
di Roberta Cazzulo
L’aggressione ai danni di una ragazzina di 13 anni da parte di un gruppo di coetanee in piazza della Libertà sabato pomeriggio e la rissa avvenuta nella notte tra sabato 15 e domenica 16 gennaio in via Pontida ad Alessandria, fanno riflettere.
I protagonisti dei fatti sono tutti giovanissimi e soprattutto non hanno riflettuto sulle conseguenze delle loro azioni, convinti di riuscire a farla franca. Molti giovani si picchiano, moltissimi stanno a guardare. E i video finiscono in tempo reale su Instagram.
Fenomeno baby gang lo chiamano, ma per gli esperti è la manifestazione gridata del disagio giovanile.
La pandemia, il lockdown, la chiusura delle scuole, la mancanza di socialità sono alcuni dei fattori che hanno contribuito all’aumento della violenza tra i più giovani.
Gli psicologi parlano di allarme sociale.
Questi episodi di violenza possono essere collegati al momento complesso che stiamo vivendo, oppure esprimono un disagio già presente all’interno delle nuove generazioni?
I giovani sono tra le principali vittime indirette di questa pandemia e continuano a sentire sulle loro spalle il peso di una sofferenza che rischia di rimanere spesso nascosta e inascoltata.
Numerose ricerche sottolineano che saranno i più giovani a dover affrontare le conseguenze maggiori e a lungo termine della pandemia. Inoltre, l’utilizzo massiccio dei social network per conservare la socialità, che è stata danneggiata dalla pandemia ha determinato un aumento di fenomeni quali il cyberbullismo e la dipendenza da Internet.
Gli episodi di violenza che si registrano in maniera crescente nella popolazione giovanile sono dunque un campanello di allarme sulla salute psicologica dei nostri ragazzi: autolesionismo, risse, bullismo vengono utilizzati dagli adolescenti per dare forma a una sofferenza che non riescono a esprimere e/o per inviare una richiesta di aiuto ai caregivers e agli adulti che lo circondano.
La noia, l’insoddisfazione, l’assenza di prospettive future che caratterizzano il periodo della pandemia contribuiscono indubbiamente ad accrescere questo disagio psicologico che si traduce purtroppo troppo spesso in violenza. Inoltre, la condivisione delle risse sui social network rappresenta un modo per sentirsi parte di un gruppo e per rafforzare un senso di sé fragile e poco sviluppato.
Per queste ragioni, è importante prevedere un adeguato supporto psicologico anche e soprattutto all’interno delle scuole che possa aiutare i nostri giovani a gestire in maniera adeguata le conseguenze psicologiche della pandemia in modo tale che non siano le giovani generazioni a pagare il prezzo più alto della crisi che tutti stiamo vivendo.
Nella Legge di Bilancio 2022 era stato proposto un Bonus Salute Mentale da 50 milioni di euro per supportare economicamente le persone che decidono di rivolgersi a uno psicologo, uno psicanalista, uno psichiatra, uno psicoterapeuta.
Una proposta bipartisan appoggiata pubblicamente da tutti i principali gruppi parlamentari: Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva e Liberi e Uguali. Tutti, maggioranza e opposizione.
Ma, nonostante l’accordo tra le forze politiche, non è stata inserita all’interno della Legge di Bilancio…. mentre sono sopravvissuti tanti altri bonus, dai bonus edilizi, quelli per la bicicletta, per la tv, per rubinetti, e le zanzariere ….
La salute psichica, al pari della salute fisica, non è una merce, ma un diritto garantito dalla nostra Costituzione.
I servizi pubblici dedicati alla salute mentale – dagli ambulatori delle Ats o Asl ai reparti ospedalieri di neuropsichiatria infantile – hanno poco personale e lunghe liste d’attesa. E soprattutto non tutte le famiglie possono permettersi, per motivi economici, di rivolgersi al privato: da qui nasceva l’urgenza del bonus psicologico.
Il CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi) ha pubblicato i risultati di una indagine condotta a ottobre 2021 su un campione di circa 5.600 professionisti in collaborazione con l’istituto Piepoli: ne emerge che la pandemia “ha influito pesantemente sulla salute mentale” delle persone.
Dai dati risulta che il 21 per cento dei pazienti ha sospeso il trattamento per problemi economici e che il 27,5 per cento degli individui che avevano intenzione di iniziare un percorso non l’ha fatto, sempre per ragioni economiche.
A seguito della pandemia l’utenza è variata: è aumentata soprattutto tra i giovani di 18-24 anni, tra le donne appartenenti al ceto medio.
Sono invece diminuite le richieste di intervento psicologico per chi ha più di 54 anni.
In particolare, tra le richieste ricevute, la pandemia ha ampliato quelle che segnalano problemi d’ansia (+83%), disturbi dell’umore o depressione (+72%), quelli dell’adolescenza (+62%), problemi di coppia e problemi con i figli (entrambi +49%). Sono aumentati anche i disturbi legati a una patologia fisica (+19%) e i disturbi dell’infanzia (+27%).
Gli individui che comprendono di aver bisogno di aiuto, purtroppo non trovano un’adeguata risposta in termini di servizio offerto.
Nel nostro paese non è sufficientemente diffusa e avallata la cultura del benessere psicologico.
La petizione di Change.org per chiedere al Governo di reintrodurre il fondo da 50 milioni per le cure psicologiche è andata oltre le 200 mila firme, un record per la piattaforma.
Firmate la petizione!
Roberta Cazzulo