
Caro Giorgio, ho letto con molto piacere che sarai candidato a Sindaco.
Da cittadino la cosa mi piace e mi piace anche da uomo di sinistra che da un tempo troppo lungo è privo di casa e che auspica per la città capoluogo una amministrazione democratica e di sinistra. Alessandria, come molte città, non nasconde nulla delle sue bellezze o delle proprie disarmonie: le ferite recenti o le cicatrici antiche; basta andare per strada e vederle anziché solo guardarle.
Del mio legame con la tua terra sai. Un legame che mi porta ad osservare preoccupato oltreché a vivere il tuo territorio, ora anche mio. Credo che per te sia tempo di riflessioni programmatiche. Mi piace segnalarti un piccolo pensiero sugli effetti della pandemia in ambito urbano, che ha evidenziato fragilità di Alessandria alle quali porre rimedio costruendo nuove pratiche per il governo del territorio.
Buone Pratiche che sappiano considerare l’urbanistica come scienza sociale a tutela dei diritti della comunità e sappiano porre una maggiore attenzione all’uomo. La questione è di una certa gravità e stata posta con energia, tempo addietro, anche da Papa Francesco che discorrendo della “sindrome di Babele”, che si verifica quando non c’è solidarietà, ha citato un racconto medievale che descrive come “…durante la costruzione della torre, quando un uomo cadeva e moriva nessuno diceva nulla. Al massimo: Poveretto, ha sbagliato ed è caduto”. “Invece, se cadeva un mattone, tutti si lamentavano e se qualcuno era colpevole veniva punito. Perché? Perché un mattone era costoso. Un mattone valeva di più della vita umana”.
Circa il ruolo dell’urbanistica, poi, pare che essa non esista più.
Si dà spazio predominante a varianti e accordi con i privati. Si mette a reddito il bene di tutti. È l’epoca dell’urbanistica contrattata. E avremmo bisogno, invece, di costruire qualcosa che proverei a definire Urbanistica della Solidarietà.
Non credo che esistano molte altre vie poiché la pandemia ha sconvolto le nostre vite e le nostre città al punto che il desiderio più diffuso pare sia quello di essere rassicurati tout-court e di ritornare alla situazione precedente l’arrivo del virus. La città come la conosciamo ha messo a nudo le sue fragilità e per quanto preoccupante possa apparirci credo che questo momento doloroso possa rappresentare un’occasione irripetibile per riflettere anche sulle fragilità di Alessandria.
Città capoluogo che dovrebbe essere analizzata, capita e amministrata come un insieme di esperienze capaci di dare spazio ai cittadini, ai giovani, ai lavoratori, agli operatori economici, alle imprese. Vedi Giorgio è come se io ti dicessi fraternamente di non cadere nella trappola di Icaro e di non lasciarti prendere dall’illusione di poter controllare dall’alto tutta la città e le sue componenti. Comprenderla è l’unico modo per modificarla. Credo che, pandemia o non pandemia, la qualità di un luogo sia sempre la conseguenza della relazione tra l’uso che se ne fa e la società che lo usa.
Mi piacerebbe che Alessandria potesse dare vita a un cambiamento capace di coinvolgere il modo stesso di pensare ai programmi, ai progetti, alle singole azioni di ambito urbanistico, tenendo presente che a parlare di rigenerazione urbana non possiamo più prescindere dal considerare che ci riferiamo anche al rinnovamento spirituale o morale della comunità urbana.
Questione che mi porta a dire che si dovranno costruire le condizioni per dare risposte a un insieme di attività tendenti non solo alla riconversione fisica per migliorare la bellezza, ma azioni orientate anche ad interventi di natura economica e sociale, culturale e ambientale finalizzati al miglioramento della qualità della vita nel rispetto dei principi di partecipazione dei cittadini, delle imprese, delle associazioni. Questa crisi inciderà sui rapporti interpersonali e sulla socialità, sui rapporti di vicinato e sulle funzioni proprie delle quali architettura, urbanistica ed economia urbana si occupano.
L’obiettivo dell’urbanistica dovrà essere quello di operare per mantenere elevata la vita in ambito urbano, sostenendo la ripresa e lo sviluppo delle relazioni di vicinato agendo sulla socialità e sul peso e il ruolo dell’economia urbana (residenza, commercio, artigianato, servizi, cultura e tempo libero, professioni).
Sarà fondamentale non cadere nell’errore di pensare solo alle grandi opere, ai grandi progetti, ai quadri generali, alle grandi cattedrali.
Alessandria ha necessità di porre attenzione anche all’urbanistica dell’ultimo miglio. Quell’ultimo chilometro di una strada o di un reticolo di strade e piazze dove si svolge l’economia terziaria e la vita urbana e sociale. Conosco le terribili condizioni di un territorio comunale esteso come quello di una intera provincia. Ne conosco i Sobborghi e i Campanili. E va impedito che le risorse del PNRR siano appannaggio esclusivo di territori meglio strutturati o più grandi. Molti decenni fa i Partiti elaboravano proprie posizioni sulla città, i trasporti e la circolazione, la casa, la scuola, il verde e il tempo libero, eccetera. Poi tutto finì. E oggi decidono (se decidono) in pochi e non è sempre la politica a farlo.
IPOTESI SCUOLA DI GOVERNO DEL TERRITORIO
Mi piacerebbe ribaltare la situazione poiché credo che servirebbe istituire (e ti propongo) il sorgere di una Scuola di Governo del Territorio. Una struttura che si regga con dinamiche di volontariato sociale. La Sede decidetela voi (mi piacerebbe un vecchio opificio industriale, una cascina agricola). Potrebbe essere addirittura interna al Partito Democratico.
Sogno una Scuola come Organismo culturale libero che sperimenta e avvia progetti di respiro territoriale anche ampio intorno ai quali costruire azioni non solamente didattiche. Della Scuola potrebbero fare parte Istituzioni, enti, associazioni, singoli cittadini e banche (che molti peccati hanno da farsi perdonare e qualcuno che ci metta qualche soldino ci vuole).
Chiederei il patrocinio della Regione, del Governo nazionale e della Unione europea poiché una sperimentazione dal basso serve prima di tutto a loro. Andrebbe costituito un Comitato tecnico e un Comitato di gestione. La missione è organizzare cicli di formazione per amministratori, aziende, associazioni e cittadini e coinvolgerli.
IPOTESI LABORATORIO PER LE BUONE PRATICHE URBANE E SOCIALI
Si tratta di un laboratorio stabile di ASCOLTO, PARTECIPAZIONE E PROPOSTA che proverei a denominare LABORATORIO PER LE BUONE PRATICHE URBANE E SOCIALI al quale darei come input iniziale l’obbligo di dare vita a processi di Ascolto e Partecipazione per poi organizzarli in Proposte democratiche sviluppando consapevolezza delle cose che animano un contesto, una società, un’economia. Lasciami solo aggiungere che nel mio occuparmi di città e di economia urbana mi sono via via persuaso del valore delle teorizzazioni di Leopold Kohr, al quale ripenso con affetto anche relativamente al suo avermi aiutato a capire che: ”…Il motivo per cui le vecchie città sono così affascinanti e quelle nuove invece no, è dovuto al fatto che i costruttori di un tempo (dell’antica Grecia, delle città-stato medievali, della Parigi moderna non perseguivano scopi diversi, seguendo i mutamenti della loro epoca, ma istintivamente servivano tutti lo stesso immutabile scopo per cui la gente ha in ogni tempo desiderato vivere in centri urbani o comunità di vario genere”.
Questo proposito fu espresso in termini filosofici da Aristotele quando disse che gli uomini formano delle comunità non per la giustizia, la pace, la difesa o i commerci, ma per amore del vivere bene, il summum bonum. E vivere bene in una comunità ha sempre significato il soddisfacimento di tre esigenze sociali fondamentali dell’uomo a cui gli antichi progettisti hanno invariabilmente dato forma concreta nelle loro strutture.
Queste esigenze sono la convivialità, la religiosità e la politica. Di conseguenza il nucleo delle loro città, con tutte le variazioni di stile, consisteva sempre delle stesse strutture fondamentali. Taverne e teatri per soddisfare la convivialità, chiese per soddisfare la religiosità e sale consiliari per la loro indole politica. E poiché il soddisfacimento di queste tre esigenze che plasmano il volto della comunità, richiedeva una base economica, le suddette strutture erano naturalmente raggruppate attorno alla piazza del mercato, in tal modo creando e servendo una quarta attività comune fondamentale: gli scambi e il commercio…”.
Mi piacerebbe dare una mano affinché cittadini e imprese, associazioni ed enti preposti al governo del territorio costruiscano insieme uno scenario di buone pratiche capaci di innovare e migliorare la vita, non perdendo di vista che bella o brutta che sia, Alessandria, è il teatro della nostra storia, dei nostri usi e anche dei nostri costumi.
Angelo Patrizio