L’ingordigia del capitalismo finanziario occidentale libero da vincoli politici, nel corso di questi ultimi due decenni, ha trasformato la Cina in un potente e aggressivo competitore, svendendo contemporaneamente la stabilità economica e i diritti che garantivano alla propria classe media – il vero pilastro dei valori democratici – una dignitosa qualità della vita. Il covid 19 ha aggravato l’attuale stato di debolezza dei paesi occidentali. E’ presumibile che a pandemia conclusa Stati Uniti ed Europa reagiranno in modo vigoroso al tentativo del Dragone d’imporre un nuovo ordine politico economico mondiale. Tuttavia, ciò equivarrebbe a non escludere un “doloroso” trade off (costi-benefici) tra politica geo-strategica e globalizzazione finanziaria. Gli USA, in particolar modo, posseggono una “chiave” che chiuderebbe l’uscio a qualsiasi pretesa egemonica della Cina verso l’Occidente, almeno nel breve: la cessazione della convertibilità del dollaro di Hong Kong con il dollaro americano. Ottima l’analisi del politologo britannico Mark Leonard, sebbene le sue conclusioni appaiano di un ottimismo un po’ scontato.
18 Marzo, Anchorage (Alaska) 1° Vertice USA – Cina, Amministrazione Biden (US Secretary of State Antony Blinken e National Security Adviser Jake Sullivan), finisce in una clamorosa e poco diplomatica rissa.
The New China Shock
Mar 31, 2021 MARK LEONARD
Like China’s accession to the World Trade Organization in 2001, the country’s new strategy for achieving economic self-reliance and geopolitical dominance poses an unprecedented challenge to the West. The difference this time is that Western leaders are no longer committed to a fanciful vision of “reciprocal engagement.”
BERLINO – Alcuni mesi fa, le autorità cinesi si sono rivolte a qualche delle più grandi compagnie straniere del Paese e hanno chiesto loro di scegliere un rappresentante per partecipare a un piccolo raduno a porte chiuse sulla nuova strategia economica cinese. L’incontro doveva svolgersi con un alto funzionario in un momento e in un luogo che non potevano essere oggetto di pubblica divulgazione. In base alle informazioni ottenute da due persone con conoscenza diretta della questione, i quali hanno insistito sull’anonimato per discuterne, si chiedeva alle aziende d’inviare solo rappresentanti di etnia cinese. Sia nel contenuto sia nella forma, l’episodio pone in evidenza l’entusiasmo del Dragone di rendere la sua economia più riconoscibilmente autoctona, sviluppando le proprie tecnologie e fonti energetiche, facendo così affidamento sul consumo interno piuttosto che sulla domanda estera.
La nuova strategia del presidente cinese Xi Jinping è incentrata sul concetto di “doppia circolazione”. Al di là del tecnicismo verbale c’è un’idea che potrebbe cambiare l’ordine economico globale. Invece di operare come un’unica economia collegata al mondo attraverso il commercio e gli investimenti, la Cina si sta trasformando in un’economia biforcuta. Il campo definito come la (“circolazione esterna”) rimarrà in contatto con il resto del mondo, ma questo sarà gradualmente oscurato da un altro la (“circolazione interna”) che coltiverà la domanda domestica, il capitale e le idee.
Lo scopo di questa doppia circolazione è rendere la Cina più autosufficiente. Dopo aver precedentemente basato il proprio sviluppo sulla crescita trainata dalle esportazioni, i responsabili politici stanno cercando di diversificare le catene di approvvigionamento del paese in modo che si possa accedere alla tecnologia e al know-how senza essere vittima del bullismo da parte degli Stati Uniti. In tal modo, la Cina cercherà anche di rendere altri paesi più dipendenti da essa, convertendo così i suoi legami economici esterni in potere politico globale.
Il passaggio a una strategia a doppia circolazione solleva lo spettro di un nuovo “shock cinese” che potrebbe sminuire l’impatto del primo, il quale colpì le economie occidentali dopo l’adesione della Cina al WTO nel 2001. Sebbene la sua inclusione abbia generato una enorme quantità di ricchezza e sollevato milioni di cinesi dalla povertà, ha anche creato disoccupazione in luoghi come l’American Rust Belt e i distretti del “red wall” inglese, ponendo le basi per il referendum sulla Brexit nel Regno Unito e l’elezione dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel 2016.
La classe politica occidentale ha impiegato molto tempo per svegliarsi dallo shock cinese, perché si era vincolata a una strategia di “impegno reciproco”, in base alla quale i consumatori occidentali avrebbero beneficiato delle importazioni cinesi a basso costo e le aziende occidentali avrebbero tratto profitto dalla crescita economica della Cina, grazie al suo enorme mercato. Si presumeva che queste dinamiche avrebbero spinto il gigante asiatico ad aprire ancora di più il mercato e la sua società politica. Ma questa ipotesi non si è avverata.
L’impatto del nuovo shock cinese sull’Occidente sarà sostanzialmente diverso dal primo. Per cominciare, la strategia della doppia circolazione influenzerà diverse parti dell’economia e dei rapporti sociali. Anziché mettere in pericolo il sistema industriale esistente, l’obiettivo della Cina è dominare i settori ritenuti all’avanguardia e competere con le società legali e finanziarie nella City di Londra, le case automobilistiche nel Baden-Württemberg, nonché le aziende biotecnologiche svedesi.
In particolare, il piano “Made in China 2025” di Xi del 2015 enfatizza comparti come l’intelligenza artificiale, i semiconduttori, le batterie, i veicoli elettrici e mira ad aumentare al 40% entro il 2020 e al 70% entro il 2025 il contenuto interno delle componenti tecnologiche fondamentali. L’obiettivo è utilizzare sussidi statali, controlli sulle esportazioni e controlli sui dati per consentire alle aziende cinesi di sostituire quelle straniere o in alternativa “renderle più cinesi”. Se il piano di Xi avrà successo, il nuovo shock in Cina potrebbe eliminare gran parte dell’occupazione [occidentale] ad alto reddito nella tecnologia e nei servizi così come accadde precedentemente per l’industria pesante e il tessile.
Lo shock non finirà qui. Il principale contesto geopolitico di oggi non riguarda solo l’applicazione delle regole globali; si tratta anche di chi le dovrà attuare. Mentre l’Occidente, in precedenza, si diede da fare per garantire la conformità della Cina agli ordinamenti di sua creazione riguardanti il commercio, gli investimenti e la proprietà intellettuale (PI), il Dragone ora sta anche cercando di creare [i propri] e far applicare le [sue] regole. Già in precedenza, e ancora tuttora, erano presenti presso l’Unione internazionale delle telecomunicazioni, l’Organizzazione internazionale per la standardizzazione e la Commissione elettrotecnica internazionale dirigenti cinesi di alto profilo. Inoltre, le aziende cinesi stanno cercando sempre più di definire il futuro della tecnologia. Huawei da sola detiene più di 100.000 brevetti attivi, specificatamente nella tecnologia 5G, dove compete con aziende occidentali come Ericsson e Nokia per stabilire standard globali.
In aggiunta, le tensioni competitive odierne non sono più contenute all’interno di un rapporto bilaterale tra Cina e Occidente. Con la sua Belt and Road Initiative, il Dragone ha già stabilito una rete di legami economici con più di 100 paesi e non esiterà a utilizzare questi canali per esportare gli standard cinesi insieme al suo modello di capitalismo di stato e ai sussidi statali. Presto (se non già in corso), le aziende occidentali dovranno affrontare nei mercati terzi le stesse disparità di trattamento come avvenne per loro nella stessa Cina.
Una delle implicazioni del nuovo shock cinese sta nel fatto che le nuove regole sui dati, sulla ricerca e sviluppo e sugli standard applicativi costringeranno importanti aziende occidentali ad acquisire caratteristiche cinesi, a meno che non si ritirino del tutto dal territorio mandarino. Come mi ha detto un osservatore del settore privato ben posizionato, “l’idea della Cina riguarderebbe aziende come Daimler o Volkswagen, nel caso in cui volessero operare in Cina, dovranno trasferire lì i servizi, la ricerca & sviluppo, nonché i nuovi prodotti. Pechino spera che la doppia circolazione li trasformi in società cinesi “.
Inutile dire che il nuovo shock cinese richiede un insieme di risposte diverse da quelle precedenti. Piuttosto che cercare di trasformare la Cina o farsi strada nel mercato cinese, la priorità dell’Occidente deve essere quella di rigenerarsi, non da ultimo sviluppando politiche industriali e d’investimento per stimolare l’innovazione e per proteggere la sua proprietà intellettuale, facendo sì che i loro “campioni” economici abbiano accesso alle economie di scala.
I paesi occidentali devono stabilire standard condivisi per la privacy, la protezione dei dati, il prezzo della carbon tax e altre questioni. Idealmente, questa cooperazione formalizzerebbe nuovi accordi commerciali, pacchetti d’investimento, finanziamenti e regolamenti per espandere la quota dell’economia globale aperta a tecnologie e ad ambiti non cinesi.
Gli europei, da parte loro, dovranno attuare riforme interne per proteggersi dalla coercizione economica in un mondo caratterizzato dalla globalizzazione controllata e dall’interdipendenza armata. Mentre gran parte dell’attenzione è ora sulla repressione della Cina a Hong Kong e verso la minoranza uigura nello Xinjiang, si sta avvicinando un’onda d’urto ancora più grande. I leader occidentali non devono essere più colti di sorpresa.
Mark Leonard is Co-Founder and Director of the European Council on Foreign Relations.