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Il Ddl Calderoli è stato approvato dal Parlamento: l’autonomia differenziata è legge. Come una Regione può “trattare” con il Governo per ottenere ulteriori forme di autonomia? Il Consiglio comunale di Alessandria, a gennaio, ha approvato un Ordine del giorno a mia prima firma che indicava, tra gli altri, il problema della formulazione dell’intesa col Governo.

Nella Gazzetta Ufficiale n.150 del 28 giugno 2024 è stata pubblicata la legge n.86 del 26 giugno 2024, la legge sull’autonomia differenziata.

Il frutto di un accordo politico tra le forze della maggioranza parlamentare, che vede come prioritaria la costruzione di una struttura dello Stato tale per cui sia semplice consolidare il potere attuale, è la legge sull’autonomia differenziata, per l’approvazione della quale è stato necessario accelerare e militarizzare i lavori del Parlamento.

La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avviene, pertanto, senza aver sciolto i nodi fondamentali su questa riforma: cosa sono e come si finanziano i LEP, ad esempio, ossia il motivo per cui l’anno scorso i più autorevoli costituzionalisti esponenti del Comitato per la definizione del LEP, voluto dal Ministro Calderoli stesso, si sono dimessi e non sono mai stati sostituiti da altrettanto autorevoli colleghi. Come annullare anche il ruolo sociale e politico centrale dell’Università in Italia, in nome di accordicchi di potere che riguardano solo il “qui ed ora”, ma non dicono nulla di buono sul futuro.

La mancata approvazione della legge sull’autonomia differenziata non era neppure da considerarsi un’ipotesi plausibile in un’epoca in cui ci si serve della democrazia, e non si serve -quasi- più il Paese. Questo, tuttavia, non impedisce certamente di proporre degli strumenti di sensibilizzazione e di contrasto alla realizzazione dei progetti spacca-Italia del Governo: nasce il Comitato per la raccolta delle firme, si mobilitano alcune Regioni.

Veniamo alla nostra città, Alessandria.

Un anno fa depositai, a mia prima firma, un Ordine del giorno all’Ufficio di Presidenza del Consiglio Comunale, documento discusso ed approvato in una seduta consiliare invernale, a gennaio, quando il lavoro della Camera dei Deputati procedeva a spron battuto verso l’approvazione del ddl Calderoli, e non senza qualche modifica dai sedicenti patrioti difensori dell’unità nazionale di Fratelli d’Italia.

L’Ordine del giorno riporta in oggetto come prioritaria la “salvaguardia dei principi di coesione, solidarietà e decentramento amministrativo”, poiché né attraverso la definizione e il finanziamento dei LEP, né attraverso l’istituzione di un fondo perequativo, nonché in direzione totalmente opposta rispetto alla pianificazione sulla coesione territoriale dell’Unione Europea (attraverso il PNRR di cui tanto si parla), i principi di unità e solidarietà nazionale sono rispettati, non secondo questa Costituzione.

Ma non basta: posto che nessuno di questi principi sia stato inserito nella Carta costituzionale affinché fosse trattato come un concetto astratto, benché siamo stati finora ben lontani dall’applicazione in concreto del testo, la prova “tecnica” dell’accordicchio politico, della paura del confronto con il Paese su questa riforma, è stato il rifiuto della maggioranza parlamentare alla proposta delle opposizioni di costruire una legge-quadro volta a disciplinare percorso e procedure condivise con regioni ed enti locali.

Il risultato, infatti, è che la procedura per la presentazione del progetto di autonomia differenziata delle regioni esautora in ogni decisione le Assemblee, parlamentari e consiliari, e le Conferenze Stato-regioni ed Enti Locali.

Sinteticamente: l’articolo 2 della legge sull’autonomia differenziata disciplina il procedimento di intesa fra Stato e Regione: quest’ultima, “sentiti gli enti locali” (secondo le modalità previste dallo Statuto, non secondo una legge “uguale per tutti”, peraltro), fa pervenire una richiesta al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro competente, che ha il compito di “informare” le Camere, alle quali occorre presentare uno schema d’intesa, e di seguire la trattativa con la Regione. Il Parlamento si può esprimere con “atti d’indirizzo”.

Lo schema definitivo dell’intesa viene approvato dal Consiglio dei Ministri, per poi passare alle Camere sottoforma di “ddl di approvazione dell’intesa” e quest’ultima viene allegata, per poi procedere verso l’approvazione a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Si presenta come un dialogo serrato “tra esecutivi” nella fase di costruzione della proposta d’intesa, con rapido passaggio negli organi di rappresentanza dei cittadini: è il dato politico più antidemocratico dell’intera riforma, che non rileva mai abbastanza nel dibattito pubblico, ma rende bene l’idea di quale tipo di democrazia ci attende nell’immediato futuro.

Una democrazia in cui credi di scegliere, una democrazia di servizi venduti come privilegi, un’oligarchia e secessione dei ricchi.

Giulia Giustetto

Nata nel luglio del 1997 e cresciuta in Alessandria, tra la Fraschetta e la città.Dopo la maturità classica conseguita al Liceo Classico Giovanni Plana, frequenta la facoltà di giurisprudenza al DIGSPES di Palazzo Borsalino.La passione politica si è fatta sentire già sui banchi di scuola: dal 2016 a oggi la partecipazione per il Partito Democratico e la sua organizzazione giovanile è cresciuta giorno dopo giorno. Tra il 2017 e il 2018, il Servizio Civile ha confermato e aumentato l'amore per la città di Alessandria, per l'impegno civico e per la politica, all'interno di un progetto dedicato al contrasto alle discriminazioni e al lavoro per una parità sostanziale fra le persone.Nell'estate del 2022 è stata eletta nel Consiglio comunale di Alessandria con il Partito Democratico

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