Capita di sentire di non avere il diritto di esprimere in modo personale il dispiacere per la scomparsa di una persona che abbiamo incrociato per esperienze profonde ma troppo brevi, sufficienti per averne colto le qualità ed esserne rimasti segnati. Rimane la possibilità, forse il dovere, di un ricordo da consumare inevitabilmente a lato, fuori dal contesto delle amicizie più strette di cui non si fa parte. E forse proprio in questa distanza, ampliata da questi giorni di solitudine forzata, si invera più sincero qualcosa di intimo, di lontano nel tempo da richiamare al presente. Così ci sembra, nel riferirci alla scomparsa di Mario Mantelli. Lo abbiamo trovato confortante da adulto, coinvolti a vario titolo nelle vicende culturali della città – al di là dei ruoli che abbiamo avuto – lo abbiamo ricordato insegnante di Disegno tecnico al Volta, adesso è amaro e difficile accettare che la morte cancelli ogni varco temporale e ogni confine, se si trattava di stabilire dove finiva l’uomo silenzioso, intenso, buono e dove cominciava l’intellettuale fine, onesto, autentico.
L’Architetto Mantelli ha dedicato il suo sapere rigoroso e appassionato soprattutto ad Alessandria, la cui storia artistica ha avuto e sempre avrà in lui un testimone immenso ed una feconda, formidabile commovente scrittura. Basterebbe soffermarsi sul legame Mantelli – Fallini, su ciò che ha attraversato una lunga vicenda di amicizia ed intelletto, per attingere ad un patrimonio letterario, storico – e artistico ovviamente – inesauribile. Così basterebbe soffermarsi sul legame Mantelli – Lanzoni (anche quest’ultimo ci ha lasciati alcuni anni fa), per ritrovarsi a stabilire l’uguaglianza arte – poesia. Viene in mente, attraverso Mantelli, anche tra questi veri e propri affetti personali, l’incarnazione di una Alessandria di genio schiva ed irripetibile e la rappresentazione di un sapere vastissimo che ha scelto di calarsi nel particolare del proprio luogo natale. Abbiamo ricordi indelebili: le visite di Mario nella Chiesa di San Francesco a Cassine per Etnomosaico in veste di amico e di critico, la curatela della mostra dedicata a Remo Lanzoni, nel Palazzo delle Poste, a Borgoratto.
Allo stesso modo ci sovviene uno degli innumerevoli esempi di radicato sapere. Quando, nel 2018, sul Piano urbano della Mobilità, la città discusse sugli interventi dell’architetto Mantelli e dello studio CMT di Alessandria (architetti Carpani – Masoni – Tasso), si animò un dibattito interessantissimo per il futuro di Alessandria. Anche in quell’occasione Mantelli fu delicato e geniale, sottile e lucido, capace di evocare ampi affreschi sempre ancorati alla certezza delle fonti. E’ soprattutto questa sicurezza, questo tesoro di onestà intellettuale, di cui si dovrà fare a meno, facendo i conti con la scomparsa di Mario.
Aveva gli occhi azzurri, azzurrissimi. Più volte, in pubblico, curatore di mostre, critico discreto, efficace, robusto e inimitabile, aveva citato “l’azzurro color di lontananza”.
Un gruppo di Suoi amici