
Daniel Cohen
Daniel Cohen[1] (professore di Scienze economiche presso l’Università di Parigi) scrisse “Ricchezza del mondo, povertà delle nazioni“[2] nel 1997, tradotto in Italia due anni dopo e pubblicato da Edizioni di Comunità, più di vent’anni fa. Un autore che aveva saputo leggere molto bene quel che stava accadendo nel mondo e che, allo stesso tempo, era stato così lucido da saper proporre anche buone soluzioni. Purtroppo, un testo poco letto, o letto troppo tardi, come nel nostro caso.
A cosa si possono attribuire le disuguaglianze e la disoccupazione che minano le fondamenta la tenuta delle nostre società? Quali sono le ricette da praticare per invertire la rotta?
Daniel Cohen arriva velocemente al cuore delle questioni ammonendo le forze politiche a non innamorarsi delle proprie incrollabili certezze partendo dal presupposto che la mondializzazione mercantilista è (era) un effetto della rapida crescita dell’offerta a basso costo di beni e servizi, non la causa.
Il professore, che insegna all’ École d’économie de Paris[3] – lo stesso istituto universitario che ospita Thomas Piketty – ci spiega che noi stessi siamo vittime di meccanismi dovuti alla nostra creazione, e pertanto è auspicabile essere altrettanto impegnati a dover, e poter, mettere in atto i correttivi (regole) senza accettare silenziosamente la tesi secondo cui per affrontare la competizione internazionale si debba necessariamente indebolire lo Stato sociale. Anzi, è proprio vero il contrario. Daniel Cohen anticipò il dibattitto critico che prenderà corpo nel decennio successivo con maggiore intensità, nel quale verranno proposti strumenti concettuali d’indagine inusuali e alternativi rispetto alla vulgata del tempo.
Nello specifico, sia per quanto attenne l’analisi politica – Dani Rodrik con il suo noto trilemma[4] e Colin Crouch, ove l’intellettuale britannico fotografò il cambiamento delle strutture agenti nel rapporto tra istituzione e società, dal cui epilogo concettualizzò un nuovo scenario che egli definì: “post-democratico” – sia per quanto concernette la contestazione rivolta verso l’analisi macroeconomica neoliberista.
In particolare su questo versante, è assai noto il biasimo di Joseph Stiglitz rivolto ai reggitori delle politiche economiche – ancora attualmente in vigore – sulla loro sostenuta ininfluenza del lato della domanda come obiettivo per il raggiungimento della piena occupazione; nonché sul divario inaccettabile tra salari reali e la crescente produttività in materia di beni e servizi, la cui causa produsse l’iperbole della corrente disuguaglianza cetuale. A ciò si aggiunse la miopia attribuita da Paul Krugman alla leadership dominante riguardo le nefaste conseguenze prodotte dagli squilibri strutturali internazionali delle partite correnti (globalizzazione anarchica, surplus cinese e tedesco). Infine – tema recentissimo – i corrosivi, ma dettagliati, appunti di Mariana Mazzucato sulla “riemersone” della ottocentesco fenomeno classificato come “rendita improduttiva”, oggi in chiave finanziaria[5].
A questi economisti potrebbe aggiungersi, significativamente per la sua collocazione sia economica sia politica, anche Paul De Grauwe, liberale già in passato appartenente al partito liberal-conservatore belga, secondo Paul Krugman stesso riconosciuto come uno degli economisti più influenti e abili nell’evitare il collasso e contribuire ad un leggera stabilizzazione della zona euro. il professore della KU Leuven, in passato sostenitore della globalizzazione, ormai da diversi anni si mostra decisamente propenso ad un sistema di forte regolazione della attuale fase, e molto critico nei confronti del sistema di svalutazione interna dell’eurozona e del troppo debole contrasto alle diseguaglianze patrimoniali e reddituali soprattutto nel mondo anglosassone.
Daniel Cohen già al finire del secolo scorso pensò che affrontare la mondializzazione internazionalizzando la politica istituzionale fosse puro velleitarismo destinato a impoverire la politica stessa e la partecipazione democratica. Il politologo francese non si nascose dietro a un dito e riconobbe che nel commercio globale ad avvantaggiarsi sono le persone che possono vantare un’alta professionalità, mentre la forza lavoro meno specializzata perde potere contrattuale, a meno che non venga difesa, o altrimenti posta nella condizione di acquisire nuove competenze, da un sistema pubblico attento alle screpolature sociali e tendenzialmente redistributivo.
In tempi non sospetti, propose forme di sostegno al reddito non molto dissimili dall’attuale “reddito cittadinanza” – nel caso specifico addirittura prive di quella condizionalità che contraddistingue la versione italiana – a vantaggio della popolazione attiva evitando il rischio d’incorrere nell’effetto di sostituzione e nella depressione dei livelli salariali.
Molto interessante e assai attuale risultò il passaggio che fece il professore parigino sul ritorno del protezionismo, la cui versione attuale la ritroviamo con il neologismo di “sovranismo”. Un film già visto, che con gli strumenti della protezione tariffaria – Robert Reich acerrimo oppositore – è destinato a ritorcersi contro gli stessi produttori come già avvenne negli USA all’epoca del protezionismo nell’industria siderurgica, che fu un boomerang per la stessa nel settore automobilistico. Una sorta di nazionalismo economico destinato a fallire oggi più che mai.
Un Daniel Cohen antesignano; un analista critico che seppe prevedere i mali e le attuali contraddizioni. Paradossalmente, la storia non celebra mai coloro i quali troppo anticipatamente prefigurano probabili scenari futuri in base a quelle che furono le oggettive condizioni di partenza.
Questo post vuole semplicemente tributargli il nostro tanto microscopico quanto tardivo riconoscimento per le sue brillanti intuizioni.
Giorgio Abonante
Giorgio Laguzzi
[1] https://www.parisschoolofeconomics.eu/en/cohen-daniel
[2] Richesse du monde, pauvretés des nations, Flammarion, 1997
[3] https://en.wikipedia.org/wiki/Paris_School_of_Economics
[4] https://democraticieriformisti.wordpress.com/2018/10/27/giorgio-laguzzi-il-futuro-dellunione-europea-e-il-trilemma-di-dani-rodrik/
[5] https://democraticieriformisti.wordpress.com/2019/01/19/mariana-mazzucato-cerchiamo-di-essere-pratici-parliamo-della-finalita-concernente-lattivita-economica/