Certamente ci mancheranno, ci siamo detti Gian Luca Barbero ed io, la grande intensità di questi anni fatti di ore piene di impegni, incontri umani, confronti e scontri, risultati raggiunti, difficoltà a volte insuperabili, giorni immersi nel presente carico di domande ma sempre proiettati nel futuro alla luce di tanti progetti.
Perché dunque decidere di non ricandidarsi, pur restando al servizio della politica?
Prima di tutto mi sembra importante ricordare il fatto che fare politica significa agire al fine di incidere sulla realtà per migliorarla, guidati da un progetto. In mancanza di azione coerente e/o di un progetto, non c’è politica. C’è solo esibizione dell’ego, direi.
Mi sembra necessario ribadirlo per spiegare senza equivoci cosa significa intendere la politica come servizio.
L’azione politica, però, come è noto, ha molteplici aspetti, diversi sia per competenza che per livello di responsabilità e di impegno. Un grande partito come è il PD deve essere in grado di mantenersi in relazione costante, attraverso i suoi militanti, con la complessità dell’insieme dei soggetti sociali, dei loro problemi e del modo di manifestarli. Solo così il partito può esprimere, in una democrazia rappresentativa come la nostra, le istanze che rispondano a quelle esigenze di giustizia sociale, intesa nel senso più ampio, conformi al suo progetto politico.
L’azione amministrativa è, fra questi diversi aspetti, di IMPORTANZA FONDAMENTALE. L’Amministrazione locale, in particolare, è la cellula base degli organismi che compongono il tessuto sociale di un Paese ed è il luogo anche fisico con cui confrontarsi quotidianamente e crescere come cittadino consapevole dei diritti e doveri, per mezzo di un percorso educativo che dovrebbe continuare dall’asilo in poi.
Inoltre bisogna considerare il fatto che solo attraverso l’esperienza diretta è possibile accrescere , in chi si avvicina alla politica, le competenze e la capacità di valutazione concreta dei moltissimi problemi legati al governare. Partendo dalle più piccole realtà locali per arrivare fino ai vertici nazionali, sono convinta che non si dovrebbe assegnare nessun incarico politico a chi non sia passato attraverso questo percorso di alfabetizzazione.
La storia insegna che il destino di ogni società è legato alle competenze, cultura e lungimiranza della sua classe dirigente, per cui penso che sia assolutamente necessario e urgente che il partito si occupi seriamente di creare le condizioni concrete per favorirne la formazione permanente ed in particolare il ricambio generazionale, attraverso l’esperienza diretta dei suoi militanti e simpatizzanti, assistita e guidata con il dialogo costante fra i vari soggetti e strutture che compongono il partito stesso.
Queste sono le ragioni fondamentali della scelta di Gian Luca Barbero e mia, che abbiamo condiviso: non ci ricandidiamo ma consegniamo a chi verrà la prosecuzione dei nostri progetti e il nostro aiuto, se verrà richiesto.
Entrambi restiamo al servizio del Partito Democratico (o del nuovo partito che nascerà, se cambierà nome), convinti che l’esperienza di ogni suo componente debba costituire un patrimonio collettivo utile al Paese.
Costanza Zavanone