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(Bick took an unusual morning stroll around Birch Wood)

…As soon as Janet closed her bedroom door she began to feel a general feeling of unease. She felt like she was out of breath and she noticed that her forehead was beaded with sweat…

…Non appena Janet chiuse la porta della sua camera da letto cominciò a sentire una sensazione di malessere generale. Le pareva che le mancasse il respiro e notò che la sua fronte era perlata di sudore. Il primo conato di vomito la sorprese mentre si stava spogliando, sudava freddo, d’istinto aprì la finestra come per cercare di ossigenarsi, non fece tempo a dischiudere gli scuri che ebbe una seconda contrazione, questa fu tanto inattesa quanto devastante. Riuscì a malapena a sporgersi e vomitò nel giardino sottostante. Il conato fu talmente violento che le sue gambe si “afflosciarono”, finì per inginocchiarsi con la testa tra le mani e con le braccia poggianti sul davanzale.

L’aria era gelida, sentì freddo, si rialzò e rinchiuse la finestra, si recò in bagno, si sciacquò, arrivarono altri due conati meno intensi dei precedenti, stava quasi per svenire, si fece passare un asciugamano intriso di acqua gelata prima sulle tempie poi sulla fronte.

Ebbe la sensazione di stare meglio, ma percepiva un senso di forte spossatezza. Rientrò nella sua camera, si distese sul letto, improvvisamente le pareti cominciarono a girare intorno a lei; si rialzò, stava quasi per chiamare aiuto, ci ripensò, si sedette sulla poltroncina. Aveva il battito fortemente accelerato e la sensazione che il suo cuore le scoppiasse in gola. Cercò di calmarsi e per la seconda volta si distese sul letto addormentandosi per qualche ora.

Si svegliò di soprassalto, intorno a lei tutto buio, cercò a tentoni l’orologio, guardò l’ora, erano quasi le cinque del mattino, si accucciò nuovamente sotto le coperte. Aveva un gran mal di testa, la tempesta era passata ma si sentiva confusa, quasi inebetita. La figura di Duncan cominciò a profilarsi nella sua mente, srotolò nella sua immaginazione quella pellicola che documentava la sua storia con quel bel giovanotto gallese. Si rivide il filmato istantanea per istantanea: il Quill Inn, la spiaggia di Brighton, la sua partenza e infine quella breve licenza dal fronte passata interamente insieme in quello spoglio alberghetto della periferia londinese, un episodio che nascose non solo al mondo intero ma anche a sé stessa.

Il corpo non mente mai, si può far finta di non essere coinvolti, si può addirittura nascondere un dolore palesando gioia, ma alla fine si paga il prezzo e ora quel tributo Janet lo stava onorando pesantemente in quanto non volle mai confessare a sé stessa la verità: Janet era follemente innamorata di Duncan. Lady Nettles provava per quell’uomo un’attrazione irresistibile, ogni qualvolta che lo vedeva un brivido le attraversava il corpo, l’emozione spazzava via le sue fragili sicurezze, le sue brillanti argomentazioni s’insterilivano perdendo la loro solita efficacia, le pareva di sentirsi quasi soggiogata dalla sua prorompente personalità. Forse anche per queste due ultime condizioni Janet si nascose per anni la verità. In fondo non sopportava l’idea di essere alla mercé di qualcuno da cui non riusciva sottrarsi. Pareva che fosse rapita da un incantesimo e questo stato di asservimento le procurava un certo fastidio tanto che respinse più volte le offerte di Duncan per poi macerarsi nello struggimento per non averle accettate.

Quel giorno del 26 dicembre 1944 cominciava a presentarsi con un pallido chiarore, erano quasi le sei e Janet aveva trascorso quell’ora completamente sveglia tra soffocati singhiozzi, mentre occhi e guance inumidite dal colare delle lacrime venivano saltuariamente asciugati da un fazzoletto di cotone indiano. Janet decise che non sarebbe rimasta un secondo più nel suo letto; si alzò, si vestì in un batter d’occhio, calze e calzoni grigi di lana, una camicetta di flanella  bianca, un foulard di seta al collo e infine un trecciato pullover Shetland da montagna; si sciacquò solo la faccia con quella poca acqua che era rimasta nel catino della toeletta Desiderava uscire all’aria aperta ma s’impose di non far troppo rumore di modo che nessuno se ne potesse accorgere.

Dopo aver indossato degli scarponcini e un giaccone di fustagno aprì con circospezione la porta evitando di far cigolare i cardini, la richiuse con la stessa accortezza e con passo felpato si avviò verso la scala. Impossibile non far scricchiolare il parquet di legno, cosicché quando arrivò al primo gradino vide laggiù distintamente Bick, il grande scottish collie che la fissava con il suo sguardo indagatore. Il cane aveva immediatamente riconosciuto Janet e pareva che le dicesse

Che fai lì a quest’ora?

Lady Nettles portò il suo dito indice in posizione eretta verso il proprio naso facendogli segno di stare in silenzio. Bick appuntì le orecchie e inclinò la testa non smettendo di osservarla

Ah, ma allora hai deciso di uscire?

Janet raggiunse il cane ai piedi della scala sussurrandogli

Zitto, io esco”.

Bick ebbe un fremito di gioia, si leccò i baffi e scodinzolando seguì immediatamente la sua padrona. Non ci fu verso per convincere il collie che avrebbe dovuto rimanere in casa, non appena Janet aprì la porta d’ingresso Bick, al fine d’evitare inutili “discussioni” sgattaiolò fuori come un fulmine. Mentre Lady Nettles attraversava il cortile, il cane era giunto al cancello d’ingresso, si fermò, voltò il muso verso Janet come dire “Sei ancora lì? Dove andiamo adesso?” Bick attese l’arrivo della padrona, Janet svoltò a sinistra e s’incammino come se volesse raggiungere il paese, ma dopo un centinaio di iarde decise di percorrere quel sentiero tra le colline che portava all’Hubber Forest. Camminò per circa mezz’ora, l’aria era fresca, la bruma nelle valli alzava la sua coperta verso il cielo e il sole cominciava a indorare il paesaggio, sprazzi di neve gelata come bianche linguine lambivano i fossi del sentiero. Da lì a qualche centinaio di metri Janet avrebbe raggiunto Clear Fountain, una fonte di acqua sorgiva sul culmine della collina. Colà giunta si sciacquò la bocca per liberarsi di quel cattivo gusto di vomito che le provocava ancora nausea. Gli abitanti del posto sostenevano che quel sito fosse magico.

Si racconta che nel medioevo centinaia di contadini giungessero da ogni dove per bere l’acqua della giovinezza a Clear Fountain. Janet se lo chiese molte volte se quel posto fosse nientemeno che un luogo come tanti in Inghilterra su cui si ricamano sciocche leggende popolari senza senso o che ci fosse qualcosa di vero. Alcuni dolmen d’origine antica, chissà druidica o sassone, sparsi nei campi adiacenti facevano propendere per la seconda ipotesi. Ciononostante, sorseggiò solo un po’ di acqua fresca, mentre Bick, più credulone, si riempì a dismisura lo stomaco finché cominciò a tossire ripetutamente.

Bravo scemo” gli urlo Janet, il collie continuò a tossire, poi alzò gli occhi e con uno sguardo languido di chi si sente in fallo pareva che le dicesse

Beh, capita a tutti, avevo sete, sai dopo due o tre pisciatine ci vuole il ricambio!

Raggiunto il punto più alto del colle Janet inforcò uno stretto sentiero in discesa, raggiunse un ponticello sotto il quale scorreva un ruscello impetuoso, qualche centinaio di iarde un po’ più in là il declivio della collina si faceva più dolce e il tracciamento sbucava sulla strada acciottolata che conduceva al podere dei Forrester. Janet si volse indietro e non vide più Bick, ritornò sui suoi passi e scorse il cane che procedeva lento e cauto lungo il pendio. Al collie di famiglia non sono mai piaciute le discese. Avendo ereditato la groppa alta da levriero inglese Bick temeva di capottarsi così come accadde due anni fa quando era ancora cucciolo. Si prese un tale spavento quel giorno che ogni volta, dovendo affrontare un piano inclinato, procedeva con massima circospezione come se dovesse misurarsi in una prova d’ardimento.

Bick che fai sbrigati” gli urlo Janet.

Il cane non si scompose procedendo sempre con cautela, finché superato il patimento sfrecciò al galoppo per una decina di iarde sulla superficie piana. Ansante si fermo ai bordi della strada inghiaiata e voltandosi verso la sua padrona sembrò dirle:

Beh, adesso che fai? Prendimi se sei capace”.

Janet percorse per qualche miglio la strada dei Forrester, finché questa si congiunse con la provinciale per Abindong-on-Thames. Il cane e la sua occasionale compagna d’avventura mattutina avevano di fatto circumnavigato la proprietà dei Nettles, per cui si trovavano a poche miglia dall’abitazione principale. Da lì si poteva vedere Greenfield Courtyard e accanto l’abitazione di Polly Cox. L’angolo confinante tra la proprietà di famiglia e quella dei Forrester era segnato da due betulle. Le piantò il padre William quando nacquero le due figlie. Janet si sedette sul terreno umido fradicio di foglie morte, mentre Bick ispezionava il terreno alla ricerca d’interessanti puzzette. Passò circa una buona mezz’ora, Janet pensava a Duncan, Bick, che si era messo in posizione di sfinge accanto alla betulla della sorella Judith, invece alla sua mancata pappa mattutina.

Verso le 10 a casa Nettles a causa della inattesa e prolungata assenza di Janet cominciò a incombere sulla famiglia la paura dell’incidente o peggio lo spettro di un rapimento. Sebbene la scomparsa anche di Bick rassicurò gli animi, in quanto era prevedibile che Janet fosse con il cane, per cui l’allontanamento di entrambi faceva presupporre una straordinaria, quanto mai insolita, passeggiata mattutina, tuttavia la figlia maggiore dei Nettles raramente aveva disertato il breakfast delle 8,30 se non per motivi di salute o per occasioni eccezionali. Il padre Williams si era già recato dai Cox più volte per chiedere se avessero per caso incontrato Janet, ma Polly, anch’ella che si mostrò via via molto preoccupata, puntualmente gli rispose di non averla vista. Verso le 10,30 si decise di fare una battuta nel circondario. Parteciparono i Cox al completo: il padre Harold, Polly e il giovane Neville, tutta la famiglia Nettles e alcuni lavoranti saltuari di Greenfield Courtyard.

Janet, Janet” urlavano tra le dolci colline del circondario, ma di Janet nemmeno l’ombra. William risalì verso la sua abitazione convinto che a questo punto si dovesse chiamare la polizia di Abindong-on-Thames. Stava già per comporre il numero quando alzò lo sguardo e vide la lunga figura di Percival. Il suo fidato autista, avanzava verso di lui zoppicando.

Se permettete signore farei un giro con la macchina, prima di chiamare il Constabulary di Abindong”.

Sebbene Percival fosse uno dei tanti dipendenti della Nettles, William tenne sempre in considerazione i suoi commenti o le sue valutazioni, ebbe per lui più delle volte un maggiore rispetto di quanto ne avesse per il ricchissimo Lord Geoffrey Claredon o per quell’affettato Lord Sturge suo futuro genero. “Va bene Percival fai pure, ma se non la trovi ci rechiamo a Abindong dall’ispettore Bright ”.

Percival mise in moto la fiammante Bentley nera 4 litri Conceptcarz e si avviò in direzione Sutton Courtnay.

Nel mentre, laggiù alle due betulle, Bick mostrava segni di irrequietezza, appuntiva le orecchie come se avesse udito dei suoni famigliari provenienti dal circondario. Si alzava e si accucciava continuamente, ogni tanto voltava il muso verso Janet e non avendo ottenuto la sua dovuta attenzione incominciò a guaire. Nemmeno in questo caso Lady Nettles, assorta nel suo dolore per Duncan, gli diede ascolto. Il cane sempre più infastidito dall’indifferenza della sua padrona, dopo aver leccato più volte il suo tartufo si mise nuovamente ad abbaiare sollecitando una risposta.

Smettila Bick”, urlò Janet.

Il collie la fissò piegando leggermente il capo e non ritenendo opportuno il comando impartitogli abbaiò nuovamente. Poi come rapito da qualcosa drizzò nuovamente le orecchie e voltò il muso verso la strada. Di scatto trotterellò in quella direzione, si fermò ai bordi puntando il muso verso ovest. Gli parve di sentire un rumore e abbaiò voltandosi verso Janet. Dopo alcuni minuti si sentì chiaro lo scoppiettio di una motore, era la Bentley di Percival. Questa volta anche Janet si destò dal suo torpore. Bick riconobbe la macchina e come se fosse elettrizzato iniziò a correre avanti e indietro abbaiando. Percival si fermò, aprì la portiera, Bick eccitato dall’incontro corse verso l’autista girandogli intorno scodinzolando in segno di festa. Janet, seduta accanto alla betulla, rimase immobile aveva gli occhi velati dalle lacrime. Percival  tirò fuori dalla tasca un fazzoletto bianco lo porse a Lady Nettles dicendole:

Milady la mattina è molto fredda e con questa brezza invernale gli occhi talvolta lacrimano”. Janet asciugandosi i rivoli che scendevano sulle sue rosse guance rispose,

Si Percival, molto fredda, non pensavo che fosse così gelida, grazie”.

Torniamo a casa Lady Janet?

Sussurrò il vecchio autista nell’atto d’inchinarsi verso quella giovane figura tanto immobile quanto ormai rassegnata.

Si Percival, torniamo a casa”.

Ci volle un quarto d’ora prima che si imboccasse il viale alberato che portava a Greenfield Courtyard. In quel lasso di tempo Janet e Percival non scambiarono una parola, mentre Bick, impaziente per la sua pappa, era intento a osservare il panorama con il muso al di fuori del finestrino.

Percival ebbe intuito fin dalla notizia della scomparsa di Janet il dramma che aleggiava su di lei, forse poiché era lui l’incaricato a distribuire la posta ai Nettles ogniqualvolta che costoro si riunivano a Sutton Courtnay. Percival da circa tre anni consegnava a Janet le solite due lettere ogni settimana. Pur provenendo da due emittenti diversi, egli capì che erano entrambe corrispondenze di guerra. Da circa un mese Percival notò che dal fronte francese non arrivava più nessuna notizia. Capitò casualmente che il fidato autista dei Nettles udì un giorno Janet singhiozzare da sola nel salotto e da ciò fu facile per lui, reduce dal sanguinoso conflitto anglo-boero e dalle barbarie della Somme, capire che cosa fosse successo. Inoltre, Percival, che conosceva Janet sin dalla sua prima infanzia e che provava per lei un profondo sentimento paterno, era al corrente dei luoghi segreti dove Janet da bambina si rifugiava ogni qual volta a lei pareva di non essere sufficientemente amata dalla famiglia. Le due esili betulle in quell’ampio fondo valle vicino al ruscello era un posto ove Janet in silenzio stemperava il suo dolore.

As soon as Janet closed her bedroom door she began to feel a general feeling of unease. She felt like she was out of breath and she noticed that her forehead was beaded with sweat…

Daphne Mary Sharp, 96 – Swansea, Wales,  UK – Draft not yet published. Translation authorized by the author.

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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