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Un saggio eccellente quello scritto dal novantenne Mordecai Kurz, da tutti considerato, a giusta ragione, uno dei più eminenti teorici di Economia politica. Se si legge con attenzione la sua critica al corrente ordine basato su di un capitalismo tecnologico monopolista – che, oltre a rappresentarne l’essenza, contempera quella sua preoccupante dinamica espansiva – la si può interpretare anche come una delle principali cause dalle quali emergono le attuali fratture geo-strategiche tra l’occidente nord atlantico la Russia, la Cina e il Medio Oriente islamico, i cui processi di civilizzazione si sono stratificati nel tempo in modo diverso rispetto a quello occidentale.

Secondo l’autore dagli anni ’80, gli Stati Uniti sono regrediti a un livello di disuguaglianza economica che non si vedeva dai tempi dell’Età dell’Oro (Gilded Age) alla fine del XIX° secolo. Contemporaneamente, l’innovazione tecnologica, ancorché tuttora promossa da una politica pubblica, che nel recente passato non nascose mai a ergerla come scelta prioritaria, ha trasformato la società.

Oggi l’autore si chiede: qual è la relazione tra disuguaglianza economica e cambiamento tecnologico?

Mordecai Kurz sviluppa una teoria integrata e completa delle dinamiche del potere di mercato e della disuguaglianza di reddito. Dimostra che le innovazioni tecnologiche non sono semplicemente fonti di crescita e di progresso, bensì piantano i semi del potere di mercato. In un’economia di libero mercato con diritti di proprietà intellettuale, il controllo delle imprese sulla tecnologia consente loro di espandersi, ottenere un potere monopolistico e guadagnare profitti esorbitanti.

La competitività tra gli innovatori non elimina il potere di mercato perché la concorrenza tecnologica è diversa dalla quella standard; il risultato si concretizza nel definire uno o al massimo due vincitori. L’autore fornisce un’analisi pionieristica basata sulla quantificazione del potere di mercato tecnologico e dei suoi effetti sulla disuguaglianza, sull’innovazione e sulla crescita economica. Descrive le cause dell’aumento e della diminuzione del potere di mercato e ne illustra dettagliatamente le conseguenze macroeconomiche e distributive.

Kurz afferma che: “… in tali situazioni il potere di mercato diventa così radicato che i potenziali rivali preferiscono cooperare con l’impresa leader piuttosto che competere con essa. Le politiche laissez-faire che consentono la crescita dei monopoli non fanno altro che aumentare tale potere. Di conseguenza, il potere di mercato diventa una caratteristica permanente di un’economia capitalista. La competizione tecnologica è inefficace e la distruzione creativa non ripristina l’efficienza economica.”

Kurz dimostra che il potere di mercato tecnologico tende ad aumentare, incrementando la disuguaglianza di reddito e ricchezza. La disuguaglianza incontrollata minaccia le basi della democrazia: la politica pubblica è l’unica forza di contro-bilanciamento che può frenare il potere aziendale, per far sì che si pervenga a una distribuzione più egualitaria della ricchezza, cosicché la democrazia risulterebbe più compatibile con il capitalismo. Egli rovescia quel paradigma giuridico-economico in voga a partire dagli anni ’80 secondo cui le posizioni monopoliste “ottimizzino” il prezzo favorendo nel contempo l’interesse del consumatore.

Significativo nel libro questo passaggio teorico: “…l’’esistenza di profitti di monopolio modifica la contabilità aziendale. In condizioni competitive, il reddito creato da un’impresa è suddiviso in una quota di lavoro e in una quota di capitale. Ma con un potere di mercato permanente, il reddito di un’impresa è diviso in tre parti: lavoro, capitale e profitti di monopolio. Questa distinzione tra reddito da capitale e profitti derivanti dal monopolio è centrale nel capitalismo ‘tecno-winner-takes-all’ (tecnologico che vincente si ingloba il tutto). Il reddito netto pagato al capitale consiste nel pagamento di interessi ai tassi di mercato prevalenti, mentre i profitti di monopolio ottenuti fissando prezzi superiori ai costi incrementali vengono pagati alla fonte del potere di mercato: principalmente tecnologia di proprietà privata e altri diritti di proprietà intellettuale”.

Questo saggio offre proposte dettagliate per correggerle limitando fusioni e acquisizioni aziendali, riformando la legge sui brevetti, migliorando l’equilibrio di potere nel mercato del lavoro, aumentando la tassazione, promuovendo la mobilità verso l’alto e stabilizzando la fascia della classe media.

Questo mese Project Syndicate, la celebrata testata di politica e teoria economica internazionale, gli dedica un long-read di meritata attenzione.

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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