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Wolfgang Münchau

“Se i nostri leader sono decisi a perdere la battaglia contro l’estremismo politico, ecco il modo migliore per farlo: attenersi sempre a tutte le regole; incolpare la Russia o Facebook per le elezioni che vanno in senso avverso; e alla successiva riunione a Bruxelles, opporsi a riforme che potrebbero far funzionare meglio la zona euro. Ma questo è esattamente quello che stanno facendo alcuni di loro.” Wolfgang Münchau Financial Times.

Ma, fateci capire, voi “adoratori” e “sobillatori” dello spread usato come arma di propaganda politica. Il fatto che uno dei più noti editorialisti di quel quotidiano londinese – celebrato come il “vernacolo” della finanza mondiale – pubblichi a sua firma una frase del genere, ci induce a pensare che una qualche ragione l’avesse il Prof. Savona nel sostenere la sua tesi nei confronti degli irriducibili mastini di Bruxelles durante lo scontro avvenuto in occasione dell’approvazione del bilancio dello Stato italiano da parte della Commissione UE?

Rendeteci edotti, voi che siete tuttora gli indefessi sostenitori di questa UE 19 “a qualsiasi costo”. Diteci perché vi siete offesi quando il laureato Nobel Paul Krugman giudicò nel 2011, con il suo tipico sarcasmo, la politica economica della Merkel pari ai conti quotidiani che terrebbe una “casalinga sveva” nella sua lista della spesa?

In questi ultimi dieci anni abbiamo assistito a vere e proprie “capriole ideologiche”: alti dignitari di fede socialdemocratica – o almeno presunti tali – che plaudivano  al rigore del dettato tedesco, elogiavano e i contenuti del “pareggio di bilancio”, invaghiti da una fulminante ortodossia liberista; di contro, ortodosse voci liberali come il The Economist[1], o nel caso specifico il Financial Times, che criticavano ispirandosi a Keynes, per bocca di alcuni suoi prestigiosi commentatori, il dogmatismo europeo con il quale venivano ancora imposti vincoli d’ordine fiscale, istituiti in un tempo in cui l’intero sistema economico internazionale era proiettato in una fase di robusta crescita.

Un mondo capovolto, un teatro dell’assurdo, un epilogo tra il farsesco e drammatico.

Europe must rethink fiscal rules to combat populism

Tight spending policy and stagnant incomes have stoked political anger

Wolfgang Münchau

 MAY 5, 2019

La campagna elettorale affinché il Regno Unito rimanesse nell’UE venne persa per molte ragioni, nessun [tema] più importante fu quello di un generale fallimento nel comprendere le molteplici angosce degli elettori appartenenti al ceto medio-basso. Questa mancanza non è [da considerarsi] di esclusiva appartenenza al Regno Unito. Si tratta di un ampio fenomeno del capitalismo liberale a ciclo avanzato. La situazione nell’UE in vista delle elezioni parlamentari europee tra il 23 e il 26 maggio non è tanto bizzarra come lo fu nel Regno Unito tre anni fa.

L’insurrezione contro il liberalismo europeista procede a piccoli passi. Questa volta, i tradizionali partiti centristi in tutta Europa manterranno quasi certamente la maggioranza. Ma i nazionalisti guadagneranno molti deputati, sufficienti a ribaltare le decisioni importanti del prossimo Parlamento europeo. Quindi come si dovrebbe trattare con loro? La risposta è assai semplice ma difficile da adempiere: in che modo risolvere il problema.

Gli elettori che appoggiano la Lega di Matteo Salvini, il Raggruppamento Nazionale di Marine Le Pen o il partito della Brexit di Nigel Farage hanno in comune un livello di rabbia senza precedenti nel dopoguerra. La rabbia è una potente forza di mobilitazione. Nel Regno Unito e in Italia, la crescita del prodotto interno lordo ha mascherato la stagnazione della produttività e del reddito disponibile reale. Se si dividono i guadagni disponibili in base ai gruppi di reddito, si scopre che l’elettore mediano ne rappresenta il soggetto che ha pagato un maggior prezzo. Il ristagno dei redditi reali non è l’unica causa della Brexit.

Ci sono fattori non facilmente catturati dalle statistiche, ma sono visibili nelle comunità più povere dell’Inghilterra settentrionale e nelle zone deindustrializzate del nord Italia. In gran parte dell’Europa, l’austerità promossa dai governi è stata un fattore alla base delle lotte economiche degli elettori a basso reddito. Per far fronte a ciò, i paesi della zona euro dovrebbero rivedere la disciplina fiscale inserita nel trattato di Maastricht del 1992.

L’interazione tra questo e la politica dell’UE è altamente pro-ciclica. Quando Mario Monti ottenne l’incarico di primo ministro italiano nel 2011, spinse il deficit al di sotto del 3% del PIL richiesto, una soglia che non si è superata da allora. Di conseguenza, l’Italia è riuscita a sottrarsi dalla procedura per i disavanzi eccessivi dell’UE nel 2013, ma lo ha fatto a caro prezzo. Questa politica affondò i partiti principali del centro-destra e del centro-sinistra.

La Spagna e il Portogallo, al contrario, sono riusciti a evitare i peggiori eccessi dell’austerità. Entrambi i paesi sono ora gestiti dal centro-sinistra moderato. Pedro Sànchez ha ottenuto un buon risultato nelle recenti elezioni spagnole e il primo ministro portoghese António Costa sembra intenzionato a mantenere il suo posto di comando dopo le elezioni di ottobre.

Le elezioni del Parlamento europeo: una guida interattiva All’esterno, il centro politico tedesco sembra tenere. Il tasso di disoccupazione del paese è al livello più basso dal 1980. Ma una politica di forte consolidamento fiscale ha prodotto per la Germania grande surplus [nelle partite correnti] e una carenza d’investimenti nel settore pubblico. Ora c’è un dibattito sul futuro riguardo alla regola fiscale costituzionale che si è autoimposta, il cosiddetto freno all’indebitamento. Quando la Germania decise quasi 10 anni fa di limitare drasticamente i deficit fiscali, fui sorpreso che altri governi dell’eurozona non avessero protestato contro una regola che era destinata ad aumentare gli squilibri della zona euro.

Il problema è ora più ampiamente riconosciuto dagli economisti tedeschi, tra tutti gli altri. Ma sarà molto difficile, se non impossibile, cambiare la regola. Dieci anni fa, la grande coalizione che governava il paese facilmente mise insieme la maggioranza dei due terzi necessaria per passare il blocco del debito costituzionale. Da allora, la frattura del parlamento tedesco in molte parti renderebbe molto difficile riunire una maggioranza di due terzi per demolirla o cambiarla. I sondaggi mostrano che, se non altro, la frammentazione politica è aumentata rispetto alle elezioni del 2017.

Se le parti del centro politico vogliono affrontare le cause dell’estremismo politico, dovrebbero iniziare riconsiderando la politica fiscale come il primo dei vari passi [da intraprendere]. Dovranno anche prestare attenzione allo status economico e sociale degli elettori ordinari che si sentono sotto pressione dall’automazione e dall’immigrazione. In Italia, il percettore di reddito mediano già fatica. L’elettore tedesco con reddito mediano gode ancora di una rete di sicurezza e relativa stabilità, ma è vulnerabile ai cambiamenti nelle catene di approvvigionamento globali e agli shock tecnologici. Il sotto-investimento del settore pubblico ha aumentato la loro vulnerabilità.

All’inizio di questa settimana, il leader dell’ala giovanile del partito socialdemocratico tedesco [Kevin Kuehnert], il principale gruppo di centro-sinistra, ha chiesto la proprietà collettiva della BMW. Questo è un segno dei tempi: la Germania e la SPD non hanno avuto un dibattito sulla nazionalizzazione simile dagli anni ’50.

Se i nostri leader sono decisi a perdere la battaglia contro l’estremismo politico, ecco il modo migliore per farlo: attenersi sempre a tutte le regole; incolpare la Russia o Facebook per le elezioni che vanno in senso avverso; e alla successiva  riunione a Bruxelles, opporsi a riforme che potrebbero far funzionare meglio la zona euro. Ma questo è esattamente quello che stanno facendo alcuni di loro.

https://www.ft.com/content/6b834848-6daf-11e9-a9a5-351eeaef6d84?emailId=5ccc695f69c104000477023c&segmentId=7d033110-c776-45bf-e9f2-7c3a03d2dd26&fbclid=IwAR0LNkjvWT33x4KMeSzTHbJjCPNFDdUozjBCdqGrQOdefbudnjzz_o2QYqs

[1] https://ilponte.home.blog/2019/04/13/the-economist-uk-alcune-considerazioni-sulla-crisi-del-liberalismo-e-come-rimediarla/

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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