Si potrebbe dire: rieccolo. Il bizzoso e sarcastico Paul Krugman, uno dei più geniali economisti degli ultimi due quarti di secolo. Anche lui facente parte della schiera degli “urlatori alla luna”, di cui abbiamo già parlato nel nostro precedente post “Il Vento del Nord-Ovest” https://ilponte.home.blog/2019/08/01/il-vento-del-nord-ovest-democrats-e-labour-alla-riscossa/ Il laureato Nobel newyorkese, che nella sua straordinaria carriera professionale investì ben poco del suo tempo per farsi amare dai suoi colleghi e dall’establishment politico bipartisan domestico e internazionale, utilizza la “sua” pagina del NYT per riproporci la vexata quaestio tedesca.
Krugman non è certo il primo sprovveduto in materia di economia internazionale – migliaia di studenti universitari americani, e non, hanno lasciato ampie gocce di sudore sul suo manuale “International Economies” scritto con altre due principi della disciplina Obstfeld e Melitz – per cui risulterebbe un po’ difficile non dargli credito.
Tuttavia, pur prendendo per oro colato le ragioni del suo “storico” dissapore per tutto ciò che odora di mercantilismo teutonico, ci permettiamo postillare alcune annotazioni critiche riguardo al breve testo da lui prodotto: 1) Krugman, porta con sé quell’ingenuo “viziaccio” che affligge i liberal americani – fa eccezione Stiglitz – secondo cui la “carenza di domanda privata” è dovuta esclusivamente a fattori “strutturali” (demografici, ecc.). In altre parole, imprescindibili. Quindi, egli cassa di fatto la componente “volontaristica” dell’azione sociale. E’ assai probabile che se ci fosse lotta per un adeguamento salariale gli effetti di tale “carenza” si farebbero meno sentire; 2) Krugman, ritiene che necessiti un “piccolo intento persuasivo” per convincere la tetragonia germanica a cambiare passo. Si dimentica della battaglia ingaggiata dall’allora governo americano nel 2011 (Obama, Geithner) per convincere la Merkel ad abbandonare l’ossimoro più stupido della storia dell’economia politica, “l’austerity espansiva”. Consiglieremmo a Krugman una seduta medianica con lo spirito di Neville Chamberlain (Monaco 38), sicuramente avrebbe un effetto “dissuasivo” riguardo alla sua tesi sulla disponibilità berlinese al convincimento.
Sennonché, queste due annotazioni – doveroso farle per chi si batte nel campo socialdemocratico – non inficiano il percorso di stringente logica macroeconomica qui esposto dall’accademico di Princeton.
Infine, leggendo Krugman, forse si può intuire una delle ragioni principali che stanno alla radice dell’attuale rottura avvenuta all’interno dell’esecutivo italiano, al di là del politichese “ombelicale” ad nauseam.
The World Has a Germany Problem
The debt obsession that ate the economy.
Aug. 19, 2019
Si potrebbe pensare che eventi recenti – le turbolenze del mercato, l’indebolimento della crescita, il calo della produzione manifatturiera – debbano produrre alcuni travagli interiori nella Casa Bianca, in particolare sulla visione di Donald Trump secondo cui “le guerre commerciali sono cose buone e facili da vincere“. Si potrebbe pensare ciò se non si guardasse il comportamento passato di Trump.
Quello che sta effettivamente facendo, ovviamente, è attribuire i problemi dell’economia a una vasta cospirazione di persone per farlo fuori. E le sue recenti osservazioni suggeriscono, semmai, che si sta preparando ad aprire un nuovo fronte nella guerra commerciale, questa volta contro l’Unione Europea, che a parer suo “ci tratta in modo orribile: barriere, tariffe, tasse“.
La cosa divertente è che ci sono alcuni aspetti della politica europea, in particolare la politica economica tedesca, che danneggiano l’economia mondiale e meritano condanna. Ma Trump sta cercando la cosa sbagliata. L’Europa, infatti, non ci tratta male; i suoi mercati sono aperti tanto ai prodotti statunitensi quanto ai nostri in Europa. (Esportiamo circa tre volte tanto nell’EU che in Cina.)
Il problema, invece, è che gli europei, e in particolare i tedeschi, si trattano male, con una rovinosa ossessione per il debito pubblico. E i costi di quell’ossessione si stanno riversando sul mondo nel suo insieme.
Alcuni retroscena: intorno al 2010, politici e esperti di entrambe le sponde dell’Atlantico vennero affetti da un brutto caso di febbre dell’austerità. In qualche modo persero interesse per la lotta alla disoccupazione, anche se è rimasta catastroficamente alta, richiedendo invece tagli alla spesa. E queste riduzioni della spesa, senza precedenti in un’economia debole, rallentarono la ripresa e ritardarono il ritorno alla piena occupazione.
Mentre l’allarmismo sul debito ha governato sia qui che in Europa, alla fine è diventato chiaro che ci fu una differenza cruciale nella motivazione sottostante. I nostri falchi avversi al deficit furono, in effetti, ipocriti, che improvvisamente persero ogni interesse per il debito non appena un repubblicano dimorò alla Casa Bianca. I tedeschi, invece, gli diedero un vero significato.
È vero, la Germania costrinse le nazioni in difficoltà sul debito nell’Europa meridionale a castigarsi con tagli alla spesa, distruggendo le società; ma impose anche molta austerità su se stessa. L’economia nei libri di testo afferma che i governi dovrebbero presentare deficit in periodi di elevata disoccupazione, ma la Germania sostanzialmente eliminò il suo deficit nel 2012, quando la disoccupazione nell’area dell’euro era superiore all’11%, e quindi iniziò a registrare avanzi sempre crescenti.
Perché questo è un problema? L’Europa soffre di una cronica carenza di domanda privata: i consumatori e le società non sembrano voler spendere abbastanza per mantenere la piena occupazione. Le cause di questa carenza sono oggetto di molte discussioni, sebbene il colpevole più probabile sia la demografia: la bassa fertilità che ha lasciato l’Europa con un numero in calo di nuovi adulti in età lavorativa, il che si traduce in una bassa domanda di nuove abitazioni, di edifici per uffici, e così via.
La Banca centrale europea, la controparte europea della Federal Reserve, cercò di combattere questa debolezza cronica con tassi d’interesse estremamente bassi: di fatto, spinse i tassi al di sotto dello zero, cosa che gli economisti ritenevano impossibile. E gli investitori obbligazionari si aspettano chiaramente che queste politiche estreme durino a lungo. In Germania, anche obbligazioni a lungo termine – fino a 30 anni! – pagano tassi di interesse negativi.
Alcuni analisti ritengono che questi tassi di interesse negativi danneggino il funzionamento del settore finanziario. Sono agnostico su questo punto, ma ciò che risulta chiaro è che con la politica monetaria estesa ai suoi limiti, l’Europa non ha modo di rispondere quando le cose vanno male. In effetti, gran parte dell’Europa potrebbe già essere in recessione, e c’è ben poco che la banca centrale possa fare.
Vi è, tuttavia, una soluzione ovvia: i governi europei, e in particolare la Germania, dovrebbero stimolare le loro economie prendendo a prestito e aumentando la spesa. Il mercato obbligazionario li sta effettivamente implorando di farlo; in effetti, è disposto a pagare un plus alla Germania, prestandole a interessi negativi. E non mancano le cose sulle quali vale spendere: la Germania, come l’America, ha infrastrutture fatiscenti che hanno un disperato bisogno di riparazioni. Ma sborsare denaro non intendono farlo.
La maggior parte dei costi dell’ostinazione fiscale tedesca ricade sulla Germania e sui suoi vicini, ma ci sono alcune ripercussioni su tutti noi. I problemi dell’Europa hanno contribuito alla stabilizzazione di un euro debole, il che rende i prodotti statunitensi meno competitivi ed è uno dei motivi per cui la produzione americana sta scivolando verso il basso. Ma caratterizzarlo come una situazione in cui l’Europa si sta avvantaggiando sull’America ci si sbaglia del tutto e non è utile.
Cosa sarebbe utile? Realisticamente, l’America non ha la capacità di spingere la Germania a cambiare le sue politiche interne. Potremmo essere in grado di fornire un po’ d’intento persuasivo se la nostra leadership avesse credibilità intellettuale o politica, ma, naturalmente, non la possiede. C’è un ragione secondo la quale il mondo intero ha un problema con la Germania, ma spetta agli stessi tedeschi risolverla.
Una cosa è certa: iniziare una guerra commerciale con l’Europa sarebbe davvero una proposta perdente, ancor più della nostra guerra commerciale con la Cina. È l’ultima cosa di cui l’America o l’Europa hanno bisogno. Ciò significa che probabilmente Trump la farà.