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Massimo Grattarola, avvocato, la nostra Community

Il Consiglio dei Ministri del 1.5.2023 ha approvato un intervento sul lavoro che ha preso subito il nome di “Decreto Lavoro”.

Esso si distingue per tre ambiti nei quali dovrà operare: il taglio del cuneo fiscale, i contratti a termine e il superamento del reddito di cittadinanza.

Ora, a parte l’ultimo dei tre interventi, i primi due sono ambiti nei quali pressoché nessun governo negli ultimi 20 anni ha mancato di intervenire, e fin qui, se si sente continuamente il bisogno di farlo, senza troppo successo e senza avere di fatto soddisfatto nessuno, né il mondo sindacale né quello imprenditoriale.

Veniamo all’esame dei tre provvedimenti:

il cuneo fiscale ha subito un taglio per i redditi fino a 35.000,00 €, di 4 punti una tantum per sei mesi, che va ad aggiungersi al taglio di tre punti previsto dal governo Draghi. Trattasi peraltro di un provvedimento una tantum, che vale dai 96 ai 99 € al mese (a seconda che il lavoratore abbia un reddito fino a 25.000 € o da 25.000 a 35.000). Fanno in totale fra i 480 e i 493 € sui sei mesi. Non si tratta quindi di un provvedimento strutturale ma di una mancia temporanea. E’ davvero un provvedimento che si eleva fra i più grandi tagli della storia, come qualcun lo ha definito? Sommato sul periodo non vale gli 80 € di bonus di Renzi.

Il mondo del lavoro necessita di provvedimenti strutturali, non di mancette temporanee o bonus elargiti a tempo e grato animo. Fra sei mesi i lavoratori torneranno allo stato attuale.

In realtà poi per i lavoratori c’è la contropartita. Un grande nodo degli ultimi vent’anni è stato quello dei contratti a termine, che hanno accentuato il precariato e incidono non solo sul mondo del lavoro, ma sull’economia in generale. E’ noto che chi fruisce di contatto a termine non può accedere al prestito bancario, anche solo per acquistare casa, ed è spesso costretto a ricorrere a società finanziarie che prestano denaro a tassi giugulatori, con riflessi importanti sul mondo del mercato immobiliare e sul “giro”  dell’economia in generale. Il decreto lavoro aumenta le possibilità di stipulare contratti a termine, che diventano a-causali, cioè stipulati senza necessità di indicare le ragioni che inducono ad apporre un termine al contratto di lavoro, per 24 mesi. Il decreto supera definitivamente il principio, ancora presente nel nostro ordinamento, per cui il contratto di lavoro è normalmente a tempo indeterminato.

In realtà, quanto questa affermazione sia oramai di principio è cosa nota: ad essere normale oggi è il contratto a termine.

Il decreto lavoro lo estende a possibile senza indicazione della causa per 24 mesi, che sono ben due anni, il che, nell’attuale mondo del lavoro estremamente più fluido rispetto a 50 anni fa, rende questa forma contrattuale ancora più prevalente di quanto già non fosse.

Si torna poi ai famigerati voucher, vera e propria legalizzazione del lavoro nero: in pratica si chiama al lavoro una persona, si compera un voucher pagato dal tabaccaio, il lavoratore non è di fatto alle dipendenze e non ha alcuna garanzia, e il contributo fra pagare all’INPS è minimo. Trattasi di istituto invalso nell’ambito della piccola impresa, della piccola partita IVA, cui il governo Meloni ha voluto prestare l’ennesimo favore.

Il terzo provvedimento è la sostituzione del reddito di cittadinanza con il reddito di inclusione.

La differenza sta nella durata, solo 18 mesi rinnovabili di 12 dopo lo stop di un mese, e nel requisito, cioè un reddito annuo di non oltre € 6.000,00 e un Isee di € 9.360, e l’essere un n nucleo con  disabili, over 60 o minori Ora, al di là della considerazione per cui il reddito di inclusione a questo punto verrà erogato anche a chi lavora con un piccolo part time (e magari per l’altra parte di tempo in nero), v’è da notare che non  verrà erogato a una coppia di cinquantenni che, come spesso accade oggi, perde il lavoro ma, ahilei, non ha figli (spiace dovere considerare che un certo indirizzo politico tenda sempre a discriminare chi non ha figli).

La natalità va aiutata con servizi alle famiglie che lavorano dagli asili nido ai doposcuola, non crede chi scrive che lo si debba fare distorcendo un istituto che deve andare a favore di chi perde senza colpa il lavoro e non riesce, per età o condizioni fisiche, a ritrovarlo nel breve, abbia o non abbia figli.

Massimo Grattarola

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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