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A portrait of Jonathan Swift by Rupert Barber 1745

A Modest Proposal

Quando si parla di povertà – o almeno riguardo alle formule che cercano di alleviarla (RdC) – si corre rischio di cadere nel trabocchetto ideologico: ovvero l’ennesimo e stucchevole dibattito tra coloro che la considerano una colpa esclusivamente da imputare al soggetto singolo (accidiosi, sfaticati, oziosi) e qui ci troviamo nel campo del conservatorismo liberale; in contrapposizione ai sostenitori secondo cui essa è principalmente dipesa dalle condizioni che ineriscono il contesto storico economico di un dato territorio, nonché dalla coscienza collettiva dell’intera popolazione di cui fa parte (sottosviluppo), ed entro la quale il singolo individuo ne è sostanzialmente “catturato” a tal punto che per lo stesso sia difficile, senza un aiuto esterno, uscirne (socialismo umanitario e liberale).  

Personalmente, ritengo che questo conflitto fu risolto da John M. Keynes negli anni 30’ del secolo scorso capovolgendo lo stretto rapporto causa-effetto, vigente fino a quel tempo nell’ortodossia economica, secondo cui il “risparmio” dovesse anticipare comunque e sempre l’ “investimento”. Tuttavia, senza dover entrare in questo annoso dibattito che assilla ancor oggi e divarica il pensiero economico post-moderno tra le due fazioni contrapposte, ritengo che chi crede nei valori della socialdemocrazia non debba mai sottovalutare il dramma della povertà e del sottosviluppo, allontanando da sé ogni tentativo volto a considerarli come problemi irrisolvibili dettati da una sorta di processo darwiniano, perennemente insito nel consorzio umano.

In corrispondenza di ciò, ho pensato che non ci fosse cosa assai stupefacente se non l’utilizzo dell’espediente satirico per denunciare lo squallore di certe affermazioni del governo di centro destra e la neghittosità con la quale parte del centro sinistra ha eluso negli ultimi decenni tale questione, affidandomi, nel caso specifico, a un illustre caposaldo della letteratura, e in particolare di quella libellista inglese, erroneamente noto in tutto il mondo come presunto autore di libri per ragazzi, Jonathan Swift.

L’autore dei The Gulliver’s Travels – a tutti i minori si autorizza la lettura di Lilliput, mentre viene assolutamente bandito il IV° libro, quello sugli Yahoo – è considerato dalla critica letteraria internazionale uno dei più eccellenti fustigatori dei difetti della razza umana. Provocatore audace con la sua tagliente satira, magistrale nel dipingere bozzetti polemici, in cui il paradosso incrocia talvolta il burlesco, Swift, che già al tempo godeva di un’autorevolezza indiscussa nel campo delle lettere, si batté nel corso della sua vita contro l’indifferenza della Corona, della ricca aristocrazia e della florida borghesia commerciale inglese verso la diffusa miseria che spaziava nel nord dell’Inghilterra, ma in particolar modo in Irlanda, ove alcune centinaia di persone giornalmente morivano letteralmente di stenti.

Sfiduciato dalla totale indifferenza di politici e maggiorenti, Swift cerca nell’artificio retorico della parodia satireggiante per destare l’attenzione di chi legge. Lo fa in modo mirabile con un linguaggio freddo e compassato, facendo sì che la mostruosità e la violenza del contenuto appaia come se si trattasse di una proposta perfettamente razionale adatta alla soluzione del caso specifico.

Nel 1727 Swift pubblica un pamplhet dal titolo lunghissimo, che con il correre del tempo sarà ricordato con solo tre parole: “A Modest Proposal”. Noi ne traduciamo un breve stralcio.

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…“E’ cosa malinconica per coloro che camminano per questa grande città o viaggiano nel paese, vedere per le vie, le strade, le porte delle casupole affollate di questuanti di sesso femminile, seguite da tre o quattro o sei bambini, che importunano ogni passante per avere un’elemosina. Queste madri, non potendo lavorare per mantenersi onestamente, sono costrette a passare tutto il loro tempo mendicando il sostentamento dei loro figli inermi, i quali crescendo diventano ladri per mancanza di lavoro, o lasciano l’amata terra natia per combattere al soldo del Pretendente di Spagna, o vendersi alle Barbados.

Quanto a me, avendo da molti anni rivolto la mia attenzione a questo importante argomento (le forme di assistenza d’attuare in favore dei figli di genitori poveri), e dopo aver obiettivamente valutato le varie proposte degli altri “progettatori” ho sempre riscontrato i loro calcoli grossolanamente errati. E’ vero che un bambino appena deposto dalla madre può essere mantenuto per un anno solare dal latte di lei e da poco altro mantenimento – per l’ammontare di due scellini al massimo – che la madre è certamente in grado di procurarsi, in monete o in avanzi di corrispondente valore, con la legittima occupazione della mendicità. Ed è esattamente a un anno d’età che io propongo di provvedere loro in modo tale che, invece di essere a carico dei loro genitori o della parrocchia, o di restare senza cibo ed aiuti per il resto della loro vita, essi, al contrario contribuiranno a nutrire e, in parte, a vestire molte migliaia di persone.

Mi viene assicurato dai nostri mercanti che un bambino o una bambina non sono smerciabili prima d’aver dodici anni, e che anche giunti a questa età non rendono più di tre sterline e mezza corona alla vendita, la quale non può essere vantaggiosa né per i genitori, né per il regno, essendo state le spese per il loro nutrimento e per i loro stracci almeno quattro volte il valore di tale somma. Io esporrò dunque umilmente la mia proposta, che spero non darà adito alla minima obiezione.

Un americano molto competente, che ho conosciuto a Londra, mi ha assicurato che un bambino sano e ben nutrito è, all’età di un anno, un cibo quanto mai squisito, nutriente e salutare, sia che lo si faccia stufato, arrostito, al forno o bollito; e io non ho dubbi che sia ugualmente buono per una fricassea o per il ragù. Sottopongo perciò alla pubblica attenzione la proposta di riservare ventimila dei centoventimila bambini già menzionati, all’allevamento, di essi solo un quarto dovrebbero essere maschi (il che è già più di quanto si conceda alle pecore, agli equini e ai suini) e ciò per il semplice motivo che tali bambini sono raramente il frutto di matrimonio, un vincolo questo che i nostri selvaggi non fanno gran caso; perciò un maschio sarà sufficiente per quattro femmine. E così i restanti centomila potranno, all’età di un anno potrebbero essere offerti in vendita alle persone ricche e nobili di tutto il regno; e si dovrà sempre raccomandare alle madri di lasciarli succhiare abbondantemente nell’ultimo mese, in modo da renderli pieni, grassi e adatti alle buone tavole. Un bambino basterà per due piatti in un banchetto per amici, e quando la famiglia cena da sola, il quinto anteriore o posteriore sarà una porzione sufficiente e condito con un po’ di pepe o di sale, sarà molto buono lesso il quarto giorno, specialmente d’inverno.

Io proclamo, in piena sincerità di cuore, che non vi è il minimo interesse personale nei miei sforzi di promuovere quest’opera indispensabile, non avendo altro scopo che quello di contribuire al bene del mio paese dando impulso al nostro commercio, soccorrendo l’infanzia, aiutando i poveri e procurando qualche gioia ai ricchi. Io non ho bambini dai quali possa propormi di ricavare anche solo un mezzo penny, essendo il più giovane dei miei figli di nove anni, ed avendo mia moglie già superata l’età della procreazione.”

Jonathan Swift, A Critical History of English Literature, David Daiches, The Ronald Press Company, London UK.

…It is melancholy object to those who walk through this great town or travel in the country, when they see in the street, the road and cabin-doors crowded with beggars of the female sex, followed by three, four, or six children, all in rags, and importuning every passengers for an aims……..

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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