
Roberta Cazzulo, Consigliere Comunale, la nostra Community
Ci sono i dati Istat. Ci sono le fratture multiple, le coltellate, le grida dentro gli appartamenti e le telefonate della polizia. I ricoveri in ospedale e le bare piene di fiori.
Quando si dice violenza contro le donne, si pensa questo.
La violenza anche solo come mezzo di difesa è quasi incoraggiata nei maschi, le ragazze invece vengono cresciute a suon di emozioni e pianti
Al funerale di Michelle Causo, 17 anni, nessuno ha pronunciato la parola femminicidio come se quella morte non lo fosse, o lo fosse meno di altre.
Sconvolgente è dare sempre una spiegazione a questi crimini.
Michelle è stata uccisa per 1500 euro, Giuseppina Caliandro perché avevano litigato, ha ucciso Giulia Tramontano perché era stressato, ha ucciso Melania Rea in un impeto d’ira, “lacerato” tra la moglie e l’amante, ha ucciso Ilenia Bonanno perché era depresso.
C’è sempre la ricerca affannosa di un movente, quando un uomo sopprime una donna. C’è sempre la ricerca affannosa di un movente quando, quando un uomo sopprime una donna.
C’è sempre un’indagine che presuppone che i fatti non siano chiari, che probabilmente ci siano dei complici, che il killer nasconda qualcosa ….Ma il killer non nasconde mai niente.
E’ molto rassicurante indagare, considerare quel delitto una follia, sostenere che chi lo compie è un pazzo, perché così il problema si circoscrive.
I primi meccanismi che scattano nella mente maschile sono tre: l’attribuzione della responsabilità all’altra: compagna, moglie, fidanzata – che sintetizza in frasi tipo: è tutta colpa sua, lei non capisce nulla. Il secondo è la minimizzazione: è stata solo una spinta, l’ho appena sfiorata, basta toccarla e le resta un livido. E il terzo è la negazione: non è successo nulla, le si inventa tutto. Dei tre, l’ultimo è il peggiore. I tre meccanismi mixati alla mancanza di empatia generano un’escalation di violenze: psicologiche, economiche, fisiche e sessuali.
E’ necessario occuparci dei nostri ragazzi, educarli partendo dalla famiglia, dalla scuola. Specialmente quelli che hanno iniziato l’adolescenza durante il covid, intrecciando relazioni digitali in pianeti paralleli.
Dobbiamo evitare di correre il rischio che i fatti di cronaca siano storie una uguale all’altra. Ogni violenza è drammatica in modo diverso.
Nei paesi che il Global Gender Report segnala come i più evoluti, la violenza contro le donne è particolarmente feroce (Il social Science & Medicine ha rivelato che il 32% delle donne danesi ha subito violenza tra le mura domestiche contro una media europea del 22%). Nel cercare risposte a questo fenomeno da tempo osservo come il mondo contemporaneo ci metta di fronte a modelli inediti di relazione caratterizzati da un pervasivo dominio. Negli ultimi anni è aumentato drammaticamente il cyberbullismo sulle ragazze, il reato di reverge porn e il sexting minorile dove le donne soprattutto giovani appaiono molto più esposte.
Considerare il femminicidio solo l’esplosione di violenza esacerbata da parte di un’esigua minoranza di maschi, nei quali la maggioranza degli uomini non si identifica significa osservare solo la punta dell’iceberg.
Un femminicidio non è un episodio di cronaca nera: nel mondo è la violazione più diffusa dei diritti umani. In Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa. Il motivo scatenante è sempre il rifiuto da parte di lei.
Stiamo rischiando di abituarci alle stragi….la reazione non deve essere più: Poverina, un’altra vittima di uno psicopatico….” Per frenare le strage bisognerebbe risolvere diseguaglianze radicate. Il 48,9 per cento delle donne italiane non ha un impegno fuori casa. Oltre una su tre non ha un conto corrente proprio. Il 60% di chi denuncia violenze domestiche non è economicamente indipendente. Nelle famiglie, il 67 per cento del lavoro di cura e assistenza pesa esclusivamente su di noi.
Questi sono i veri moventi che spingono un femminicida a ritenere che sia giusto punire la donna che, invece di sacrificarsi per lui, agisce di testa propria.
Roberta Cazzulo