Ringraziamo la Prof. Daniela Pestarino per il contributo che ci fornisce sulle politiche educative e per la sua garbata critica nei confronti del post da noi pubblicato recentemente ripreso dal settimanale economico inglese The Economist[1]
[1] https://ilpontedem.it/2024/08/01/the-economist-uk-un-nuovo-pensiero-alla-moda-sta-ostacolando-listruzione-scolastica-nel-mondo-ricco/Il post che mi ha segnalato ad agosto è molto interessante! Tuttavia, ridurre la complessità del problema della qualità dell’insegnamento al “basso livello di preparazione degli educatori” mi pare una semplificazione eccessiva. Il mondo della scuola è un sistema articolato, influenzato da una molteplicità di fattori, tra cui il contesto sociale, le politiche educative, le risorse e le infrastrutture disponibili. In Italia, ad esempio, le riforme frequenti, una burocrazia eccessiva, linee guida e indicazioni nazionali poco chiare, possono compromettere la qualità dell’insegnamento. A fronte di comprovate carenze formative individuali di componenti del cosiddetto “corpo docente”, molti altri insegnanti si impegnano parecchio per migliorare le proprie competenze, con dedizione e professionalità. Trovo dunque riduttivo “giudicare” gli insegnanti, riconducendoli ad una categoria omogenea e poco preparata.
Inoltre l’articolo parla di “abilità vagamente definite”, ma molte di queste, come la capacità di lavorare in team, la risoluzione di problemi complessi e la capacità di imparare ad imparare, sono competenze trasversali chiaramente riconosciute come essenziali nel mondo del lavoro contemporaneo (basti pensare alla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente del 2018). Molti problemi complessi richiedono soluzioni collettive. Il lavoro di gruppo non è solo un’abilità interpersonale, ma una modalità di affrontare situazioni in modo efficace, condividendo conoscenze e competenze diverse.
L’apprendimento non è più statico. Il mondo cambia rapidamente, così come le tecnologie e le professioni. In questo contesto “imparare ad imparare” è fondamentale, poiché permette agli studenti di adattarsi alle nuove sfide e ai nuovi contesti che incontreranno nella loro vita e nel loro lavoro.
Infine l’idea che promuovere “pensatori critici o risolutori di problemi” significhi minimizzare l’apprendimento tradizionale mi è apparsa fuorviante. Piuttosto, si tratterebbe di integrare diverse modalità di apprendimento. La conoscenza “essenziale” rimane importante, ma dovrebbe essere affiancata dallo sviluppo di abilità cognitive quali l’analisi, la sintesi e l’applicazione creativa per poter essere “attrezzati” ad affrontare situazioni non standardizzate ed imprevedibili.
Prof. Daniela Pestarino
[1] https://ilpontedem.it/2024/08/01/the-economist-uk-un-nuovo-pensiero-alla-moda-sta-ostacolando-listruzione-scolastica-nel-mondo-ricco/