Trump ha perso.
A gennaio il nuovo inquilino della Casa Bianca sarà Joe Biden.
Ma Donald continua a far parlare di sé, non ha alcuna intenzione di uscire di scena, non vuole concedere la vittoria, comportandosi in maniera irresponsabile e sacrificando la lealtà.
Non pronunciare il discorso di concessione della vittoria ha un significato indiscutibile: deformare il rispetto delle regole della democrazia.
Infatti la sua tattica è stata definita: “Una notevole intrusione nella politica locale” dal New York Times e il Washington Post ha parlato di una “Sovversione della democrazia senza precedenti”.
La vittoria di Biden è stata larga: ha ottenuto 306 grandi elettori contro i 232 di Trump: ha vinto con la stessa proporzione con cui The Donald sconfisse Hillary nel 2016.
Insieme a Trump perde, soprattutto, il sovranismo populista … che in questi ultimi anni ha attraversato il mondo.
Perde quel modo di fare politica che mette al centro l’idea dell’“uomo forte”, che rifiuta la mediazione, l’ascolto e la sintesi tra diverse posizioni, dimenticandosi del valore delle persone.
La campagna elettorale, per Trump, non è ancora finita … ha iniziato a parlare di brogli soltanto due giorni dopo l’inizio dello scrutinio, quando la sua sconfitta è diventata lampante e i suoi tentativi di capovolgere il risultato tramite diverse cause legali sono stati barcollanti e infondati già dall’inizio.
Donald, secondo il New York Times, vorrebbe che gli stati governati dai Repubblicani, ma vinti da Biden non attestassero il voto, ma nominassero, invece, dei grandi elettori disposti a votarlo: questa sua “tattica” non sembra avere alcun fondamento legale, non essendoci alcuna prova di irregolarità nel voto, inoltre precedenti sentenze della Corte Suprema hanno teorizzato l’incostituzionalità del voto dei grandi elettori di uno stato che non corrisponda al voto popolare.
Joe Biden ha vinto le elezioni presidenziali.
I democratici, però, non sono riusciti a prendere il controllo del Senato: lo scrutinio non è ancora finito.
A gennaio in Georgia, da molti anni in mano ai repubblicani ora diventata democratica, ci saranno i ballottaggi per assegnare gli ultimi due seggi al Senato e, soltanto, con questi due seggi il neopresidente potrà governare tranquillamente, mettendo in atto le sue riforme – dalle tasse all’immigrazione – e ridonando lo spazio dovuto, all’interno del dibattito pubblico, ai diritti e alla dignità delle persone, oppure dovrà scendere a compromessi con i repubblicani e assisteremo alla cosiddetta “lame duck”, espressione che mi riporta ai banchi universitari, e soprattutto alla preparazione del tanto temuto esame di Diritto Costituzionale …. avremo l’“anatra zoppa” appunto: un presidente senza maggioranza al Congresso e costretto a dover mediare con i repubblicani … per questo motivo Donald non concede la vittoria … e sembra gridarci: “Non vi sbarazzerete tanto facilmente di me!” ….
Ma queste elezioni americane ci hanno consegnato, finalmente, la prima vicepresidente donna Kamala Harris.

Kamala non è la moglie di nessun ex vicepresidente, è nera, figlia di una biologa indiana e di un economista giamaicano, sposata con un bianco ebreo.
In lei molti elettori e elettrici democratici hanno immaginato il futuro di un Paese che sta diventando sempre più differenziato dal punto di vista razziale, aspirando ad un’America inclusiva, integrata e progressista.
Ex procuratore distrettuale di San Francisco, è stata la prima donna nera a essere procuratrice generale della California.
Una donna di legge che è contraria alla pena di morte, sostenitrice della sanità pubblica, impegnata all’interno del movimento Black Lives Matter e favorevole ai diritti gay.
Nel suo discorso inaugurale, pieno di speranza ed incoraggiamento, ha pensato a tutte le donne, alla loro determinazione, alle loro grandi battaglie che hanno permesso alle nuove generazioni di vivere in un mondo più giusto, più libero.
Si perché Noi donne dobbiamo lottare, sempre un po’ di più, per farci ascoltare …
Le parole di Kamala mi hanno, soprattutto, permesso di riflettere sulla parola “Ambizione” che in Italia è, ancora troppo spesso, un tabù quando viene riferita ad una donna; mentre a mio parere se gestita nella maniera giusta descrive qualcosa di buono, di importante e potente per ognuna di noi.
Pensiamoci un istante: un uomo ambizioso è un uomo che sa guardare lontano, un uomo forte sicuro di sé , determinato, con le idee chiare ….
Una donna ambiziosa, invece, è solitamente definita un’arrivista, un’egocentrica, una carrierista senza scrupoli che trascura gli affetti.
Se cerchiamo Ambizione sul dizionario, scopriamo che il suo significato non è affatto negativo: vuol dire desiderare di migliorare la propria condizione ed essere valutati secondo i propri meriti; ambire ad ottenere fervidamente qualcosa; puntare a raggiungere un risultato con caparbietà e tenacia.
Cos’è l’ambizione, quindi, se non la capacità di vedere distintamente dove si vuole arrivare e di trasformare conseguentemente la propria visione in progetto?
L’ambizione può essere singolare o plurale, per se stessi o per tutti …. quindi non accontentiamoci!
Roberta Cazzulo