
Leggo il The Guardian, di cui sono abbonato, da quando è stato riprodotto in forma digitale. Lo leggo con interesse poiché ritengo che questo storico quotidiano britannico ad ampia diffusione internazionale, con una potenziale platea di oltre un miliardo di lettori in lingua inglese – pensate solo all’India – è stato più che un “guardiano” il vero “faro” dell’immensa galassia socialista mondiale nel periodo più cupo dell’ordine neoliberale.
Il The Guardian è l’unico tra i top quotidiani internazionali che ha sempre garantito il “free access”, cioè “leggi ma se vuoi non paghi”. Il The Guardian nella sua area “Opinion” nell’ultimo quarto di secolo ha ospitato ogni voce autorevole del multiforme universo socialista internazionale, dai liberal fino ai sinistrosi “militants”.
Nell’articolo che segue, scritto da Owen Jones, inglese, classe 84, columnist del The Guardian e noto “digital influencer” nazionale di area “agit-prop”, scrive una riflessione caustica sulle attuali macerie sociali causate da quarant’anni di neoliberismo economico. Mi permetto solo di far osservare che le descrizioni possono dimostrarsi tanto reali quanto convincenti, ma se non si sottolineano le vere storiche cause e, non solo quelle contingenti, spesse volte le lamentele diventano stucchevoli e ripetitive.
Gary Gerstle, lo storico statunitense – di casa in UK – noto conoscitore del New Deal americano, un po’ più anzianotto del Jones, anche lui columnist del quotidiano di Manchester, gli avrebbe fatto notare che i celebrati “30 anni gloriosi” non furono una concessione bonaria del capitale, bensì anche il risultato di una politica di “contenimento” e di compromesso nei confronti del mondo del lavoro ispirata dal governo americano (DEM e GOP indistintamente) dal dopo guerra fino al termine degli anni 70’ affinché si riducesse tra le classi subordinate in occidente l’enfasi di una utopia comunista. Caduta l’URSS, il capitalismo ha disvelato il suo vero volto, quello antecedente al I° conflitto mondiale.
fg
Politicians are right about the ‘decline of the west’ – but so wrong about the causes
Wed 5 Apr 2023 06.00 BST
Owen Jones is a Guardian columnist and the author of Chavs: The Demonisation of the Working Class and The Establishment – And How They Get Away With It
The problem is not moral decay. It’s the withering away of our living standards, security and wellbeing
Se è vero che esiste un incedere in avanti del progresso umano, questo non si è solo arrestato, ma ha fatto marcia indietro. Lo scorso autunno, un rapporto poco discusso pubblicato dalle Nazioni Unite ha rilevato che lo sviluppo umano è diminuito per due anni consecutivi nel 90% dei paesi. Un calo senza precedenti da oltre tre decenni. La pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia hanno svolto il loro ruolo, così come ” i rapidi mutamenti socio-economici, i pericolosi cambiamenti planetari e i massicci aumenti della polarizzazione politica e sociale”.
Sono abbastanza comuni le inconcludenti chiacchiere sul “declino dell’occidente”: che tendenzialmente sono appannaggio della destra reazionaria, la quale incolpa il nostro indebolimento, in vario modo: il decadimento morale, il multiculturalismo e quindi una revisione della storia europea. Sennonché la colpa non è dei diritti delle minoranze, della diversità o del riconoscimento dei crimini occidentali. L’inversione di tendenza nelle nostre fortune collettive è stata drammatica.
Essa è stata direzionata da un sistema economico che prometteva la libertà personale ma che invece ha creato insicurezza su vasta scala danneggiandoci in qualsiasi immaginabile modo, a partire dal nostro benessere emotivo e fisico fino alle nostre circostanze materiali.
Si prenda come esempio una unità di misura fondamentale: la vita e la morte. Il governo del Regno Unito è stato costretto a ritardare l’innalzamento dell’età pensionabile dopo un calo dell’aspettativa di vita senza precedenti dai tempi della guerra. Sebbene questa fosse certamente aggravata dalla pandemia, l’aspettativa di vita era già in discesa in molte comunità inglesi anni prima che il Covid arrivasse sulle nostre coste. Negli Stati Uniti, l’aspettativa di vita si è ridotta dai quasi 79 anni nel 2019 a 76 nell’ultimo biennio, il calo più grande da un secolo a oggi.
E i sintomi morbosi di una crisi del benessere sono ovunque. Dall’altra parte dell’Atlantico, il tasso di suicidi è salito del 30% nei primi 20 anni del 21° secolo. Con l’escalation della “guerra alla droga”, sono aumentate anche le morti per abuso di sostanze: negli Stati Uniti sono cresciute in modo esponenziale dagli anni ’70, contribuendo a ridurre l’aspettativa di vita, mentre nel Regno Unito ha raggiunto il livello più alto da quando si tenne il registro storico. Karl Marx una volta descrisse la religione come il “sospiro di sollievo della creatura oppressa”: oggi questa è da considerarsi più una descrizione appropriata della tossicodipendenza, derivante dall’automedicazione, ossia per coloro che sono afflitti da traumi e miseria.
In effetti, è difficile districarsi entro quel balzo globale della depressione, che è aumentata di quasi un quinto tra il 2005 e il 2015, ed è cresciuta anche tra gli adolescenti statunitensi.
Scrutando le macerie lasciate dalla guerra più sanguinosa vissuta dalla maggior parte dell’umanità un secolo fa, un cittadino dell’Europa occidentale nel 1945 sarebbe stato piacevolmente sorpreso di scoprire che gli anni più prosperi della storia li stavano attendendo. Tale fu l’aumento senza precedenti del tenore di vita in occidente nei tre decenni successivi alla guerra che fu battezzato “l’età dell’oro”; per i francesi erano i “30 anni gloriosi”.
Malgrado ciò, i salari negli anni 2010, sono rimasti fermi in tutto il mondo occidentale mentre nel Regno Unito gli stessi hanno subito un calo particolarmente pronunciato. Prima della pandemia, il potere d’acquisto dei lavoratori statunitensi è aumentato di pochissimo nel corso degli ultimi quattro decenni.
È facile lasciarsi cullare dall’illusione che stiano ancora per avverarsi plateali progressi. I chip dei computer diventano sempre più piccoli; processori per computer sempre più veloci; cellulari sempre più dinamici.
Ma il progresso tecnologico non si traduce automaticamente in miglioramenti della condizione umana.
In gran parte dell’occidente, la stagnazione e il declino sono diventati le caratteristiche distintive della nostra epoca. Se si vuole capire il perché la politica sia diventata più avvelenata e più polarizzata, non è proprio il caso di cercare facili spiegazioni come il comportamento polemico promosso dai social media. Un grande esperimento è in corso da più di una generazione: cosa succederebbe se eliminassimo il tipico ottimismo generato dalle società ricche che in precedenza davano per scontato standard di vita sempre più elevati?
L’ascesa del “libero mercato”, ci era stata promessa, avrebbe scatenato una prosperità senza fine. Ma mentre quell’era tanto demonizzata di sindacati forti, delle nazionalizzazioni e di un espansivo stato sociale, produsse il più grande miglioramento degli standard di vita nella storia, il nostro attuale modello economico si sta decomponendo intorno a noi: il fetore sta diventando sempre più difficile da ignorare. Su entrambe le sponde dell’Atlantico, la crescita economica è diminuita da quando le frontiere dello stato sono state arretrate, ed è più probabile che una crescita più limitata venga risucchiata nei conti bancari dei ricconi opulenti.
Come si spiega, ad esempio, il calo dell’aspettativa di vita determinato dall’aumento del consumo di oppiacei negli Stati Uniti? Sappiamo che la scomparsa di posti di lavoro sicuri e ben pagati ha generato le condizioni di miseria in cui prospera la dipendenza. La crescente disuguaglianza ha contribuito a stimolare il deterioramento della salute mentale: ad esempio, i tassi di depressione sono correlati al basso reddito. Dal collasso generazionale nell’edilizia pubblica alla decimazione dell’assistenza sociale, la sicurezza, che è alla base di un’esistenza umana confortevole, è stata rimossa.
Eppure quanto poco viene menzionato, figuriamoci discusso, questo arresto nel progresso umano. Con la nostra civiltà che affronta molteplici sfide esistenziali, quanto velocemente la stagnazione e il declino potrebbero tramutarsi in una caduta libera. Non c’è la necessità di essere dotati di un’immaginazione iperattiva per riflettere sulle brutali possibili conseguenze, specialmente se i politici progressisti non riescono a offrire risposte convincenti.
Le nostre vite si stanno accorciando, il nostro benessere sta diminuendo, la nostra sicurezza viene smantellata. Queste sono le condizioni della disperazione e queste amare conseguenze ne danno testimonianza.
Owen Jones is a Guardian columnist
https://www.theguardian.com/commentisfree/2023/apr/05/decline-of-the-west-causes-moral-decay-living-standards?fbclid=IwAR1m-2KhDWo-9DVVoYCAiSdsy94tq6UWn_0ZZYALPbgaeDrN_WMTW-N-iYo