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Le cosiddette feste “popolari”, le rassegne cittadine, le sagre di paese, hanno una importanza fondamentale all’interno delle proprie comunità di riferimento. Esse ravvivano lo spirito locale, creano interazione tra i soggetti, divulgano arti e mestieri, rafforzano la convivialità sfoggiando banchetti per buongustai, fortificano il rapporto tra sistema politico e società civile. Tutto ciò perimetra il mantenimento di un ethos indigeno che serve a far pulsare il cuore identitario dei residenti. E’ pur vero, come qualcuno afferma, che un eccesso “festaiolo” è molto apprezzato dai politici che, con le loro intermittenti e studiate “passarelle”, attirano l’attenzione dei presenti, incassando nel mentre una sorta magnanimità bonaria; quella generosa concessione che innesca il gaudio popolare. Senonché, il “Panem et Circenses” è anche parte di quell’indagine documentaria e sociologica di costumi, forme di vita e collante sociale, la quale nel corso dei millenni, in varie immagini, si è inframezzata tra classe politica e popolo.

Ammesso e non concesso che lo “spirito” comunitario ne tragga vantaggio, resta il forte dubbio che da tali manifestazione locali la comunità nel suo complesso ricavi incremento di valore. La questione dirimente riguarda quel precedente richiamato “perimetro”. Quanto esso è più ristretto – vale a dire una comunità urbana e i suoi dintorni (close system) – tanto minore sarà il giovamento economico collettivo.

Immaginiamo un’economia composta da solo dieci persone. La chiameremo la Città delle Terre Basse. Una di queste gestisce una pasticceria, un’altra una libreria, una terza è un lavoratore subordinato e così via. Ogni cittadino delle Terre Basse spende l’intero reddito annuale di € 30.000, quindi il PIL di Terre Basse sarà di € 300.000 totali. Ora supponiamo che una di queste persone, Maria, voglia spendere una quota maggiore in cibo (€ 3.000), rinunciando ad acquistare libri da Giovanni per la stessa cifra. Nel caso specifico non cambierebbe il totale del PIL di Terre Basse, poiché si tratterebbe di un semplice trasferimento di depositi tra venditore e acquirente. Se Maria volesse spendere una quota maggiore di cibo senza rinunciare ai libri è costretta a diminuire i suoi risparmi (nel precedente esempio) o a chiedere denaro in prestito. Per aumentare il PIL in un sistema chiuso come quello delle Terre Basse vi sono solo due soluzioni: la creazione di nuova moneta mediante debito (endogena); in alternativa la moneta derivante dall’acquisto di beni da consumatori o investitori provenienti dall’esterno.

Seguendo questi modelli macroeconomici elementari, escludiamo che nel luogo fantasticato si possa produrre moneta supplementare, poiché la Città delle Terre Basse non possiede il diritto di signoraggio (battere moneta) e che Alfonso il direttore della banca locale sia restio a concedere prestiti ai 9 rimanenti concittadini. L’unica possibilità che possa far muovere il PIL verso l’alto dipende dall’afflusso di denaro proveniente al di là della cinta daziaria.

Fino a poco tempo fa nel comprensorio di Terre Basse ogni anno tradizionalmente si organizzavano 10 manifestazioni festaiole e culturali; a ogni cittadino era affidato il compito di pianificarne una. Senonché, negli ultimi tempi, per le ragioni di cui sopra, il PIL locale non cresceva, sicché l’interesse della comunità andava scemando, così come il consumo interno, trascinando con sé verso il basso i redditi personali. Osvaldo, il Sindaco, si preoccupò del declino economico della sua cittadinanza e nel rimuginare una soluzione gli si accese un’idea. A Terre Basse a fine secolo cadde dal cielo un grande meteorite – per fortuna senza causare danni – il cui composto mineralogico principale si rivelò essere di kriptonite. Con l’accordo di tutti si decise celebrarne in qualche modo l’evento. Non avendo sufficienti risorse i cittadini optarono di ridurre le feste “popolari” a due e devolvere la somma risparmiata dalle mancate 8 a beneficio di un unico avvenimento pubblico. Pure Alfonso (il banchiere), giudicando positiva l’iniziativa, fu d’accordo, sicché la sua banca investì una somma pari alla quota di risparmio comune.

Una ottima organizzazione, un efficace marketing e la specificità, nonché l’originalità del prodotto fecero di Terre Basse, nell’arco di pochi anni la città internazionale della kriptonite. Da semplici curiosi, appassionati di minerali, fino a eccelsi studiosi, accademici, invitati a convegni e dibattiti sul tema, affluirono da ogni dove. Terre Basse grazie all’idea di Osvaldo e dei suoi 9 nativi cittadini divenne un’attrazione e conseguentemente una fucina d’investimenti. Il PIL triplicò, due nuove famiglie s’insediarono, il valore netto medio a bilancio (net worth) – che è per definizione patrimonio (rivalutazioni asset mobili e immobili, nonché depositi meno obbligazioni – di ogni singolo aumentò in misura superiore al PIL. Inizialmente fu il surplus (saldo positivo delle partite correnti) di Terre Basse a generare denaro proveniente dall’esterno (tasso di consumo mediante spesa privata) a discapito del Resto del Mondo (ROW), poi seguirono gli investimenti pubblici e privati.

E’ vero, oggi a Terre Basse si fa qualche festa “popolare” in meno – anche se sono molto più ricche d’un tempo – poiché tutti sono impegnati nell’ingegnarsi a incentivare il “marchio” della kriptonite. Maria, come mediamente il resto della cittadinanza, gode di un valore netto patrimoniale a bilancio cinque volte superiore rispetto ai suoi che precedettero la solenne decisione, con un reddito personale netto da lavoro e da investimenti finanziari (income statement) altrettanto quintuplicato. Osvaldo, il politico, ha ricevuto la più alta onorificenza del Gran Ducato, ed è stato nominato Gran Ciambellano.

…e così continua la vita, laggiù, a…Terre Basse.

fg

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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