In queste settimane, parlando con le persone conosciute nei diversi incontri organizzati in vista delle ormai imminenti elezioni e con le persone incontrate ai banchetti o durante i volantinaggi, ho trovato e ci si sono presentati di fronte diversi stati d’animo. Condivisione, sostegno, consapevolezza, desiderio di partecipare, ma anche disillusione, sfiducia e indifferenza.
Sorrisi d’intesa, incoraggiamenti partecipi e sentiti, stupito e felice sollievo per alcuni dei temi concreti affrontati in questa campagna, curiosità, dubbio, sguardi persi, delusione cristallizzata nel tempo, rifiuto.
Non sono sentimenti nuovi. Del resto, la limitata partecipazione al voto (più o meno sentita) è un fenomeno confermato dai dati elettorali degli ultimi decenni e, più specificamente, degli ultimi anni.
Accanto all’entusiasmo, alla convinzione o al senso del dovere di chi partecipa, vi sono differenti emozioni e sensazioni che toccano chi sceglie di non votare. Per non parlare delle cause materiali che ancora ostacolano chi ai seggi vorrebbe andare. Le persone che vivono fuorisede continuano a trovarsi in difficoltà nell’esercizio del diritto di voto, nonostante il passo avanti (seguito all’impegno e alle rivendicazioni portate avanti negli anni e tuttora soprattutto da parte delle organizzazioni studentesche, oltre che da alcune forze politiche) che, in questa occasione, consentirà a chi studia di non dover rientrare nel comune di residenza per votare.
Trattandosi, però, di una soluzione pensata solo per queste elezioni europee e limitata soltanto alla componente studentesca (che, a seconda del luogo di residenza, potrà votare nella città in cui studia o nel capoluogo regionale), molte persone continueranno a essere escluse da questa possibilità. Perciò, soprattutto considerando la mobilità attuale e quante persone sempre più lavorano, studiano e vivono lontano da casa, bisogna proseguire nell’impegno per rendere effettivo un diritto fondamentale.
Torniamo, però, ai sentimenti e alle idee che attraversano o accompagnano chi pensa di non andare a votare, chi in questi giorni ci ha detto «io a votare non ci vado più, da tanti anni», chi di fronte a un simbolo elettorale sbarra gli occhi o passa oltre, chi non è interessato alla questione perché ci sono tante cose più importanti, più urgenti, più interessanti.
La sensazione consolidata, guardando a come si è sviluppato il fenomeno dell’astensionismo negli ultimi anni, è che tante persone siano passate dalla rabbia e dalla protesta a una profonda disillusione e all’indifferenza. Indifferenza nei confronti di un voto che non li riguarda o non li riguarda più. Un voto che non cambia la vita.
Invece la vita cambia anche se non si vota. Le scelte vengono prese ugualmente, con la differenza che vengono prese da pochi. Poche persone che scelgono secondo le proprie passioni, i propri interessi, le proprie idee.
Andare a votare questo fine settimana – sabato 8 giugno dalle ore 15 alle 23 e domenica 9 giugno dalle 7 alle 23, con documento di riconoscimento (carta d’identità o altro documento d’identificazione dotato di foto rilasciato dalla pubblica amministrazione) e tessera elettorale (che potete rinnovare in Comune anche nei giorni di apertura dei seggi) – per le elezioni europee, per le regionali piemontesi e per le amministrative che interesseranno diversi Comuni è, quindi, importante non tanto perché rinunciando a scegliere poi ci diranno che non ci potremo lamentare troppo di come andranno le cose, ma perché ci riguarda. Tocca noi, i nostri interessi e le nostre aspirazioni, i nostri bisogni e il nostro modo di vivere. Per quanto appaia oggi indebolita e fragile, la dimensione politica detiene tuttora potere nell’assumere scelte incidenti sulla nostra vita quotidiana e sui territori in cui viviamo. Ed è meglio contare ed essere rappresentati quando si tratta di decidere dei servizi cui possiamo accedere, dei diritti di cui possiamo fruire e di quali necessità siano prioritarie per la realtà in cui viviamo.
Poi, dopo il voto, potremo scegliere di continuare a contare condividendo le nostre esigenze, i nostri desideri, le nostre difficoltà e la nostra visione di come staranno andando le cose e scoprendo che non sono questioni che riguardano proprio soltanto noi. Se i bisogni e i problemi degli altri sono anche solo simili ai nostri, riconoscerli e «sortirne insieme» continua a essere la politica. Perciò, continueremo a partecipare e a organizzarci. Per affrontare assieme le questioni concrete che riguardano il quotidiano e per ridare valore e potere alla dimensione collettiva nell’occuparsene.
Intanto, allora, andiamo a votare questo fine settimana, scegliamo chi ci rappresenta di più, esprimiamo le nostre preferenze. Scegliamo di contare. Davvero, è un voto che ci tocca, che riguarda noi e i territori in cui viviamo.
Nicolò Ferraris