Quante volte da bambini vostra madre o vostra nonna vi ha ammonito di non lasciare la luce accesa in una stanza? Sicuramente dietro a tale richiamo vi era la volontà di non sprecare energia ma probabilmente anche per evitare di vedere recapitate a casa bollette con cifre astronomiche in calce.
Ora pensate se al posto di una casa si parlasse di un’intera città: le stanze si trasformano in interi quartieri, i corridoi in strade e il numero di lampadine da poche decine lievita fino a migliaia. Qual è il costo per illuminare una città come Alessandria? E per illuminare un intero paese come l’Italia?
Nel 2019 illuminare le città italiane è costato 1.8 miliardi, trenta euro e cinquanta centesimi per abitante.
Come mai questo dato è sensibilmente più elevato rispetto ad altri paesi europei? Per fare un raffronto, la Germania spende solamente cinque euro per abitante in materia di energetica pubblica. Non sono solo i maggiori consumi ad incidere ma anche la dipendenza da idrocarburi che fa lievitare i costi di produzione e di conseguenza i costi al consumatore.
Sembra impattare inoltre anche la presenza di punti luce in esubero rispetto a quelli necessari che alzano non solo sui costi di installazione ma soprattutto su quelli di mantenimento a lungo termine degli impianti.
Se ci addentriamo nelle cifre si scopre che il consumo italiano tra il 2010 e il 2019 è stato piuttosto stabile, intorno ai 6.000 GWh. Per dare un’ idea dell’ordine di grandezza si pensi al fatto che una lampadina incandescente, tipico modello casalingo, consuma circa 100 Wh. Dunque come il consumo emesso da 60 milioni di lampadine, una per ogni italiano.
L’Osservatorio sui Conti pubblici dell’ Università Cattolica di Milano ha notato che anche in tema di sprechi come paese non siamo affatto virtuosi. Sono stati presi in considerazione i flussi luminosi diretti verso il cielo (che, quindi, possono essere considerati flussi di luce sprecata perché non hanno effetti positivi sulla vita della popolazione e creano esclusivamente inquinamento luminoso) in rapporto sia alla popolazione che al Pil e i risultati sono stati poi confrontati con quelli ottenuti da altri paesi europei.
Lo studio ha rilevato i paesi in cui la quantità di luce sprecata pro capite è più elevata sono Portogallo, Spagna e Italia. I paesi più virtuosi sono invece quelli dell’Europa centrale e orientale. Nota a parte invece per i paesi scandinavi il cui dato è falsato a causa della bassa popolosità di tali territori.
Stesso risultato si ottiene rapportando i flussi luminosi al PIL: anche in questo caso si nota che Portogallo, Spagna e Italia sono i paesi meno virtuosi, mentre i paesi del Centro Europa e dell’Europa dell’Est appaiono più virtuosi.
Come fare dunque a scrollarci di dosso questa nomea che ci portiamo dietro dai tempi bui della crisi del 2011? Per cercare di appianare il dato e diminuire le distanze dagli altri paesi europei circa il 60 per cento dei comuni italiani negli ultimi 10 anni ha sostituito i lampioni con luce al sodio con lampadine a Light Emitting Diodes (versione estesa dei più famosi LED). i LED sono infatti considerati come le sorgenti più efficienti in quanto sono in grado di convertire oltre il 50 per cento in più di potenza elettrica (watt) in luce rispetto alle lampade al sodio, abbassando quindi notevolmente sia il costo sia il consumo di energia elettrica.
Ma riempire le nostre città di LED ha risolto il problema? No.
O meglio, solo in parte.
Per abbattere i consumi servirebbe infatti un sistema di accessione/spegnimento di tipo adattivo: i punti luce si autoregolano in base a fattori esterni come il traffico rilevato o il tempo meteorologico. Purtroppo questa tecnologia è ancora oggi poco diffusa nel nostro paese ma in quelle poche realtà in cui è stata applicata ha dato risultati eccellenti. A Pero, nell’hinterland milanese, la presenza di queste tipologie di LED ha infatti comportato una diminuzione di utilizzo energetico di quasi 80 punti percentuali.
In aggiunta, la sostituzione delle vecchie lampade con i nuovi LED è stata accompagnata spesso dall’aumento di punti luce. I costi totali, in ultima analisi, sono dunque rimasti invariati oppure addirittura aumentati in alcune realtà.
Vi è poi la questione ambientale: quali sono i LED migliori? meglio una luce fredda oppure una calda? Stando ai dati ad oggi quelle maggiormente installate rientrano nel primo tipo. Tuttavia, emettendo una elevata quantità di luce blu, sono le maggiormente inquinanti in quanto essa si diffonde maggiormente nell’atmosfera e ha anche un importante impatto sulla salute umana e animale perché inibisce la produzione notturna di melatonina, ormone fondamentale per il nostro orologio biologico.
In conclusione possiamo notare come sicuramente ci siano stati passi in avanti verso lo sviluppo di una nuova sensibilità verso il tema dell’illuminazione pubblica sia in ottica economica sia in ottica ambientale ma non possiamo fare a meno di sottolineare con finalità costruttiva che ancora devono essere fatti importanti passi in avanti per, finalmente, “uscire a riveder le stelle”.