
Alessandria ha bisogno di ritrovare una visione, un’immagine di quel che sarà il suo futuro, sapendo che la struttura delle relazioni cambierà a tal punto da imporre una modifica radicale dei modelli di consumo e di fruizione dei servizi.
Sotto questo profilo è indispensabile fermarsi ad analizzare l’esistente per costruire il futuro.
Se c’è una lezione che viene dalla tremenda esperienza della pandemia è quella della fondamentale attività di lettura dei bisogni che ogni comunità territoriale esprime.
Emblematico sotto questo profilo è il punto cardine di un nuovo ospedale, di nuovi servizi sanitari per i cittadini, di percorsi di salute coerenti con i bisogni delle cittadine e dei cittadini.
Gli alessandrini hanno diritto a strutture adeguate ai bisogni di salute che il territorio esprime, hanno diritto all’accesso ai sistemi innovativi delle nuove frontiere della diagnostica e della medicina, hanno diritto ad una progressiva velocizzazione e riduzione dei tempi di attesa per le prestazioni specifiche e per quelle ordinarie.
Le professionalità mediche e sanitarie e le eccellenze specialistiche non mancano, mancano le strutture edilizie adeguate a valorizzarle al meglio.
Se il nuovo ospedale non sarà semplicemente sostitutivo di quello attuale ma sarà l’occasione di rimodulare e rafforzare la rete ospedaliera provinciale esso sarà motore di sviluppo economico, oltre che elemento di qualificazione del servizio sanitario.
I tempi che viviamo sono caratterizzati da profonda incertezza e alla crisi economica si sovrappone quella sanitaria, occupazionale, energetica e il debito pubblico non desta meno preoccupazioni.
In questo contesto la necessità primaria rimane quella socio-sanitaria.
Per questa ragione la priorità e il cardine del rilancio del territorio passano dalla assoluta necessità di una nuova struttura per il nostro ospedale, un nosocomio di eccellenza per gli alessandrini e per un territorio più ampio.
La pandemia ha reso evidente il valore della sanità pubblica e universalistica, la necessità di adeguati investimenti nelle strutture ospedaliere e nei presidi socio-assistenziali e nella costruzione delle reti territoriali.
Abbiamo anche meglio compreso la necessità di un dialogo costruttivo con il privato e la funzione di controllo pubblico che da questo rapporto ne deriva.
- Il Santi Antonio e Biagio, insieme con il Cesare Arrigo e il Borsalino, devono essere oggetto di progetti di interesse cittadino e provinciale.
Il ruolo di ospedale di eccellenza e di alta specializzazione per la città e per gli abitanti della provincia non può che realizzarsi con investimenti sull’edilizia sanitaria.
La costruzione di un nuovo ospedale non può essere il titolo di un bel manifesto che invita ad andare avanti con fiducia ma, di fatto, essere totalmente assente dalla reale programmazione dei percorsi che renderanno possibile la sua realizzazione.
L’ospedale nuovo, adeguato alle nuove esigenze è necessario.
Occorre un tavolo tecnico-politico per individuare l’area più idonea e più sicura dal rischio alluvionale.
Forse la migliore, per infrastrutture viarie e dimensioni, sarebbe stata quella di Panorama-Al2000 ma l’attuale giunta ha preferito lasciare decidere al privato per un insediamento di logistica al servizio della grande distribuzione, un intervento di cementificazione che porterà poco lavoro e di scarsa qualità, sottraendo territorio. Un ospedale, al contrario, avrebbe dato luogo a servizi di qualità e di terziario avanzato.
Ad oggi nulla i cittadini sanno sugli elementi tecnici sui quali la politica è chiamata a compiere scelte, perché è chi ha la responsabilità verso gli elettori che deve operare la scelta, non i tecnici.
In questo ambito è auspicabile un processo deliberativo partecipato in modo da orientare le scelte in maniera più consapevole.
Se l’area di cui l’attuale amministrazione parla è l’attuale Piazza d’Armi perché non c’è nessuna programmazione tecnica né economica in merito allo spostamento dell’aeroporto lì insediato?
Qual è il livello di elaborazione in merito alla destinazione d’uso dei locali attuali del nostro ospedale?
Quale discussione è avviata sui contenitori vuoti della città e come si inserisce in essa la destinazione urbanistica dei locali di via Venezia? Su quell’area possiamo ragionare di bosco urbano recuperando parte degli edifici storici per metterli al servizio del sistema dell’istruzione e della conoscenza?
- Non si può prescindere dagli investimenti nella ricerca, nella innovazione tecnologica e nella qualificazione del personale. La Medicina territoriale ha bisogno di una diversa e più puntuale organizzazione, ha bisogno di investimenti e di una rete che supporti i medici, i quali in questi anni hanno fatto l’impossibile pur in una situazione difficile.
- Occorre rendere istituzionali i rapporti con il privato che è complementare e non sostitutiva del pubblico, il contesto in cui esso si muove deve essere normato e va reso ufficiale, in un piano socio-sanitario adeguato, superando definitivamente la fase delle relazioni personali.
- Particolare attenzione va rivolta alle RSA e alle Comunità alloggio, per persone con disabilità, che devono essere supportate con maggiore presenza e un diverso sistema di accreditamento.
- Inoltre la ricerca pubblica sulle patologie ambientali (il mesotelioma su tutte) è un valore aggiunto per tutta la comunità, non solo quella provinciale, in connessione con Upo e altri Atenei. La ricerca, in questa nuova concezione dei servizi sanitari risulta in molti casi un motore a traino del quale è possibile rilanciare altri settori ospedalieri e territoriali. Queste opportunità saranno valorizzate e possibili e ovviamente serve un nuovo edificio.
- La differenza tra i modelli sanitari torinesi e novaresi e quelli del resto del Piemonte è palese: università e ricerca; nuova edilizia sanitaria; programmazione delle Scienze sulla Vita nell’asse tra Milano (Rho, Human Techno Pole) e Torino (Parco della Salute), di conseguenza o ci posizioniamo sul quell’asse oppure, nel centro nord, tutto il resto rischia di diventare periferico.
Il ritardo su questi temi, la rinuncia ad un metodo organico e definito, la mancanza di una programmazione trasparente sulle politiche per la salute e l’assenza di un confronto con la città e con il Consiglio Comunale con cui la maggioranza, che guida la città, ha abbozzato il tema del nuovo ospedale sono preoccupanti perché il rischio vero è quello di non avere le condizioni necessarie per la realizzazione del nuovo ospedale ad Alessandria. E’ora di cambiare passo.
Rita Rossa