Lord Mervyn King
Insomma, a circa 13 anni dal collasso del mercato avvenuto nel 2007 ci troviamo allo stesso punto di caduta: una montante crisi di liquidità e la quasi impossibilità di molte imprese (finanziarie e non) di rifinanziare le posizioni attive. L’allarme lanciato dal FMI la scorsa settimana, sebbene con netto ritardo, non lascia scampo a nessuna interpretazione ottimistica. https://it.businessinsider.com/il-qe-spaventa-il-fmi-circolano-34mila-miliardi-di-titoli-a-tasso-negativo-il-sistema-puo-esplodere/
Il meccanismo che condusse alla precedente crisi del 2007 e al presente stato d’incertezza è sorprendentemente simile a quello teorizzato dall’ipotesi d’instabilità finanziaria di Minsky. Il punto sta nel fatto che non si vollero ascoltare teorici come Paul Krugman e Joseph Stiglitz, i quali pur riconoscendo l’importanza degli “stabilizzatori automatici”, riferiti ai singoli saldi di bilancio compensativi (privato, pubblico, estero), suggerirono che un sostanzioso aumento della spesa pubblica in investimenti (istruzione, innovazione, salvaguardia dell’ambiente), in parallelo con gli stimoli monetari, avrebbe potuto tirarci fuori dal gorgo in cui il sistema economico internazionale affogò.
Invece no, si decise per l’austerity e la sola grande espansione (convenzionale o meno) della leva monetaria – sottolinea con amarezza Larry Elliot del Guardian, mettendo nero su bianco le preoccupazioni di Lord Mervyn King per ciò che non fu capito e che da oggi si dovrebbe urgentemente fare – da cui un aumento ancora più marcato della disuguaglianza di reddito.
Ma quello che accadde nei paesi europei più strutturalmente fragili come il nostro, avendo ceduto la sovranità monetaria, si è rivelato peggiore di quanto ci si aspettasse, sia a causa dell’imperfezione del meccanismo euro (Stiglitz), sia per effetto del moltiplicatore al contrario sulla riduzione della spesa pubblica (Keynes).
Rinunciando alla proprietà di paese emittente, in cambio di quella di semplice “utilizzatore” (non si può più stampare moneta) lo Stato italiano è costretto a prendere prestito denaro alle condizioni dettate dai mercati privati (spread). Questi di fatto sono sotto il tallone tedesco. Così, nonostante due decenni di avanzo primario positivo (saldo positivo della spesa pubblica al netto del servizio del debito) l’ammontare del nostro PIL, o reddito nazionale, non è lontano da quello conseguito alla fine degli anni 90.
Qualsiasi governo nazionale che decidesse di avviare una aggressiva politica industriale di crescita (in deficit) puntando a riscuotere benefici a medio-lungo termine, e soprattutto tesa alla riduzione dello stock del debito, non troverebbe l’avallo di Bruxelles, secondo cui “tutto è nel privato, niente contro l’iniziativa privata, nulla al di fuori dell’iniziativa privata”. Per cui manovre espansive (politiche di bilancio) in un solo paese UE 19 equivarrebbe a suicidarsi, checché la retorica governativa tambureggi. A seguito di ciò, la società italiana da tempo vive in un perenne stato di agonia, accompagnata da rigurgiti populisti e regressivi.
Sennonché, la legge del contrappasso è sempre dietro l’angolo: il marmoreo mercantilismo tedesco comincia a dare segni di sgretolamento. Se sarà recessione in Europa ben venga, ne coglieremo l’occasione per discutere con franchezza le cause, ed eventualmente dare una risistemata alla casa comune. Qualora ancora ci credessimo.
Lord Mervyn King, ex Chairman della Banca d’Inghilterra (BoE) – già accademico a Cambridge e precedentemente Economic Professor alla LSE – personaggio al centro del post successivo, il cui prestigio con l’andar del tempo è diventato inossidabile. King non nascose mai il suo scetticismo riguardo alla partecipazione del Regno Unito nell’area comune valutaria europea. In una recente intervista riguardo alla stabilità dell’euro rilasciò un commento lapidario: “la moneta unica europea è stata realizzata con un secolo di anticipo rispetto alla evoluzione socio economica dell’intero continente”.
The sluggish global economy needs to reform – and fast
Larry Elliott in Washington
Sun 20 Oct 2019 11.54 BST
Mervyn King’s IMF speech turned heads – dangerously little has changed since the 2008 financial crisis
Erano tutti lì. Mario Draghi, nelle sue ultime settimane come presidente della Banca centrale europea prima di passare il testimone a Christine Lagarde; Mark Carney, che lascerà la Bank of England a gennaio, a condizione che il governo britannico trovi il tempo di nominare un nuovo governatore; e Jay Powell, l’uomo che Donald Trump, ora si rammarica profondamente di averlo scelto per gestire la Federal Reserve.
Eppure a tutti questi membri dell’élite finanziaria la scena è stata rubata da qualcuno che si è ritirato sei anni fa dalla “Confraternita” delle banche centrali. Lord Mervyn King che si presentò a Washington[1] per partecipare alla conferenza presso la Per Jacobsson, Foundation un evento vetrina durante l’incontro annuale del Fondo Monetario Internazionale, e procedette a fare l’intervento di gran lunga più sbalorditivo della settimana.
L’argomento di King era semplice. Il rallentamento sincronizzato nell’economia globale identificato dal nuovo amministratore delegato dell’FMI – Kristalina Georgieva – è qualcosa di più che un fenomeno temporaneo. Invece, è un riflesso di come non siano stati affrontati i motivi che hanno prodotto la crisi finanziaria del 2008-09, la quale ha lasciato l’economia mondiale bloccata in una trappola permanente a bassa crescita.
I politici si sono congratulati con sé stessi per il modo in cui la loro reattiva azione al culmine del tracollo bancario nel 2008 impedì una ripetizione degli anni 30. Riducendo i tassi di interesse, creando nuova moneta elettronica e salvando le banche, i governi assicurarono che non vi era nulla di simile alla perdita di produzione o all’aumento della disoccupazione verificatesi durante la Grande Depressione (29).
Ma osservando i fatti mediante una diversa prospettiva, affermò King, il confronto non è così lusinghiero. Negli Stati Uniti, gli orrori economici degli anni 30 furono seguiti da una crescita incredibilmente rapida negli anni 40. Nel periodo successivo allo schianto di Wall Street vi fu un forte calo di attività, ma nel 1950 l’economia americana tornò dove sarebbe stata se avesse continuato il suo trend di crescita del 2% all’anno cumulato prima della grande depressione del 29.
Ora si prenda il periodo di 20 anni tra il 2008 e il 2028. Supponendo che l’economia americana cresca in linea con le previsioni del FMI di poco meno del 2% all’anno in media tra oggi e il 2024, la più grande economia del mondo dovrebbe risalire del 5,5% all’anno tra il 2025 e il 2028 per riguadagnare la sua crescita precedente al sentiero del 2008. Ciò appare come un obiettivo elevato dato che gli Stati Uniti non si sono nemmeno avvicinati a quei tassi di espansione in modo continuativo per mezzo secolo. Inoltre, gli Stati Uniti hanno registrato prestazioni molto più elevate rispetto ad altri paesi sviluppati: ad esempio, riprendendosi più rapidamente e crescendo più rapidamente della zona euro.
Ma la Grande Depressione portò a grandi cambiamenti nell’economia – la rivoluzione keynesiana – e questo spianò la strada a un ripensamento d’ordine politico. Lo stesso dicasi per la metà degli anni 70, quando il passaggio alla destra politica fu reso possibile da un gruppo di economisti che sfidarono l’ortodossia keynesiana.
Il punto di vista di King – e ha ragione – è che [gli avvenimenti passati] non sono per nulla minimamente paragonabili rispetto alla crisi finanziaria del 2008. [Attualmente] le economie sono state mantenute al passo con lo stimolo monetario – bassi tassi di interesse e allentamento quantitativo [QE] – ma nessuna delle questioni fondamentali venne affrontata.
Non è proprio il problema della legge dei rendimenti decrescenti, mediante cui ogni dose di stimolo si dimostra meno efficace nel potenziare l’attività rispetto alla precedente. E’ anche il fatto, come venne notato dall’FMI la scorsa settimana, che si stanno creando le condizioni per il prossimo crollo finanziario. Perché?
Perché quando le banche centrali inviano il messaggio che i tassi di interesse rimarranno bassi per sempre, ciò incoraggia gli individui e le aziende a cumulare debito.
Questo va bene fino all’arrivo di una recessione, [ma nel caso accadesse] questa fa perdere il lavoro alle persone e le aziende vedono il collasso della domanda di prodotti. In tali circostanze, il debito diventa non pagabile e un’ondata di fallimenti amplifica lo shock economico iniziale.
La maggior parte dei banchieri centrali è consapevole dei limiti della politica monetaria. Carney ha dichiarato a Washington che esiste il rischio di una trappola della liquidità globale in cui le persone accumulano liquidità e persino i tassi di interesse più bassi sono inefficaci. Draghi concorderebbe con l’FMI che paesi come la Germania e i Paesi Bassi dovrebbero ridurre le loro eccedenze di bilancio per ridurre un po’ la pressione sulla BCE.
A breve termine, i responsabili delle politiche si sposteranno verso un uso più attivo della politica fiscale, riducendo le tasse e aumentando la spesa pubblica. Il cancelliere britannico, Sajid Javid, dichiarò durante la sua visita a Washington della scorsa settimana che aveva senso prendere in prestito denaro per progetti infrastrutturali quando il governo lo poteva fare a tassi così bassi, e ha assolutamente ragione.
Ma con livelli di debito elevati, i governi saranno piuttosto cauti nell’implementare il tipo di stimolo fiscale che farebbe davvero la differenza. In ogni caso, la carenza globale della domanda è un problema strutturale che richiede una risposta strutturale.
Sia King che il suo successore hanno le loro soluzioni. Carney afferma che un grosso problema è che il dollaro è una valuta di riserva troppo potente dato che la quota statunitense del PIL globale si sta riducendo. Egli argomenta che i cambiamenti nella tecnologia rendono possibile prevedere una nuova valuta digitale che potrebbe essere fornita attraverso una rete di banche centrali e che alla fine sarebbe in grado di competere con il dollaro.
King afferma che devono esserci cambiamenti specifici per ogni singolo paese in modo che, ad esempio, Cina e Germania diventino meno dipendenti dalle esportazioni mentre altri paesi dipendano meno dalla proprietà commerciale.
Risolvere gli squilibri globali tra i paesi che risparmiano troppo e quelli che risparmiano troppo poco era un ritornello familiare di King quando ricoprì il ruolo di governatore della Banca d’Inghilterra. Il fatto che canti ancora la stessa canzone dimostra quanto poco il tutto sia cambiato. E questo è profondamente preoccupante.