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Roberta Cazzulo, Consigliere Comunale, la nostra Community

Lunedì, all’ospedale Sant’Anna di Torino, è stata firmata una convenzione per istituire una “stanza dedicata all’accoglienza e all’ascolto” delle donne che intendono interrompere la propria gravidanza.

La convenzione è stata firmata dall’Azienda Città della Salute e della Scienza di Torino, uno dei poli sanitari più grandi in Italia, e dalla federazione regionale del Movimento per la Vita.

In quella stanza, le donne che hanno intenzione di abortire incontreranno il personale del Movimento per la Vita, che proverà ad aiutarle a «superare le cause che potrebbero indurre alla interruzione della gravidanza».

In Italia il diritto all’aborto sarebbe tutelato dalla legge 194 del 1978 che prevede la possibilità di interrompere una gravidanza “per motivi di salute, economici, sociali o familiari.

Inoltre, in base all’articolo 9 della legge 194, se la salute della donna è in pericolo, non vale l’obiezione di coscienza e il medico, anche se obiettore, non può sottrarsi a praticare l’aborto.

E’ come se della 194 si volesse mantenere l’involucro e la si stesse a poco a poco svuotando.

La 194 garantisce il diritto alla scelta ciò significa che non vi è alcun obbligo che costringe ad abortire una donna se contraria, nasce però dalla presa di coscienza che rendere illegali gli aborti non li mai davvero impediti.

Anzi, la clandestinità nella quale si rende necessario agire nel momento in cui l’aborto viene vietato crea situazioni estremamente pericolose per la salute della donna.

Un’altra contraddizione che molti detrattori della 194 spesso non riescono a vedere è quanto l’aborto sia non solo una questione strettamente personale, ma anche soprattutto profondamente femminile.

Vi sono schiere di uomini che hanno pontificato milioni di volte sul diritto all’aborto, senza rendersi conto che  personalmente  non avrebbero mai dovuto affrontare tale scelta e che non sarebbe stato il loro corpo ad essere interessato.

Tra i paletti che impediscono l’efficacia della legge infatti il più forte è proprio il ricorso massiccio all’obiezione di coscienza.

Sulla base degli ultimi dati Istat, in Italia ci sono 72 ospedali che hanno tra l’80 e il 100% di obiettori di coscienza. 22 ospedali e 4 consultori nel nostro Paese hanno il 100% di obiezione tra medici ginecologi, anestesisti, personale infermieristico e OSS.

Ci sono 18 ospedali con il 100% di ginecologi obiettori e 46 strutture che hanno una percentuale di obiettori superiore all’80%. In ben 11 regioni italiane c’è almeno un ospedale con il 100% di obiettori: Abruzzo, Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto.

Il Piemonte, Torino inclusa, è una delle regioni con più obiettori di coscienza: 161 gli obiettori su 364 ginecologi. La gran parte delle IVG – il 47% di quelle praticate nella Regione – avviene al Sant’Anna.

Quindi è fondamentale ed urgente sensibilizzare la regione Piemonte sulla costante verifica della piena attuazione della legge 194 e garantendo in ogni struttura ospedaliera pubblica una quota minima di medici non obiettori.

I luoghi per l’accoglienza delle donne, la tutela della loro salute riproduttiva, della genitorialità consapevole, ci sono già nel Servizio sanitario nazionale. Sono i consultori, ad accesso libero e diretto, i quali vanno garantiti e potenziati.

Voglio ricordare con Voi, la celebre e sempre attuale lettera “Che cosa vuol dire «rispettare la vita» che lo scrittore Italo Calvino pubblicò sul Corriere della Sera il 9 febbraio 1975, in risposta a quella intitolata  Gli sbagliati” del collega Claudio Magris, in cui quest’ultimo si scagliava contro la depenalizzazione dell’aborto, allora considerato, secondo l’articolo 545 del Codice Penale, delitto contro l’integrità e la sanità della stirpe.

Calvino dipinse l’aborto come una decisione altamente morale da prendere in piena libertà di coscienza e ritenendo dovesse rimanere in realtà una questione assolutamente soggettiva.

Le parole di Calvino restano encomiabili, come lo è stata la sua volontà di prendere una posizione chiara  e decisiva nei confronti delle donne pur non essendolo.

Roberta Cazzulo

Roberta Cazzulo

Nata a Castelletto d'Orba ma da tredici anni vive ad Alessandria. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze Politiche indirizzo Politico-Economico ed il Master universitario in “Innovazione nella Pubblica Amministrazione” presso l’Università degli studi di Genova, oggi lavora presso l’Ente Provincia di Alessandria occupandosi di valorizzazione ed educazione ambientale. Dal 2009 al 2019 è stata Assessore presso il Comune di Castelletto d’Orba. Dal 2022 è Consigliere comunale ad Alessandria e presiede la Commissione Politiche Sociali e Sanitarie.

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