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Il tema della gestione del territorio, del disegno urbano e della città è andato nel corso degli anni via via scomparendo dalla scena principale del dibattito politico e culturale sicuramente in Italia, ma anche nel mondo occidentale.

Sono ormai lontani gli anni in cui questi argomenti costituivano essi stessi,  uno degli asset prioritari della cultura e delle policies riformiste e democratiche su cui venivano condotte battaglie ideali finalizzate alla costruzione di innovative forme di welfare e di nuove modalità di convivenza e cooperazione sociale.

La ricerca accademica e la letteratura urbanistica è andata gradualmente rinchiudendosi in una ridotta sempre più specialistica e autoreferenziale, diventando inevitabilmente asfittica e incapace di proporsi come momento di innovazione culturale.

Ritengo che in parte ciò sia stato causato anche dalla incapacità di rinnovarsi di una classe intellettuale che, constatando la perdita di capacità di influenzare il dibattito e di saperlo condizionare, ha valutato più opportuno rinchiudersi in una ricerca ultra specialistica, incapace di rapportarsi proficuamente con le altre discipline delle proprie delle scienze sociali invece sapersi confrontare seriamente con esse.

In Italia ciò è stato particolarmente eclatante, complice anche l’evidente consapevolezza che lo sforzo politico culturale compiuto durante gli anni Sessanta e Settanta che avrebbe voluto sfociare con la promulgazione di una nuova legge urbanistica nazionale che aggiornasse e contemplasse anche un rinnovato regime dei suoli, era stato inesorabilmente sconfitto, sia sotto il profilo giuridico, che sotto quello politico.

Di quella generazione di studiosi e di urbanisti, scomparsi i “padri” dell’urbanistica contemporanea, sono rimaste attive alcune personalità di cui almeno due di assoluto rilievo internazionale: Francesco Indovina e Bernardo Secchi.

Del primo si ricordano le sue ricerche e i suoi studi sulla città diffusa come momento di riflessione innovativo e originale rispetto alle nuove forme di città che sono andate costruendosi nella seconda metà del Novecento; del secondo invece, si rammentano le sue ricerche sulla “narrazione” urbanistica e sull’evoluzione della disciplina secondo modalità di crescita per differenti “generazioni”  che hanno contraddistinto l’evoluzione pianificatoria nella seconda metà del secolo scorso.

Bernardo Secchi durante l’ultimo scorcio della sua esistenza (è mancato purtroppo nel 2014, n.d.r.) ha effettuato uno sforzo di riflessione critica sulla materia urbanistica che avuto il merito saper riconnettere la materia con un ragionamento più ampio e articolato, in grado di poter riaprire il dibattito culturale disciplinare e interfacciandosi con le altre dottrine delle scienze sociali, riattribuendo così alla pianificazione urbanistica una dignità che appariva smarrita.

Nell’ultimo volume pubblicato prima della sua scomparsa, “La città dei ricchi e la città dei poveri”  –  ed. Laterza, 2013 -, egli ha infatti tentato di riproporre in poche, ma assai dense pagine, ragionamenti e riflessioni che, partendo da una lettura aggiornata della contemporaneità, espongono quelli che sono i temi della “città” – in senso lato – in questa fase storica.

Una lettura, la sua, supportata da considerazioni e richiami di natura sociologica, antropologica, psicologica ed economica che ben rappresenta le diversità, le alterità e l’evoluzione dei quesiti che la condizione urbana contiene.

La città viene identificata storicamente come il luogo dell’incontro e dello scontro tra le persone, il luogo ove si racchiudono le istanze di sicurezza e di convivenza, di innovazione e di memoria, di alterità e di identità, di ricerca e di rifugio.

L’analisi del territorio urbano, in cui la porosità, il suo disegno, la sua “forma” sono e possono essere fattori di discrimine e di diseguaglianze, diventa oggetto di valutazioni e considerazioni che contengono non solo le competenze tecniche dell’urbanista, ma anche le considerazioni di sociologi, giuristi, filosofi, antropologi ed economisti; la città, insomma, come luogo in cui si rappresenta plasticamente la complessità inter/trans-disciplinare della contemporaneità.

E in questi ragionamenti Secchi tiene insieme le riflessioni di Bordieu sulla distinzione come fattore fondamentale dei meccanismi di funzionamento della società, quelle sui temi del senso di sicurezza e della sua percezione da parte delle popolazioni urbane analizzate da Foucault, quelle sulla crisi del capitalismo e sull’insorgenza delle diseguaglianze come fattore di disgregazione del tessuto sociale descritte da Stiglitz e Sen, quelle sulla progressiva liquidità della società capitalistica post globalizzazione del nuovo millennio cantata da Bauman insieme ad altre considerazioni interdisciplinari.

Le conclusioni a cui giunge, da buon urbanista quale egli era, sono che necessita di tornare a riflettere sulla struttura spaziale della città, riconoscendo l’importanza che nel costruirla ha la forma del territorio; ribadisce la necessità di garantire una più ampia e diffusa permeabilità e accessibilità agli spazi, con la consapevolezza della sedimentazione storica che le città intrinsecamente hanno e con la vocazione a rendere il più possibile fruibili e collettivi gli spazi pubblici, evitando confini, muri e separazioni attribuendo loro una nuova dimensione sociale e, perché no, un relativo valore economico.

Insomma, sebbene il volume non sia recentissimo, questa ultima riflessione di Secchi offre un momento d’assoluto valore culturale, fecondo per il ragionamento di cui è portatore e un interessante momento di approfondimento per tutti coloro che hanno il piacere o il desiderio di confrontarsi con la realtà complessa delle cose e con alcune delle contraddizioni più eclatanti della nostra contemporaneità.

Mariano G. Santaniello

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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