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…Era una giornata completamente diversa. Il vento di tramontana del giorno prima aveva smesso di soffiare, di fischiare fra le fessure delle ante delle finestre. Una giornata di calma piatta. Non un alito di vento e un sole terso, tipico della primavera inoltrata, con qualche batuffolo di nuvole qua e là a spezzare l’azzurro del cielo. Fu cosi che decisero di fare la gita in barca rimasta in sospeso e in tarda mattinata si avviarono verso il porto. Riconobbero già da lontano il vecchio proprietario della barca con un berretto da marinaio bianco con la tesa blu, intento a pulire con una canna dell’acqua il pozzetto di un tipico gozzo ligure semicabinato.

Ah, eccovi. Oggi è la giornata perfetta per un giro in barca. Tempo bello tutto il giorno e il mare sembra un lago. È là, la terza sul lato destro. Ve l’ho già preparata, immaginando veniste. Il serbatoio è pieno. Serve qualche dritta?

Se le chiavi sono già sul motore, direi di no

Rispose Étienne guardandosi intorno per capire quale fosse il lato destro a seconda della direzione presa, ma la vide subito e si diresse verso la barca con le due donne al seguito. Dopo essersi assicurato che vi fosse tutto, come la piccola tanica di riserva, i giubbini, il mezzomarinaio e i remi, invitò le due donne a sedersi a prua della barca sulla piccola coperta di legno lucidato per bilanciare il peso con il suo e quello del motore a poppa.

Pronte? Si parte!

Si capiva che Étienne aveva dimestichezza nel guidare una barca, se pur piccola e dunque facile per chiunque. Le manovre ben fatte per uscire dalla fila di barche attraccate al molo mettevano in luce la sua confidenza con la guida in mare. La barca cominciò a solcare quel mare liscio senza onde lasciando una scia netta che disegnava con mano ferma un triangolo che si allargava sempre più. Costeggiarono per un po’ la costa che in quel tratto era prettamente rocciosa. L’acqua era cristallina, di un colore verde intenso perché rifletteva i pini marittimi a forma di ombrelli con i loro tronchi curvati che allungavano i loro rami come braccia protese verso il mare intente ad afferrare il fresco dell’acqua.
Pini mischiati ad aceri con foglie giovani, fresche che formavano una distesa di diverse sfumature di verde macchiata qua e là da schizzi di giallo dei cespugli delle ginestre da poco fiorite. Vista dall’alto, la barca sembrava un’anatra solitaria, spensierata che scivola sulle acque inermi di un lago, incurante della natura imponente e gentile che la sorveglia. Un’immagine che avrebbe spinto qualunque pittore a dipingerla su una tela.

Marta era incantata, rapita da quel paesaggio. Lo sguardo di Emma invece era girato dalla parte opposta e si perdeva verso il largo dove le due tonalità di azzurro del cielo e del mare si incontravano quasi a fondersi l’uno con l’altro. Étienne al timone della barca, che era semplicemente una barra di legno, le osservava cercando di immaginare i loro pensieri, il loro stupore di fronte a tanta bellezza. Erano così diverse ai suoi occhi; Marta con i suoi capelli biondi, mossi che le accarezzavano il viso che aveva lineamenti fini ma enigmatici e con un fascino non comune; Emma con i suoi capelli neri lisci, una bellezza più scontata e che al confronto di Marta diventava persino goffa. Quel giorno mentre le osservava entrambe girate specularmente una all’altra, si rese ancor più conto della differenza fra loro, che metteva in luce la banalità della sua fidanzata. Il motore rallentò e le due donne si destarono dai loro pensieri immersi nel paesaggio che le circondava. Si girarono verso Etienne con sguardi interrogativi come per chiedere il perché di quella frenata

Se non sbaglio proprio in quell’ansa laggiù fra quelle rocce dovrebbe esserci il Cristo

Quale Cristo? Di che parli?

Una statua depositata sul fondale, non molto profondo, del Cristo Risorto. Così lo chiamano. Lo hanno ancorato in qualche modo, ma non so esattamente come. Si, È proprio qui. Laggiù sulla roccia intravedo la scritta scolpita. È a cinque – sei metri di profondità e nelle giornate di mare calmo come questa, con l’acqua cristallina, si può vedere bene anche senza immergersi.

Con il motore al minimo si avvicinarono sempre più a quella piccola baia senza spiaggia a forma di presbiterio. Le ripide rocce facevano da pareti e i piccoli arbusti che avevano trovato incavi di terra nelle fessure dove affondare le radici, le decoravano come fossero dei dipinti sacri. Mentre si avvicinavano sempre più lentamente, le due amiche si sporgevano dalla barca, una a destra e l’altra a manca, per scorgere la statua finché Étienne che era in piedi, dall’alto del suo sguardo, lo scorse poco più avanti e lo indicò con la mano sinistra mentre con la destra teneva ben fermo il timone.

Eccolo”.

Guardarono entrambe verso la direzione e stupite, senza dir nulla, lo videro, finché la barca non vi si trovò sopra. Aveva le braccia protese verso l’alto al centro di quel presbiterio naturale. Sembravano lunghe e sproporzionate al corpo; probabilmente era l’effetto ottico dell’acqua. Aveva la testa leggermente reclinata all’indietro per guardare verso la superficie. Sembrava implorasse aiuto e Marta si domandava perché l’avessero aggettivato Risorto. Non sembrava affatto risorto, anzi. Sembrava piuttosto implorare di esser aiutato ad uscire da quella prigione, il cui grido era soffocato dall’acqua.

Perché lo hanno messo lí? Che significato ha e da quanto tempo si trova lì sotto?

 “Sinceramente non lo so. Non me lo sono mai chiesto. Bello, vero?

Dopo avergli girato attorno per guardarlo da diversi lati, Ètienne riprese il largo, accelerando piano piano. L’aria era calda, la brezza provocata dalla misurata velocità della barca era piacevolissima. Dopo circa dieci minuti, raggiunsero un’altra ansa sempre circondata da ripide rocce che la riparavano dai venti con in fondo una piccola spiaggia di ghiaia fine. “Ci fermiamo qui? Mi sembra un posto incantevole; anche se non posso arrivare fino alla spiaggetta perché rischierei di toccare lo scafo. Devo fermarmi qui

È davvero splendido. Si, fermiamoci qui. E poi io ho anche un po’ di fame. Che ne dite? D’altronde è già l’una.” Marta le sorrise

d’accordissimo. Anch’io ho fame. E intanto io mi tolgo i vestiti. Fa davvero caldo; sembra estate e poi con questo sole ci si abbronza già.

Marta fu la prima a spogliarsi. Aveva il suo bel costume color sabbia di un tessuto che sembrava un misto fra iuta e paglia e i bordini dei due triangoli del reggiseno contornati di qualche piccola conchiglia. Anche il tanga, ridotto al minimo per coprire l’essenziale e legato ai fianchi da due stringhe di color marrone scuro, aveva sul davanti un striscia di piccole conchiglie. Un costume di una bellezza selvaggia che solo una donna particolarmente affascinante poteva indossare. Emma invece aveva un bikini di lycra color fucsia più coprente. Il reggiseno era a fascia con l’effetto di schiacciare e persino deformare la forma del seno; lo slip decisamente più coprente di quello di Marta. Era uno dei tanti costumi anonimi appesi agli attaccapanni esposti davanti ai negozi sul lungomare.

E mentre entrambe erano intente a piegare i loro vestiti per riporli ordinatamente nei loro zaini, uno scrollone della barca le sorprese improvvisamente. La barca traballò prima da una parte e poi dall’altra dando la sensazione di ribaltarsi e nel medesimo momento si sentì un sonoro schiaffo sull’acqua. Étienne si era tuffato. E dopo essere riemerso dall’acqua, disse

Non ci crederete ma non è per nulla fredda

Lo guardarono divertite e lo seguirono con lo sguardo nuotare verso riva finché lo videro alzarsi e camminare uscendo dall’acqua. Lo guardavano da lontano sapendo che entrambe lo stavano ammirando, ma senza gelosia l’una dell’altra. In fondo Emma, in cuor suo, sapeva che la sua bellezza non era all’altezza di quella di Étienne e dunque non si faceva cruccio degli sguardi delle altre donne, specie di Marta. Lo videro gironzolare curiosando verso terra, in cerca di qualcosa, forse conchiglie, forse pietre levigate e trasparenti. Ogni tanto raccoglieva qualcosa per poi ributtarla a terra o lanciarla in acqua finché decise di tornare sulla barca. Si aggrappò ad un lato dello scafo e si tirò su con la leggerezza di un atleta di ginnastica artistica.

Mangiarono i toasts che Emma aveva preparato e poi ognuno trovò la sua postazione per godere del sole e del cullare quasi impercettibile del mare. Marta si era coricata sulla coperta a prua con gli occhi chiusi in uno stato di beata semiveglia. Emma invece era seduta dando le spalle a Étienne con il braccio destro fuori dalla barca che cercava di sfiorare l’acqua con la punta delle dita. Era una splendida giornata ma Étienne sentiva montare una strana inquietudine. Le nubi, totalmente assenti dal cielo azzurro, sembravano essersi rifugiate nella sua mente. La bellezza dorata, selvaggia, quasi primordiale di Marta contrastava con l’insignificante figura di Emma che gli procurava un senso di irritazione.

D’un tratto, nell’osservarla mentre si sporgeva per toccare l’acqua, immaginò la sua accidentale caduta. Accorso vicino al bordo per aiutarla a risalire, la vide con i capelli appiccicati sul viso come una massa informe mentre arrancava con le mani, quasi cieca, per aggrapparsi al bordo. In quel preciso momento si fermò e per istinto, come di fronte ad un essere spaventoso, si ritrasse spostandosi indietro, ma mantenendo la visuale di quel corpo che in modo scomposto chiedeva aiuto. Non solo rimase fermo, completamente inerme, ma avvertì un inspiegabile morboso godimento nel vederla in difficoltà.

Un godimento che aumentava nel vedere i suoi occhi disperati, increduli di fronte a quell’atteggiamento e che lo fissavano imploranti. Una scena che durò un interminabile minuto, quando il suo sguardo si posò sui remi accanto ai suoi piedi; ne afferrò uno e lo scagliò con tutta la sua forza sulla testa di Emma. Il tonfo di quel colpo fu cosi forte che lo risvegliò da quel torbido pensiero e rivide Marta placida con gli occhi chiusi e le labbra semiaperte al goder del sole, e la bianca schiena di Emma che con le dita continuava a sfiorare l’acqua avanti e indietro.

Fu assalito da un forte senso di nausea provando vergogna e incredulità. Come poteva la sua mente aver prodotto un tale ignobile pensiero? La chiamò come per accertarsi che quella fosse la realtà e il resto solo un incubo. Emma si voltò sorridendo e lui le ricambiò il sorriso rincuorato ma ancora scosso…

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Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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