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SPD

Fiumi di parole corrono sull’ESM, ma silenzio tombale verso chi lo vuole rafforzare. Ottima l’analisi del The Guardian.

The Guardian view on political turbulence in Germany: can the centre hold?

17 Nov. 2019

The country’s traditional powerhouses on the centre-left and the centre-right face a moment of reckoning

La politica tedesca del dopoguerra ha la reputazione di essere moderata, consensuale e un po’ noiosa. Ma ci sono stati momenti di grande drammaticità. Nel novembre del 1959, ad esempio, il Partito socialdemocratico (SPD) abbandonò la sua storica ambizione di sostituire il capitalismo con il socialismo, dismise il racconto marxista della lotta di classe e iniziò a proporsi come un Volkspartei (partito popolare). La storia ha dimostrato che quella decisione era giusta. Per i successivi 50 anni circa, la SPD ha lottato per il potere con l’altra grande forza politica del paese, la CDU (e il suo alleato bavarese CSU), poiché entrambe le parti raggiungevano regolarmente una quota di voto di oltre il 40%.

La CDU e la SPD si resero celebri per esercitare una politica per le masse, ciò che ora anelerebbero per tali numeri. Le agonie della Brexit e l’ascesa del populismo di destra hanno rivendicato la nozione di protagonismo politico in Europa.

Ma chi è alla ricerca di indizi sul futuro del continente farebbe bene a guardare da vicino la Germania nelle prossime settimane.

Le forze tradizionali, che formarono la “grande coalizione” nel 2018 per gestire il paese, sono divise e scoraggiate. Una serie di sconfitte alle elezioni regionali ha indotto entrambe le parti a chiedere politiche più radicali e distinte. Alla fine di questo mese, a seguito di una innovazione nata dalla disperazione, i membri della SPD voteranno per un nuovo leader. Sceglieranno tra due candidature comuni, una proveniente dalla sinistra e una dalla destra del movimento. Sarebbe un eufemismo dire che ci sia una pressione per non sbagliare.

Il mese scorso, alle elezioni statali in Turingia, la più occidentale delle cinque ex regioni della Germania orientale, il partito ha segnato un terribile 8,2% e ha concluso con un umiliante quarto posto. La Regione è stata vinta dalla Die Linke, di estrema sinistra, che ha sempre ottenuto buoni risultati localmente e che in questa occasione ha quadruplicato i voti, la sua vittoria più schiacciante finora. A questa sconfitta per i socialdemocratici seguì un risultato altrettanto scarso in Sassonia, e a livello nazionale la SPD è stimata di un miserabile 15%.

Risultati simili in Turingia indicano sia la frammentazione politica della Germania sia una sfida più generale alle ortodossie economiche del paese. La nuova responsabile della BCE, Christine Lagarde, ha suggerito che la Germania dovrebbe spendere di più e risparmiare di meno per dare impulso all’economia dell’eurozona. Uno dei quattro candidati per la leadership della SPD, Olaf Scholz, che è attualmente il ministro delle finanze nel governo di coalizione, ha ribadito il suo impegno per la cosiddetta politica dello “schwarze null”  (lo zero nero), che impegna il paese al pareggio di bilancio. Ma i due candidati di sinistra, Norbert Walter-Borjans e Saskia Esken, chiedono ingenti investimenti e la fine dell’economia contraria all’indebitamento pubblico che i politici tedeschi hanno praticato sin dopo la guerra. Se vinceranno, è probabile che tirino fuori la SPD dalla grande coalizione e forzino per un anticipato confronto elettorale.

Nel frattempo, la CDU, essendo stata battuta in Turingia dai nazionalisti di estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD), sta conducendo la propria analisi. Angela Merkel ha già detto che non si presenterà alle prossime elezioni federali, previste per il 2021. Ma mentre il partito si prepara per il suo congresso annuale, che inizia venerdì a Lipsia, si parla di un tentativo di bloccare la sua presunta sostituzione con l’impopolare presidente della CDU, nella figura di Annegret Kramp-Karrenbauer. Alcuni esponenti del partito stanno sostenendo la fine del divieto di pattuizione con l’AfD.

[Sarebbe] una mossa terribile che sposterebbe in modo significativo il baricentro a destra della politica tedesca e rappresenterebbe una rottura definitiva con le politiche liberal della Merkel riguardo immigrazione.

Come è accaduto altrove, le sfide del capitalismo del 21° secolo nelle società dell’Europa occidentale – la bassa crescita, lo strascico della deindustrializzazione, l’immigrazione e le conseguenze del tracollo – hanno avuto come epilogo la crisi del centro politico. Ma la preminenza economica della Germania implica che la sua risposta conservi un peso speciale in Europa. La scorsa settimana, ha evitato per poco di andare in recessione. La sua economia rimane forte ma il boom è terminato e la politica tedesca dovrà rispondere con strategie più espansive. La stabilità è stata a lungo il dogma di Berlino, ma i 60 anni successivi all’eredità di Marx ed Engels, che è stata discretamente messa da parte della SPD, il revisionismo ritorna a essere nuovamente nell’aria.

https://www.theguardian.com/commentisfree/2019/nov/17/the-guardian-view-on-political-turbulence-in-germany-can-the-centre-hold?CMP=share_btn_fb&fbclid=IwAR0yB6dglVL3Z_hLK8R-XYz17Pi6aqAYCovA8hmryVEsUtyFvurv0jWlecM

 

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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