Lo scorso mese il settimanale britannico The Economist ha pubblicato, come fa d’uso mensilmente, un dei suoi apprezzabili survey. Questa volta lo ha dedicato alla qualità dell’istruzione nei vari paesi facenti parte del gruppo OCSE. In qualità di member panellist ho potuto accedere alla discussione – mediante la partecipazione nei podcast o con semplice comunicazione scritta privata interna – che si è accesa all’interno del ristretto gruppo. Non sono intervenuto, poiché non possiedo nessuna competenza o esperienza in merito, pur conservando una opinione generica ma non tale da essere giudicata pertinente al caso specifico. I sei articoli che compongono il survey delineano una attuale situazione di generale seria arretratezza della qualità dell’insegnamento rispetto al decennio trascorso. Il panellist group – in cui tra l’altro fanno parte anche alcuni insegnanti di diverso ordine e grado, docenti nei più importanti sistemi scolastici occidentali – sposa, sebbene con diverse motivazioni (la nuova moda derivante dalla cultura woke, il diffuso perdonismo, la mancanza d’attenzione, la scarsità d’investimenti da parte dei governi, il basso livello di preparazione degli educatori, ecc.) le conclusioni tracciate dal survey. Si pubblica l’articolo introduttivo. Buona lettura.
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Faddish thinking is hobbling education in the rich world
I punteggi dei test sono stagnanti o peggiori da più di un decennio
Che la pandemia abbia rovinato la scuola è ben noto. Secondo l’OCSE, tra il 2018 e il 2022, un adolescente medio in un paese ricco è rimasto indietro di circa sei mesi rispetto ai progressi attesi in lettura e di nove mesi in matematica. Ciò che è meno ampiamente compreso è che il problema è iniziato molto prima che il COVID-19 colpisse. Un tipico studente in un paese OCSE non era più alfabetizzato o abile nei calcoli quando il coronavirus ha iniziato a scatenarsi rispetto ai bambini sottoposti al test 15 anni prima. Come sostiene il nostro survey speciale sulla scuola, l’istruzione nel mondo ricco è stagnante. Ciò dovrebbe preoccupare tanto i genitori quanto i politici a cui spettano le decisioni in merito.
In America, i test di matematica e lettura di lunga durata hanno rilevato che il rendimento ha raggiunto il picco nei primi anni del 2010. Da allora, la prestazione media è andata di traverso o addirittura è indietreggiata. In Finlandia, Francia, Germania e Paesi Bassi, tra gli altri luoghi, i punteggi in alcuni test internazionali sono in calo da anni. Cos’è andato storto?
Gli shock esterni hanno avuto un ruolo. La migrazione ha portato molti nuovi arrivati che non parlano la lingua mediante la quale viene impartita l’istruzione. I cellulari distraggono gli studenti e tengono la testa lontana dai libri nei compiti a casa. La pandemia è stata estremamente destabilizzante. Molti governi hanno chiuso le scuole per troppo tempo, incoraggiati dai sindacati degli insegnanti, e i bambini hanno perso l’abitudine di studiare. La frequenza in molti luoghi è inferiore rispetto a prima che si sviluppasse il Covid. Inoltre, le aule sono diventate più turbolente.
Tuttavia, i responsabili delle politiche educative hanno anche una parte importante della colpa per gli standard stagnanti. In America, ad esempio, la revisione dell’istruzione scolastica un tempo si fondava su un progetto bipartisan. Oggi la destra è ossessionata dalle sciocchezze della guerra culturale, mentre molti a sinistra praticano ciò che George W. Bush definì “il blando bigottismo delle basse aspettative” e sostengono che le classi sono così prevenute nei confronti delle minoranze che è impossibile e immorale pretendere che tutti gli alunni raggiungano standard elevati.
Altri vogliono che i compiti e gli esami vengano facilitati o eliminati per il bene della salute mentale degli alunni. Il pensiero di moda è il nemico del rigore. Una teoria sostiene che tecnologie come l’intelligenza artificiale renderanno l’apprendimento tradizionale meno utile, quindi le scuole dovrebbero coltivare i “risolutori di problemi“, i “pensatori critici” e studenti che lavorino bene in team. Ispirati da tali discorsi, i paesi hanno adottato programmi di studio che si concentrano su alcune “abilità” vagamente definite e minimizzano l’apprendimento delle cose essenziali come se ciò fosse qualcosa d’antiquato.
Molti, conseguentemente, come in Scozia, hanno visto gli alunni diventare meno abili nei calcoli e nell’alfabetizzazione. Quelli che hanno resistito “alla nuova moda”, come in Inghilterra, hanno ottenuto migliori risultati. I politici dovrebbero concentrarsi sui fondamentali. Devono difendere i test rigorosi, sopprimere l’inflazione dei voti e fare spazio a scuole, come le charter, “scuole indipendenti” che offrono ai genitori la possibilità di scegliere. Dovrebbero pagare salari competitivi per assumere i migliori insegnanti e sfidare i sindacati licenziando chi ha ottenuto risultati inferiori. Questo non deve creare passività di bilancio, poiché le classi piccole contano meno di quanto i genitori immaginino. Un numero minore di insegnanti ma più preparati può produrre risultati migliori di molti loro colleghi mediocri. Gli studenti giapponesi surclassano i loro coetanei americani nei test, anche se la classe secondaria nipponica ospita dieci banchi in più.
Un altro compito è raccogliere e condividere più informazioni sui modelli di lezioni più efficaci, un obiettivo che molti governi trascurano, ma i bambini ne soffrono. I sistemi scolastici di livello mondiale, come quello di Singapore, sperimentano all’infinito, falliscono rapidamente, ma vanno avanti. Altri seguitano a fare ciò che continua a non funzionare.