misura), cui il neoliberalismo ne ha fatto una sorta di dogma “naturale”.

Per altro, Sanders, e per molti economisti keynesiani, il modello Amazon è l’esempio più deteriore di “estrazione” di ricchezza dal basso. Tesoro ricavato da quel “basso” per favorire l’incremento della sua relativa quota azionaria da cui “l’alto” ne ha tratto vantaggi considerevoli (continuo incremento del suo valore azionario), con l’esplicita complicità dell’élite tecno-finanziaria governativa (Warren). Un modello di business nuovo (home delivery) nel quale la US Mail avrebbe potuto diventare un soggetto altamente competitivo se non fosse stata depotenziata e volutamente disinvestita per favorire il successo di Bezos.

Anche qui da noi i rappresentanti istituzionali e alcune forze politiche sono state fulminate dalla cornucopia Amazon. Qualche anno fa la giunta di centro-destra annunciò l’arrivo del gigante di Seattle che con il suo tocco magico avrebbe distribuito dobloni a palate, assunto migliaia di giovani gagliardi e contemporaneamente si sarebbe incaricata, con la sua presenza, di veicolare nella nostra città, “cloroformizzata” da circa un trentennio, un anelito di vibrante globalizzazione.

A latere ci sarebbe anche da chiederci se quel tipo di logistica, principalmente su gomma, sarebbe ancora funzionale in un disegno UE che prevede l’esborso di un trilione di euro in aiuti pubblici da investire verso la cosiddetta “transizione ecologica”. Senonché, al di là del merito o meno riguardo a questo interrogativo, il settimanale The Economist – non qualche spiegazzato fogliaccio bolscevico – nella sua profonda analisi su Amazon, di cui alleghiamo solo i primi tre blocchi, titola “Può Amazon consegnare ancora?” Una intestazione un po’ capziosa che, nondimeno, non promette una valutazione così eccelsa del gioiello di Jeff Bezos.   

fg

Can Amazon deliver again?

The pioneering e-commerce giant battles soaring costs and a stagnating legacy business

Jan 26th 2023 | SEATTLE

È difficile non essere ammirati da Amazon. È una delle più grandi aziende della storia. Jeff Bezos ha trasformato l’azienda dall’umile libreria online che ha fondato nel 1994 a un colosso tecnologico, vendendo di tutto, dallo sciroppo di mais al cloud computing, una futura industria da trilioni di dollari che Amazon ha più o meno inventato. Oggi è la quinta azienda più preziosa al mondo, il terzo più grande generatore di entrate e il secondo più grande datore di lavoro privato. I suoi magazzini, data center, negozi e uffici coprono un’area grande quasi quanto Manhattan. Consumatori, concorrenti e politici si sono sempre più chiesti se Amazon avrebbe conquistato il mondo. O se, prima o poi, Amazon si fermerà: oggi sta investendo molto in Kuiper, un’impresa a banda larga satellitare.

Nonostante tutti i superlativi, è altrettanto difficile non riconoscere che Amazon si trova in uno stato di nervosismo. Con una flessione delle carte di credito in America, il suo più grande mercato, gli acquirenti stanno stringendo i cordoni della borsa e i dipartimenti IT aziendali stanno riducendo la spesa per il cloud.

Il valore di mercato di Amazon è sceso di circa $ 1 trilione dal suo picco a metà del 2021, cancellando tutti i guadagni della pandemia di covid-19, quando i clienti si sono affrettati ad aderire al suo servizio di abbonamento Prime e le aziende stavano spostando i loro dati sulla suo divisione cloud, Amazon Web Services (aws).

Questo mese Amazon ha annunciato 18.000 licenziamenti di colletti bianchi, pari al 6% della sua forza lavoro aziendale. Quando riporterà gli utili del quarto trimestre il 2 febbraio, la sua crescita annuale dei ricavi potrebbe per la prima volta arrivare a una sola cifra, in calo rispetto al 22% nel 2021. A ottobre la società ha avvertito che potrebbe realizzare profitti scarsi o nulli negli ultimi tre mesi del 2022.

L’effetto “Icaro” di Amazon non è unico nel settore della grande tecnologia. Tutti i suoi compagni che forniscono un elevato livello tecnologico sono stati colpiti dal calo della domanda dei loro prodotti digitali, poiché, ora, le persone non sono più rinchiuse in casa e i postini non portano più assegni di stimolo inviati dal governo a causa della pandemia. Ma sotto Andy Jassy, il capo di AWS che ha assunto la carica di amministratore delegato dopo che Bezos si è ritirato nel luglio 2021, Amazon si è espansa in modo molto più aggressivo nei confronti di Alphabet, Apple, Meta e Microsoft.

Questa esuberanza lascia l’azienda in una situazione difficile poiché deve affrontare tre grandi sfide: un’attività di vendita al dettaglio in affievolimento; una decelerazione del cash engine di AWS; una rinnovata immagine pubblicitaria; nonché una crescente concorrenza. Riuscirà il discreto signor Jassy a superare gli ostacoli e trasformare il vasto impero di Amazon in un business affidabile e redditizio?

https://www.economist.com/business/2023/01/26/can-amazon-deliver-again

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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