L’Australia ha vietato l’utilizzo dei social media ai giovani sotto i 16 anni. Dopo lunghe trattative, il Parlamento ha approvato una legge nazionale che impone alle piattaforme social di verificare l’età degli utenti attraverso sistemi biometrici o documenti d’identità: saranno le Big Tech, e non i genitori o i minori, a dover garantire l’implementazione di queste protezioni e a verificarne il corretto funzionamento.
Il provvedimento australiano, pur lodevole nelle intenzioni, lascia tuttavia alcuni nodi irrisolti relativamente all’implementazione tecnica del divieto: la legge non specifica come le piattaforme dovranno verificare l’età degli utenti, rimandando i dettagli a una sperimentazione che si concluderà a metà del 2025. Per tutelare la privacy, non si potranno chiedere documenti d’identità agli utenti, ma questo renderà ancora più difficile verificarne l’età. Le piattaforme social avranno dieci mesi per sviluppare sistemi di verifica alternativi, ma nessuno sa ancora quali tecnologie potranno essere utilizzate.
Il problema dell’elusione delle norme preoccupa gli esperti. Le Virtual private network (Vpn), software ormai comuni tra i giovani, permettono di mascherare la propria posizione geografica aggirando facilmente i blocchi nazionali. L’esperienza francese, dove vige una legge simile ma meno restrittiva, mostra che quasi la metà degli utenti under 15 utilizza questi strumenti per accedere ai social. “Abbiamo la legge ma non le linee guida“, lamenta il Digital industry group, che rappresenta i colossi tech nel paese. Una critica condivisa da oltre 140 esperti che in una lettera aperta hanno definito il provvedimento “troppo grezzo” per affrontare un problema così complesso.
Un’altra delle preoccupazioni fatta emergere degli esperti riguardano i gruppi più vulnerabili.. Amnesty International ha dichiarato di non approvare la legge perché “un divieto che isola i giovani non migliorerà le loro vite”.
Cosa accadrebbe se anche in Italia come in Australia si vietasse l’uso dei social media agli under 16? Il provvedimento preso dall’altro capo del mondo troverebbe sorprendentemente dei sostenitori alle nostre latitudini anche tra i diretti interessati?
Il 47% dei giovani italiani tra i 10 ed i 24 anni sarebbe favorevole a una limitazione dello smartphone fino ai 14 anni e dei social media fino ai 16. E se questo concetto è più accettabile per chi quell’età l’ha già raggiunta, fa riflettere che sia d’accordo anche 1 su 3 fra chi ci deve ancora arrivare.
Questo lo rivela l’annuale indagine condotta dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullismo Di.Te.) in collaborazione con il portale studentesco Skuola.net – su un campione di 2.510 ragazze e ragazzi italiani, tra i 10 e i 24 anni – in occasione della Giornata Nazionale Contro le Dipendenze Tecnologiche, indetta dalla stessa associazione per il 30 novembre. Da una parte, infatti, c’è il desiderio di curare il corpo: 1 su 2 pratica sport regolarmente (47,9%) e segue un regime alimentare equilibrato (45,2%); platea che si allarga fino a 3 giovani su 4 se si considerano coloro che saltuariamente si impegnano su questo fronte.
Dall’altra, però, la mente “invia” spesso segnali d’allarme sul suo stato di salute: ben 7 su 10 (69%) ammettono di riscontrare una maggiore fatica nel relazionarsi con gli altri nel mondo analogico a causa dell’uso eccessivo dei social.
La ridotta capacità di relazionarsi “vis a vis” si riflette in una crescente assenza di amici “reali”: secondo l’annuale indagine condotta dall’Associazione Nazionale Di.Te il 26,8% non ha legami significativi coltivati regolarmente con incontri al di fuori delle piattaforme digitali. E il 14,4% spesso fatica a incontrare i propri amici dal vivo.
Siamo consapevoli delle conseguenze del digitale: più cresce l’esposizione nel tempo più vengono percepiti. Non è un caso che il 90% dei 19-24enni esponga un peggioramento della capacità di esprimersi nella realtà a causa di un eccesso nell’uso dei social, mentre tra i 10-15enni “solo” il 56% la pensa così.
Il 49%, ad esempio, si dice favorevole all’introduzione di un patentino digitale obbligatorio per la “navigazione”, con percentuali che salgono al 66% tra i 19-24enni. Sorprendentemente trova un certo consenso anche l’idea di vietare completamente lo smartphone sotto i 14 anni e i social agli under 16: mediamente il 47% sarebbe d’accordo.
Infine, va constatato che, fortunatamente, le famiglie sembra stiano iniziando a riscoprire il ruolo di educatori, anche per quanto riguarda la vita digitale dei figli.
Questi dati fotografano una generazione consapevole del valore delle relazioni autentiche e delle buone abitudini, ma al tempo stesso immersa in una realtà che amplifica insicurezza e solitudini.
Viviamo in un’epoca in cui tutto è momentaneo, e questa immediatezza sembra spegnere la capacità di progettare a lungo termine. I social, che dovrebbero essere uno strumento, diventano spesso un rifugio che però accresce frustrazione e insoddisfazione.
Un buon inizio potrebbe essere quello di guidare i giovani nella “gestione” delle piattaforme da cui emerge tanta insicurezza: sono ancora troppi quelli che ne abusano: il 53,4% vi trascorre tra 1 e 3 ore al giorno.
In Italia il 45,4% dei minori tra i 6 e i 10 anni utilizza quotidianamente internet, una percentuale che sale all’82% per la fascia 11-14 e al 91,6% per le ragazze e i ragazzi tra 15 e 17 anni.
Dati che evidenziano le nuove responsabilità che famiglie, istituzioni e società civile devono mettere in atto per creare ambienti sicuri e accessibili in cui gli adolescenti possano crescere e sviluppare le proprie potenzialità, diventando cittadini consapevoli.
Save the Children è attiva da molti anni in Italia per l’educazione digitale, per la prevenzione dai rischi online e la protezione da ogni forma di violazione dei diritti di bambini, bambine e adolescenti negli ambienti digitali.
Importante diventa un’azione collettiva: occorre investire sulle competenze digitali delle ragazze e dei ragazzi: non intendo solo sulle abilità tecniche, ma su di un percorso che favorisca lo sviluppo di capacità critiche necessarie a fruire della rete in modo creativo e sicuro, utilizzando al meglio gli strumenti che offre, cautelandosi e riuscendo a fronteggiare i possibili rischi.
A questo impegno deve affiancarsi la sensibilizzazione ad un uso consapevole di internet da parte delle famiglie e di tutti gli adulti di riferimento.
I gestori delle piattaforme digitali devono assumersi la responsabilità di assicurare ambienti adeguati all’età di chi li utilizza.
Fondamentale, poi, una vera e propria alleanza tra famiglia, istituzioni, scuola, ragazze e ragazzi che permetterà di costruire un ecosistema digitale sicuro e accessibile, promuovendo una reale cittadinanza digitale.
Roberta Cazzulo
Assessore Personale, Pari opportunità, Politiche sociali, Lavoro e formazione professionale, Tutela animale; Città di Alessandria.