Riccardo Lera, Responsabile Provinciale Forum Sanità del Partito Democratico
UN PIANO SOCIO-SANITARIO CHE RACCONTA MA NON RISOLVE
Considerazioni Generali
Tutti sappiamo come sia importante affrontare il dualismo fra salute ed economia, cioè fra la necessità di difendere un diritto sancito dall’articolo 32 della costituzione, l’unico fra tutti i diritti definito dai padri costituenti come fondamentale, e le risorse necessarie atto a garantirlo. Conosciamo tutti il progressivo sottofinanziamento operato negli ultimi trent’anni dai governi che si sono succeduti, accompagnato da riforme che progressivamente hanno indebolito il SSN, ad iniziare, nel 1992, dalla legge 502 voluta dal ministro, Onorevole De Lorenzo, che introdusse i processi di aziendalizzazione e regionalizzazione e da processi di tipo privatistico, sorretti dal mondo delle assicurazioni che, distando anni luce dal sistema universalistico sancito dalla legge 833 del 1978, istituente il SSN, ne hanno minato le fondamenta.
In virtù di quella riforma, come cittadini siamo qui a confrontarci con 21 servizi sanitari regionali diversi e, per quanto ci riguarda direttamente, con il rinnovo del Piano Socio-Sanitario della Regione Piemonte per il quinquennio 2025 – 2030.
In quest’ottica, visti i costi crescenti ed incomprimibili dei processi di diagnosi e di cura, crediamo sia importante incentivare la prevenzione garantita a livello territoriale. Sappiamo infatti tutti che se si intercetta una malattia per tempo, minimizzandola, o addirittura evitandola, si riducono i costi necessari per diagnosi e cure più complesse. Sappiamo quanto questo sia necessario in Italia, dove si assiste al progressivo invecchiamento della popolazione e al conseguente aumento delle malattie croniche. Tuttavia ciò in Italia purtroppo non accade nella misura necessaria, per carenze politiche, normative e organizzative.
Mi permetto, ad esempio, di osservare come la sovrapposizione di aziende sanitarie locali e ospedaliere all’interno di uno stesso territorio non faciliti la collaborazione volta al raggiungimento della governance necessaria alla realizzazione di obiettivi di salute comuni.
E a conferma di ciò, nonostante negli ultimi decenni la principale mission delle aziende sanitarie sia stata il contenimento della spesa e il pareggio di bilancio, questo non è stato nuovamente raggiunto e il Piemonte rischia nuovamente un piano di rientro poiché il disavanzo attuale si aggira intorno ai 720 milioni di Euro. Insomma è vero che la sanità è sotto finanziata, ma è altresì evidente che si spende male.
La bozza del piano
Abbiamo letto con attenzione la bozza del piano che genera molte perplessità perché si tratta di un piano descrittivo che fotografa una realtà complessa senza indicare azioni concrete, scadenze né indicatori di valutazione. Vi è una visione centralizzante del welfare, limitando il ruolo dei Comuni nella gestione dei servizi territoriali. Vi è inoltre uno squilibrio fra edilizia e cura, poiché a fronte di investimenti infrastrutturali pari a 4,5 miliardi vi è una scarsa attenzione al problema del personale: senza medici, infermieri e operatori i nuovi ospedali rischiano di restare dei contenitori vuoti. Infine visto il deficit del bilancio non vi sono enunciate le aree dove necessariamente la Regione dovrà risparmiare.
Di tutti i punti presenti nella bozza del piano, dagli anziani non autosufficienti, alle persone con problematiche Mentali, dalle Dipendenze alle liste e tempi di attesa, dalle problematiche sociali alle condizioni di disabilità, voglio soffermarmi per limiti di tempo solo su alcuni.
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Il territorio
Insieme alla provincia di Biella che, nell’indice di vecchiaia ha toccato il valore di 306,6, Alessandria, seconda a 273, ha un rapporto tra anziani e giovani fortemente squilibrato, circa di 3 a 1 e si colloca all’ottavo posto fra le 107 province italiane con un ovvio aumento dell’incidenza e della prevalenza delle malattie croniche. Ad esempio la nostra provincia ha il triste primato italiano di mortalità per tumore. Siamo infatti 107esimi su 107 province. Inoltre, secondo il Sole 24ore, vantiamo altri tristissimi record: come medici di base siamo 105esimi su 107, come geriatri 100esimi su 107, 82esimi su 107 come migrazione sanitaria e 106esimi su 107 per indice complessivo di salute che viene calcolato su 12 parametri, tra i quali la mortalità per tumore e infarto, l’accesso limitato ai servizi sanitari e la bassa dotazione di personale medico e infermieristico.
La prevenzione che ci permetterebbe di risparmiare va ovviamente condotta sul territorio dove vi sono, nella nostra provincia, secondo un report dell’Università Bocconi, criticità in termini di adesioni allo screening oncologico, un non ottimale tasso di copertura per la vaccinazione contro varicella, meningococco B e pneumococco, bassi livelli di copertura vaccinale negli over 65 e con patologie croniche, ed altrettanto per il papilloma virus nei giovani. Le sorveglianze attive su bambini e adolescenti segnalano la persistenza, e in alcuni casi l’aggravamento, di problemi di salute (obesità) e di stili di vita non salutari mentre dopo la pandemia sono esplose le problematiche nell’adolescenza di ordine neuropsichiatrico. La rete di prevenzione territoriale non individua il target per le Infezioni Sessualmente Trasmissibili (IST), ma al di là di questi aspetti tecnici vi è in generale una frammentarietà della sanità territoriale che il piano sanitario in itinere deve assolutamente affrontare. Detta frammentarietà è attestata, sempre dal documento della Bocconi, dove si evidenzia che il documento piemontese di recepimento del DM 77, stabilente gli Ospedali di Comunità, le Case della Comunità e le Centrali Operative Territoriali (COT), è particolarmente incentrato sulla descrizione del modello territoriale in essere, ma detto documento regionale, il DGR 257/22, non scioglie nessuno dei trade off strategici del DM 77.
E la bozza del piano attualmente disponibile del piano cosa dice?
A parte che non è chiaro il numero degli Ospedali di Comunità (OdC) in Provincia di Alessandria (4 secondo la Regione, 3 previsti dall’ASL), 9 dovrebbero essere le Case di Comunità Hub, 4 quelle Spoke e 4 le COT (Centrali Operative Territoriali). Tuttavia non si capisce come queste nuove realtà si integrino con quelle già esistenti, chi le coordini e soprattutto quale è il ruolo in questo caleidoscopio dei MMG e dei PLS con le cosiddette Aggregazioni funzionali territoriali. Mancano in provincia sia i medici che i pediatri di famiglia. Che soluzioni vuole adottare la Regione? Tutti pensiamo che le Case di Comunità possano essere di grandissimo aiuto a risolvere i problemi della medicina territoriale, ma il nocciolo della questione è proprio questo: chi vi lavorerà? Quali sono le forze umane che le animeranno? Ma soprattutto quali MMG e PLS sostituiranno i pensionamenti? Una volta accertata la zona carente perché non velocizzare burocraticamente le procedure di sostituzione? Non ho risposte a questa domanda, ma so che, aneddoticamente, in questo momento Novi Ligure ha solo un pediatra di libera scelta.
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La situazione ospedaliera
Secondo l’analisi della Bocconi sulle aree geografiche piemontesi, quelle che mostrano ancora una elevata frammentazione tra presidi ospedalieri sono le aree di Alessandria e del torinese.
Un aspetto critico in tal senso è la disomogeneità nella distribuzione delle specialità, con ospedali che talora offrono servizi ridotti o, a volte, si sovrappongono per competenze e risorse, con reparti simili. Inoltre non esiste una regia di quadrante fra ASL e AOU, come è inevitabile con due dirigenze diverse.
A questa situazione si osserva con una certa preoccupazione le incertezze riguardanti la realizzazione del nuovo ospedale di Alessandria, poiché, a tuttora, non si comprende a chi competerà la sua realizzazione dal punto di vista economico, se l’INAIL o una partnership pubblico/privata. Inoltre, sempre al momento, non esiste alcuna delibera del consiglio regionale attestante una concreta progettazione per il futuro.
La provincia di Alessandria sta affrontando una grave crisi di personale sanitario, che coinvolge sia l’ASL AL che l’AOU di Alessandria. Le carenze strutturali e il ricorso a soluzioni temporanee, i cosiddetti gettonisti, stanno compromettendo la qualità dell’assistenza e la tenuta del sistema ospedaliero.
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Situazione ASL
Per quanto riguarda le carenze mediche, l’ASL AL ha attivato appalti esterni per coprire reparti come anestesia, pediatria, ginecologia, radiologia, psichiatria, ortopedia e medicina d’urgenza mentre l’Autorità Nazionale Anti Corruzione ha avviato un’istruttoria per verificare la legittimità e la continuità di questi contratti. I concorsi pubblici risultano spesso deserti, con difficoltà nel reperire personale strutturato. Il 31 luglio 2025, andando in scadenza gli appalti con i gettonasti e dovendo assicurare le ferie al personale medico e infermieristico strutturato, che soluzioni sono state previste?
Le carenze infermieristiche sono notevoli ed il piano straordinario regionale del 2024 ha portato all’assunzione in tutta la Regione di soli 279 infermieri su 674 previsti. Poco sappiamo infine sui programmi di reclutamento internazionale, avviati dall’assessorato, in particolare dall’Albania.
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Situazione AOU
Il Pronto Soccorso dell’AOU (Dati 2023) ha solo 5 medici strutturati su 21 previsti, con copertura affidata anche qui a liberi professionisti e gettonisti. Anche reparti specialistici come geriatria, oncologia, pneumologia e psichiatria sono in sofferenza. 91 infermieri sono stati “prestati” al servizio 118 tramite convenzione con Azienda Zero, oggi scaduta, mentre personalmente ci risulta che il sindacato Nursind ha chiesto un tavolo urgente per evitare trasferimenti forzati o perdita di posti mentre si registrano dimissioni volontarie e burnout, con difficoltà nel trattenere il personale.
Il numero totale degli infermieri nelle due aziende è di 750 e calcolando per una popolazione di 430.000 abitanti, il fabbisogno totale in 2.580 unità, si comprende quanto sia drammatica la situazione.
C. Area Materna Infantile
Criticità
Vi sono ancora in Regione alcuni punti nascita sotto i 500 nati, ed è stata rilevata una mobilità significativa delle donne in gravidanza in alcune province. Vi è inoltre una crescita nelle prestazioni di neuropsichiatria infantile con un incremento delle prestazioni specialistiche e dei consumi di farmaci.
Considerazioni personali
Sui punti nascite le mie brevissime considerazioni sono quelle di un tecnico con un’esperienza, purtroppo per me, ormai quarantennale. Un punto nascite con meno di 500 parti l’anno espone madre/bambino a rischi notevoli e un punto nascita con più di 500 parti l’anno, ma condotto da medici gettonisti, espone madre/bambino a rischi notevoli.
Per quanto riguarda la neuropsichiatria infantile trovo semplicemente incomprensibile la chiusura del reparto di neuropsichiatria infantile del Cesare Arrigo, per anni un punto di eccellenza del nostro territorio.