Neanche 15 giorni e i festeggiamenti per la vittoria in Sardegna sembrano cedere il passo alle delusioni per la sconfitta in Abruzzo. Al di là dell’entusiasmo per la vittoria e delle normale delusione per la sconfitta, in realtà sono stati due momenti entrambi importanti per la crescita di una coalizione alternativa alle forze della destra. Coalizione che oltre che alternativa a qualcosa deve essere anche propositiva su un modello diverso di azione politica, come in effetti inizia ad intravedersi, seppur lentamente, nelle proposte politiche su cui porre una iniziativa comune e costruire un programma. Oltre ai temi specifici che si possono strutturare di volta in volta e che già esistono a livello locale, ci sono ad esempio due temi generali: salario minimo (e in generale questione delle politiche del lavoro) e rilancio della sanità pubblica. Su un terzo tema importante per il Paese, quello di un nuovo modello di politica industriale per la transizione verde ed energetica, persistono alcune differenze di veduta, ma passi avanti si possono fare, soprattutto mettendo in primo piano iniziative realizzabili davvero nel breve e medio periodo (come ad esempio lo sviluppo delle Comunità Energetiche Rinnovabili e una politica industriale per lo sviluppo delle biomasse, delle celle a combustibile e dell’idrogeno verde).
Esattamente come le tre forze di centrodestra sanno fare sintesi su temi che le avvicinano e invece superano altri temi per loro potenzialmente divisivi, come ad esempio l’architettura dello Stato, molto centralizzata per FdI e invece molto decentrata per la Lega, per non parlare delle posizioni in seno all’Europa spesso antitetiche tra Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia.
Quindi bene l’unità delle forze di opposizione nelle elezioni dove si presentino sistemi di tipo maggioritario, il che rappresenta una condizione necessaria, ma ovviamente non sufficiente. Necessaria perché senza di essa non risulta possibile neanche pensare di poter vincere o essere competitivi, come ad esempio la disfatta delle politiche 2022, oppure altre elezioni regionali o amministrative dove la divisione significa (o significherebbe) sconfitta sicura in partenza. Non sufficiente perché in alcuni casi può portare alla vittoria, mentre in altri può portare alla sconfitta, come si è visto in diversi casi che si sono succeduti negli ultimi due anni in diverse competizioni amministrative e regionali.
Pensare dunque che questo campo rappresenti un problema solo perché in alcuni casi è perdente è un errore al pari, anzi peggiore, di pensare che esso sia la soluzione finale e definitiva per vincere. Essa è, ribadiamo, condizione necessaria ma non sufficiente. Giusto perseguire la strada di avere coalizioni che sappiano aggregare attorno ad un programma comune e concreto candidati credibili e non divisivi, popolari e capaci di avere contatto con le varie fasce delle nostra società e del popolo. Giusto esultare ed entusiasmarsi quando arrivano le vittorie. Giusto essere delusi quando arrivano le sconfitte. Ma sempre dedicare tempo e riflessione a cosa imparare da ogni caso specifico.
Infine ci si dovrebbe dilungare in altre analisi; sia in termini più generali sulla fase del ciclo economico-politico, nella quale il campo progressista è rimasto troppo schiacciato dalla globalizzazione e dalle narrazioni positive e ottimistiche sul modello di sviluppo economico che ha caratterizzato la fase dagli anni 90 in poi e che in questo cambio di fase del capitalismo fatica a dare riposte credibili e consolidate ai cittadini, i quali trovano negli slogan di tipo identitario della destra un rifugio più sicuro rispetto a quelli sui diritti sociali e civili; sia in termini più particolari, dedicando qualche riflessione ed analisi sui numeri di queste elezioni e traendone spunti per capire quali partiti della coalizione abbiano sofferto maggiormente in questa fase e quali invece reggano e in taluni casi addirittura si espandano.
Questo ci porterebbe distante, nel campo delle annose analisi delle vittorie e delle sconfitte. Ci porterebbe nell’analisi della complessità, esercizio importante e utile, ma che esula dall’intenzione di questo post e che rinviamo ad altre sedi.
Sempre tenendo a mente, quando si affronta la complessità degli accadimenti, la tentazione che affliggeva i tessitori della mappa dell’Impero di Borges che Umberto Eco ci ricorda nel suo Secondo Diario Minimo essere un artificio per descrivere l’impero talmente in ogni suo minuscolo dettaglio al punto da arrivare a dover essere estesa su tutto il territorio, venendo perfettamente a coincidere con esso, e dunque risultando irrealizzabile e inutile.