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La gestione sostenibile delle risorse idriche è un’opportunità, pensiamo al possibile riuso di acque depurate in agricoltura che ridurrebbe l’impatto della siccità sui raccolti, ma ha anche dei costi per arrivare ad un’acqua depurata di qualità adeguata al riuso. Una parte dei costi può e deve essere sostenuta dai produttori di contaminanti emergenti (“chi inquina paga”, es. produttori di PFAS e industria chimica e farmaceutica in generale) e altri devono essere sostenuti dalla collettività, per il collettamento e la depurazione dei reflui degli agglomerati con più di 1000 abitanti o che scaricano in aree sensibili. Riporto un passaggio dell’articolo a proposito del processo di accettazione dei costi per la collettività:

“Per evitare che questo percorso alimenti nuove conflittualità, è necessario costruire conoscenza e partecipazione dei cittadini: gli ingredienti imprescindibili del consenso.
Assemblee, sondaggi, riunioni sono solo alcune delle iniziative per attivare la partecipazione pubblica, di cui il dibattito pubblico rappresenta sicuramente lo strumento più noto: un processo codificato e guidato da esperti, che attraverso le fasi topiche – apprendimento, deliberazione, elaborazione della proposta – permette ai cittadini di esprimersi in maniera informata e consapevole. Le istituzioni devono quindi essere disponibili non solo all’ascolto delle loro istanze, ma anche a far sì che i desiderata e gli auspici espressi siano considerati nelle decisioni.”

Tutto ciò vale anche per l’individuazione del sito idonea al deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e, azzardo, al cambio di stile di vita – abitudini alimentari in primis – che la mitigazione del cambiamento climatico richiede.

Il Ponte