Taxing the Superrich Is More Possible – and More Necessary – Than Ever
Aug 6, 2024 Gabriel Zucman
Regardless of nationality, the world’s ultra-rich share two striking similarities: the vast majority are men; and they typically pay much less tax, as a share of their income, than their employees and middle-class workers in general. The concentration of wealth is thus a global issue, and it’s getting worse.
BERKELEY – Solo 3.000 persone hanno accumulato 14,4 trilioni di dollari di ricchezza, l’equivalente del 13% del PIL mondiale. Mentre i miliardari del mondo controllavano meno del 3% del PIL globale nel 1993, la crescita della loro ricchezza e influenza politica è da allora accelerata.
Indipendentemente dalla nazionalità, gli ultra-ricchi del mondo condividono due sorprendenti somiglianze: la stragrande maggioranza sono uomini; e in genere pagano molte meno tasse, come quota del loro reddito, rispetto ai loro dipendenti e ai lavoratori della classe media in generale. La concentrazione della ricchezza è quindi un problema globale, così allarmante che il G20 (il gruppo che comprende le più grandi economie sviluppate ed emergenti del mondo) ne ha parlato formalmente il mese scorso.
Come hanno affermato i ministri delle finanze del G20 nella dichiarazione finale della loro conferenza a Rio de Janeiro del 25-26 luglio:
“È importante che tutti i contribuenti, compresi gli individui con un patrimonio netto ultra-elevato, contribuiscano con la loro giusta quota di tasse. L’elusione fiscale aggressiva o l’evasione fiscale di individui con un patrimonio netto molto elevato può minare l’equità dei sistemi fiscali […]. Promuovere politiche fiscali efficaci, eque e progressive rimane una sfida significativa che la cooperazione fiscale internazionale e le riforme nazionali mirate potrebbero aiutare ad affrontarla“.
L’equità fiscale è il motore finanziario della democrazia. Senza sufficienti entrate fiscali, i governi non possono garantire servizi adeguati come istruzione, assistenza sanitaria e protezione sociale, né possono rispondere a problemi molto più grandi come la crisi climatica (che sta già destabilizzando molti paesi in tutto il mondo). Date le terribili conseguenze dell’inazione in questi settori, è fondamentale che i più ricchi paghino la loro giusta quota di tasse.
La Dichiarazione di Rio è una pietra miliare importante.
Per la prima volta da quando è stato istituito il G20 nel 1999, tutti i membri hanno concordato che il modo in cui i super-ricchi vengono tassati deve essere risolto e si sono impegnati a farlo. Ma questo consenso non è nato dal nulla. I sostenitori dell’equità fiscale hanno svolto un gran lavoro nei mesi precedenti al vertice. Quest’anno il Brasile occupa la presidenza di turno del G20 e, a fine febbraio, il ministro delle finanze del paese, Fernando Haddad, mi ha invitato a parlare a un incontro di alto livello a San Paolo.
Sono stato incaricato di scrivere un rapporto sull’equità fiscale e la tassazione dei super-ricchi (il fulcro del mio lavoro come fondatore e direttore dell’Osservatorio fiscale della UE a Parigi), che ho presentato a fine giugno, da cui la discussione del vertice di luglio. Nel rapporto, A Blueprint for a Coordinated Minimum Effective Taxation Standard for Ultra-High-Net-Worth Individuals, ho avanzato una proposta per un nuovo standard di tassazione effettiva che include un’imposta minima coordinata del 2% sulla ricchezza per tali individui, i 3.000 miliardari del mondo. Questo standard non solo genererebbe entrate significative (circa 200-250 miliardi di dollari all’anno); correggerebbe anche l’ingiustizia strutturale dei sistemi fiscali contemporanei, per cui le aliquote fiscali effettive dei miliardari sono inferiori a quelle degli individui della classe media.
L’opinione pubblica mondiale sostiene in modo schiacciante una tassazione equa per gli ultra-ricchi. Secondo un sondaggio Ipsos nei paesi del G20, pubblicato a giugno, il 67% delle persone concorda sul fatto che ci sia troppa disuguaglianza economica e il 70% sostiene il principio secondo cui le persone ricche dovrebbero pagare aliquote fiscali più elevate.
La Dichiarazione di Rio segnala un cambiamento significativo: i leader mondiali non possono più sostenere un sistema in cui gli ultra-ricchi se la cavano pagando meno tasse di tutti quanti noi che apparteniamo al resto del mondo. I ministri delle finanze hanno già concordato importanti misure preliminari per migliorare la trasparenza fiscale, potenziare la cooperazione fiscale e rivedere le pratiche fiscali dannose.
È vero, non c’è stato alcun consenso politico per includere l’imposta minima del 2% sui miliardari nel testo finale. La dichiarazione doveva essere approvata all’unanimità e alcuni paesi hanno ancora delle riserve su alcuni aspetti della proposta. Ad esempio, mentre l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden patrocina un’imposta minima per i miliardari a livello nazionale, essa è stata riluttante a portare avanti la questione sulla scena internazionale.
Ma non si torna indietro. L’imposta minima è ora all’ordine del giorno e, guardando alla storia delle negoziazioni fiscali internazionali, ci sono ragioni concrete per essere ottimisti sul futuro della proposta.
Nel 2013, il G20 ha riconosciuto la dilagante elusione fiscale delle multinazionali, dando slancio politico per affrontare il problema. Il suo piano d’azione iniziale includeva il miglioramento della trasparenza fiscale, il potenziamento della cooperazione fiscale e la revisione delle pratiche fiscali dannose, la stessa formulazione ora utilizzata a Rio. Quindi, nell’ottobre 2021, 136 paesi e territori (ora 140) hanno adottato un’imposta minima sulle società del 15%.
Fortunatamente, non abbiamo bisogno che tutti i paesi adottino un’imposta minima del 2% sui miliardari (o sulle centinaia di milionari, se è ciò avviene è una decisione che spetta ai politici). Abbiamo semplicemente bisogno di una massa critica di paesi che concordino su una serie di regole per identificare e valutare la ricchezza degli ultra-ricchi e per adottare strumenti per imporre una tassazione efficace indipendentemente dalla residenza fiscale dei miliardari.
In questo modo, possiamo evitare uno scenario in cui gli ultra-ricchi fuggono nei paradisi fiscali, ponendo così fine alla corsa al ribasso tra i paesi che competono per offrire ai miliardari l’aliquota fiscale più bassa. Negli ultimi dieci anni circa, la cooperazione internazionale in materia di tassazione è migliorata in modo significativo. L’introduzione di scambi automatici di informazioni bancarie, ad esempio, ha notevolmente ridotto la possibilità di elusione fiscale. Abbiamo già gli strumenti necessari per far sì che i miliardari del mondo paghino la loro giusta quota di tasse. Ora spetta ai governi agire in modo rapido ed efficace.
Gabriel Zucman, Professor of Economics at the Paris School of Economics and the University of California, Berkeley, is Founding Director of the EU Tax Observatory and a 2023 recipient of the American Economic Association’s John Bates Clark Medal.
https://www.project-syndicate.org/commentary/billionaire-wealth-tax-progress-made-at-the-g20-must-continue-by-gabriel-zucman-2024-08?utm_source=Project+Syndicate+Newsletter&utm_campaign=267d45f2f6-ECON-NEWSLETTER_2024-03_14_COPY_01&utm_medium=email&utm_term=0_-e4393264df-%5BLIST_EMAIL_ID%5D&mc_cid=267d45f2f6&mc_eid=a179e7bf35