
“Studiare costa ma non sempre paga. I nuovi poveri in Piemonte sono gli under 40 con una laurea in tasca e perlopiù sono donne. Persino chi ha la licenza media se la cava meglio e riesce a migliorare la propria condizione economica. A identificare le traiettorie delle nuove diseguaglianze è l’ultimo rapporto di Bankitalia, realizzato su elaborazioni di dati Istat, un’analisi secondo cui la conoscenza non sembra ridurre il divario tra ricchi e poveri. Anzi, semmai, in assenza di lavoro qualificato, le amplifica.“
https://torino.corriere.it/economia/21_giugno_25/poveri-la-laurea-tasca-solo-chi-ha-licenza-media-riesce-migliorare-reddito-ced37746-d519-11eb-a631-8b78d473314e.shtml
Tuttavia, solo pochi giorni è stata pubblicata l’indagine Almalaurea che ci consegna dati abbastanza positivi sui laureati dell’Università del Piemonte Orientale sia per quantità di occupati che per livello medio di reddito. https://radiogold.it/cronaca/278192-almalaurea-2021-universita-piemonte-orientale/
L’Indagine sulla Condizione occupazionale ha riguardato complessivamente 3.471 laureati UPO. I dati si concentrano sull’analisi delle performance dei laureati di primo e di secondo livello usciti nel 2019 e intervistati a un anno dal titolo e su quelle dei laureati di secondo livello usciti nel 2015 e intervistati dopo cinque anni.
Per quanto riguarda i laureati triennali contattati a un anno dal conseguimento del titolo, il 54,2% decide di proseguire il percorso formativo con un corso di secondo livello. Indagando la quota rimanente (45,4%), il tasso di occupazione è dell’83,5% a fronte di una media nazionale del 69,2%, la retribuzione media è di 1.433 Euro (rispetto alla media nazionale di 1.270 Euro) e il 78,5 % valuta efficace o molto efficace il titolo conseguito (contro il 62,8%).
Tra i laureati di secondo livello del 2019 intervistati a un anno dal conseguimento del titolo, il tasso di occupazione è pari al 75,4% (media italiana 68,1%), la retribuzione media è di 1.489 Euro (media nazionale 1.364 Euro), il lavoro part-time coinvolge il 18,6% dei laureati (contro il 20,7%), la laurea è giudicata efficace o molto efficace dal 66,8% (contro il 66%).
Non cambia di molto la fotografia dei laureati di secondo livello del 2015, intervistati a 5 anni dal conseguimento del titolo. Il tasso di occupazione è pari al 91,6% (media italiana 87,7%), la retribuzione media è di 1.552 Euro (media nazionale 1.556 Euro), il lavoro part-time coinvolge il 7,2% dei laureati (contro il 10,9%), la laurea è giudicata efficace o molto efficace dal 70,4% (contro il 68,5%).”
Proviamo a trarre una conclusione, per quanto sommaria. Il capitale di investimento per consegnare un futuro decente alle prossime generazioni non è costituito dal terreno da regalare “basta che porti lavoro” come dicono Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia ma dal territorio con le sue relazioni, competenze, qualità, istituzioni e imprese valorizzate dal fattore Università.
Abbiamo bisogno di un pensiero e di un metodo, non di svendere la nostra terra. L’ambiente in molte sue declinazioni (bonifiche, filiera dello smaltimento, chimica/plastica di ultima generazione, sanità e ospedali con IRCCS sulle patologie ambientali, prevenzione e protezione civile, trasporti ferroviari e mobilità sostenibile merci e persone) può tracciare la rotta verso un’ecologia della politica e territoriale che aiuti a definire un destino per la nostra città e per la nostra provincia.
Per il rilancio dell’economia cittadina abbiamo bisogno di sostituire l’immigrazione di bassa specializzazione lavorativa (servizi di media-bassa intensità), con quella di alta professionalità (ricerca, innovazione tecnologica) ad alto valore aggiunto.
Per mettere in atto questo scambio occorrono processi metodologici che determinino il tipo di programmazione in funzione degli obiettivi da raggiungere.
Di fatto, questa lunga catena che conduce alla creazione di valore autoctono – e quindi esportabile sul mercato globale – non si costruisce con gli accordi di potere per raccogliere il consenso del voto “moderato”. Coesione sociale, classe dirigente autorevole, adeguate politiche di bilancio, una accademia meno conservativa e maggiormente incline all’ascolto dei gruppi d’interesse locali sono gli ingredienti insostituibili per conseguire tale scopo. Spesso occorrono anni per raggiungere una formula condivisa che soddisfi la quasi totalità delle parti.
Eppure, il nostro territorio ha vissuto la stagione della programmazione negoziata dei PRUSST e dei PTI, esperienze positive che oggi potrebbero riemergere attraverso definizioni più al passo coi tempi. Si vedano i percorsi avviati di Coesione territoriale, Strategie d’area o dei Piani di sviluppo, stessa sostanza, ma con un limite rispetto ad allora: manca oggi un sistema politico e istituzionale, in una parola, “territoriale”, solido e riconosciuto. Manca la struttura, non solo per la crisi dei Partiti e dei corpi intermedi della società ma anche per la confusione che si è creata in seguito alle riforme istituzionali che hanno smembrato le province.
Valga come esempio, nell’ambito del trasporto pubblico e della mobilità il fallimento sostanziale dell’Agenzia regionale per la mobilità e i danni che sta facendo soprattutto nei territori periferici. Per non parlare del rapporto con la Regione e dell’eterno dibattito sul nuovo Ospedale per citarne un altro.
Per avanzare una proposta buona per Alessandria occorre avere ben chiaro come è cambiato il contesto e quali sono i limiti, le responsabilità, gli oneri e gli onori del capoluogo.
Il lavoro da fare è nel metodo, ricreare una struttura dirigente forte e riconosciuta, e, nel merito, avere il coraggio di scegliere, avendo chiari gli obiettivi e le priorità.
Giorgio Abonante