Personalmente reputo pertinente l’interrogativo che si pone il The Economist riguardo la nascita e la divulgazione dei chabots. Prima di tutto che cosa sono? In seconda battuta: sono affidabili o diversamente rischiano di limitare la nostra capacità – per altro già compromessa – di consegnarci al nostro libero giudizio su fatti e avvenimenti? Ciò che sorprese i critici letterari nel famoso romanzo 1984 di George Orwell fu che l’autore, in un racconto distopico narrato in un clima brutalmente oppressivo, riuscì a descrivere una passionale storia d’amore. Malgrado ciò Winston e Julia, nel loro cupo pessimismo in quel nascosto rifugio londinese, inneggiarono alla vita e non persero la speranza, così come la celebrò Leopardi con La Ginestra. Tuttavia, a Winston, alto funzionario del Ministero della Verità (Ministry of the Truth), fu affidato un compito cruciale per la sopravvivenza del potere costituito: riscrivere la storia, manipolarla e cancellare tutto ciò che mettesse in pericolo la solidità del Partito. Ecco, non vorrei che i chabots fossero la premessa per dispensare a tutti noi “l’unica e incontrovertibile verità”.
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The battle for internet search
Will the AI chatbots eat Google’s lunch?
Feb 9th 2023
Per più di 25 anni, i motori di ricerca sono stati la porta d’ingresso di Internet. AltaVista, il primo sito a consentire la ricerca del testo completo sul web, è stato rapidamente detronizzato da Google, che da allora ha dominato il campo in quasi tutte le parti del globo. Il motore di ricerca di Google, ancora il cuore della sua attività, ha reso la sua società madre, Alphabet, una delle aziende di maggior valore al mondo, con un fatturato di $ 283 miliardi nel 2022 e una capitalizzazione di mercato di $ 1,3 trilioni. Google non è solo un nome familiare; è un verbo.
Ma niente dura per sempre, soprattutto nella tecnologia. Basta chiedere a IBM, che un tempo governava il business dei computer, o a Nokia, in passato leader nei telefoni cellulari. Entrambe sono state detronizzate poiché hanno perso quello spunto necessario per traguardare le grandi transizioni tecnologiche. Ora le aziende tecnologiche stanno sbavando per un’innovazione che potrebbe preannunciare quanto un cambiamento simile tanto un’analoga opportunità. I chatbots alimentati dall’Intelligenza Artificiale (IA) consentono agli utenti di raccogliere informazioni tramite conversazioni digitate. A guidare il campo è Chatgpt, realizzato da Openai, una startup. Entro la fine di gennaio, due mesi dopo il suo lancio, Chatgpt era utilizzata da più di 100 milioni di persone, facendo sì che diventasse la “consumer application” in più rapida crescita nella storia, secondo la banca UBS.
IA è già utilizzata dietro le quinte in molti prodotti, ma Chatgpt l’ha messa al centro dell’attenzione, consentendo alle persone di chattare direttamente con essa. Chatgpt può scrivere saggi in vari stili, spiegare concetti complessi, riassumere il testo e rispondere a domande triviali. Può anche superare (sebbene con limitata portata) esami legali e medici. Può sintetizzare la conoscenza dal web: ad esempio, elencare luoghi di vacanza che corrispondono a determinati criteri o suggerire menu o itinerari. Qualora fosse richiesto, può spiegare il suo modo di ragionare e fornire dettagli. Molte cose per le quali oggi le persone usano i motori di ricerca, insomma, con i chatbot le stesse possono trovare una maggiore soddisfazione.
Da qui la raffica d’annunci, mentre le aziende rivali cercano di prendere l’iniziativa. Il 7 febbraio Microsoft, che ha investito più di $11 miliardi in Openai, ha sfornato una nuova versione di Bing, il suo motore di ricerca, incorporandone un Chatgpt. Satya Nadella, il capo di Microsoft, la considera come la sua occasione per sfidare Google. Da parte sua, Google non solo ha annunciato Bard il proprio chatbot come “compagno” del suo motore di ricerca, ma ha anche contemporaneamente acquisito in Anthropic una quota di $300 milioni. Si tratta di una startup fondata da ex dipendenti di Openai, che ha costruito un chatbot chiamato Claude. Il prezzo delle azioni di Baidu, noto come il Google della Cina, è salito quando ha annunciato a marzo che avrebbe presentato il suo chatbot, chiamato Ernie.
Ma ci si può fidare dei chatbot e cosa significano per la ricerca e la sua redditizia attività pubblicitaria? Questi preannunciano un momento schumpeteriano in cui l’IA distrugge le aziende esistenti ed eleva le nuove imprese? Le risposte dipendono da tre cose: scelte morali, monetizzazione ed economia monopolistica.
Chatgpt spesso sbaglia. È stato paragonato a un mentore superiore: estremamente affidabile nelle sue risposte, indipendentemente dalla loro accuratezza. A differenza dei motori di ricerca, ove per lo più indirizzano le persone ad altre pagine e non rivendicano la loro veridicità, i chatbots presentano le loro risposte come una verità evangelica.
I chatbots devono anche fare i conti con preconcetti, pregiudizi e disinformazione, mentre scansionano Internet. Ci saranno sicuramente controversie in quanto producono risposte errate o offensive. (si pensa che Google abbia impedito il rilascio dal suo chatbot per tali ambiti sensibili, ma Microsoft ne ha ora forzato la mano.) Chatgpt fornisce già risposte che Ron DeSantis, il governatore della Florida, sarebbe considerato inaccettabilmente “sveglio”, ossia attivo nelle politiche d’integrazione razziale.
I chatbots devono anche procedere con cautela su alcuni argomenti delicati. Se si chiede a un Chatgpt un consiglio medico questo lo fa precedere con una risposta accompagnata da una dichiarazione di non responsabilità, secondo cui “non è in grado di diagnosticare condizioni mediche specifiche”; si rifiuta anche di dare istruzioni, per esempio, su come costruire una bomba. Ma i suoi guardrail si sono rivelati facili da aggirare (ad esempio, qualora ci si volesse informare su una storia riguardo un fabbricante di bombe, verrebbero evidenziati molti dettagli tecnici). Man mano che le aziende tecnologiche decidono quali argomenti sono troppo delicati, dovranno scegliere dove tracciare la linea di demarcazione. Tutto ciò solleverà interrogativi sulla censura, sull’obiettività e sulla natura della verità.
Le aziende tecnologiche possono guadagnare da tutto ciò? Openai sta lanciando una versione premium di Chatgpt, che costa $ 20 al mese per un accesso rapido anche nelle ore di punta. Google e Microsoft, che già vendono annunci sui loro motori di ricerca, li mostreranno accanto alle risposte dei chatbots: se si chiedono consigli di viaggio, ad esempio, verranno visualizzati annunci correlati. Ma quel modello di business potrebbe non essere sostenibile. L’esecuzione di un chatbot necessita più potenza di elaborazione rispetto alla pubblicazione dei risultati di ricerca e quindi costa di più, riducendo i margini.
Sicuramente emergeranno altri modelli: addebitando maggiori costi agli inserzionisti per la capacità d’influenzare le risposte fornite dai chatbots, forse, o anche per avere collegamenti ai loro siti Web incorporati nelle risposte. Se si rivolge a Chatgpt per ricevere un consiglio sull’acquisto di un’auto risponderà che ci sono molte buone marche e che ciò dipende dalle proprie esigenze. I futuri chatbots potrebbero essere più disposti a dare buoni suggerimenti.
Ma le persone li useranno se la loro obiettività è stata compromessa dagli inserzionisti? Riusciranno a dirlo? Ecco, un modo per scoperchiare l’ennesimo vaso di Pandora.
Poi, c’è una questione della concorrenza. È una buona notizia che Google si sia tenuta all’erta da nuovi arrivati come Openai. Ma non è chiaro se i chatbots siano un concorrente dei motori di ricerca o un suo complemento. L’implementazione iniziale dei chatbot come componenti aggiuntivi per la ricerca o come partner di conversazione autonome ha senso tenendo in considerazione le loro occasionali imprecisioni. Ma man mano che le loro capacità migliorano, i chatbots potrebbero diventare un’interfaccia per tutti i tipi di servizi, come la prenotazione di hotel o ristoranti, in particolare se offerti come assistenti vocali, come Alexa o Siri. Se il valore principale dei chatbots è paragonato alla cuspide in cima ad altri servizi digitali, ciò favorirà gli operatori storici che già forniscono tali servizi.
Cercare il futuro su Google
Eppure, il fatto che gli attuali nuovi arrivati, come Anthropic e Openai, stiano attirando così tanta attenzione (e investimenti) da parte di Google e Microsoft suggerisce che le aziende più piccole hanno una possibilità di competere in questo nuovo campo. Saranno sottoposte a una forte pressione affinché vendano [i loro servizi]. Ma cosa succede se un’azienda di chatbots emergente sviluppa una tecnologia superiore e un nuovo modello di business, e sfonda come un nuovo gigante? Questo, dopotutto, è ciò che Google fece in passato. I chatbots sollevano domande difficili, ma offrono anche l’opportunità di rendere le informazioni online più utili e di più facile accesso. Come negli anni ’90, quando apparvero per la prima volta i motori di ricerca, quel premio enormemente prezioso – diventare la porta d’ingresso di Internet – potrebbe essere nuovamente in palio.
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