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Dec 2, 2022 NOURIEL ROUBINI

After years of ultra-loose fiscal, monetary, and credit policies and the onset of major negative supply shocks, stagflationary pressures are now putting the squeeze on a massive mountain of public-and private-sector debt. The mother of all economic crises looms, and there will be little that policymakers can do about it.

NEW YORK – L’economia mondiale sta barcollando verso una confluenza senza precedenti di crisi economiche, finanziarie e del debito, a seguito dell’esplosione occorsa negli ultimi decenni a causa dei deficit, dell’indebitamento e della leva finanziaria. Nel settore privato, la montagna di debito comprende quella delle famiglie (come mutui, carte di credito, prestiti auto, prestiti agli studenti, prestiti personali), imprese e società (prestiti bancari, debito obbligazionario e debito privato) e il settore finanziario (passività delle istituzioni bancarie e non bancarie). Nel settore pubblico, include titoli di Stato centrali, provinciali e locali e altre passività formali, nonché debiti impliciti come passività non finanziate da regimi pensionistici a ripartizione e sistemi sanitari, che continueranno crescere man mano che le società invecchiano.

Solo guardando i debiti espliciti, le cifre sono sbalorditive. A livello globale, il debito totale del settore pubblico e privato in percentuale del PIL è passato dal 200% nel 1999 al 350% nel 2021. Il rapporto è ora del 420% nelle economie avanzate e del 330% in Cina. Negli Stati Uniti si situa al 420%, che è più alto di quanto fosse durante la Grande Depressione e dopo la seconda guerra mondiale.

Naturalmente, il debito può stimolare l’attività economica se i mutuatari investono in nuovo capitale (macchinari, case, infrastrutture pubbliche) cui produce rendimenti superiori al costo del prestito. Ma gran parte del prestito va semplicemente a finanziare la spesa per consumi al di sopra del proprio reddito su base continuativa – e questa è una ricetta per il fallimento. Inoltre, gli investimenti in “capitale” possono anche essere rischiosi, sia che il mutuatario corrisponda a una famiglia che acquista una casa a un prezzo gonfiato artificialmente, sia per una società che cerca di espandersi troppo velocemente indipendentemente dai rendimenti; infine un governo che sta spendendo i soldi in “elefanti bianchi” (progetti infrastrutturali stravaganti ma inutili).

Tale eccessivo indebitamento va avanti da decenni, per vari motivi. La democratizzazione della finanza ha consentito alle famiglie a corto di reddito di finanziare i consumi con il debito. I governi di centrodestra hanno costantemente tagliato le tasse senza ridurre anche la spesa, mentre i governi di centrosinistra hanno speso generosamente in programmi sociali che non sono completamente finanziati da tasse, i cui importi siano sufficientemente equivalenti. E le politiche fiscali che favoriscono il debito rispetto al patrimonio netto, incoraggiate dalle politiche monetarie e creditizie ultra accomodanti delle banche centrali, hanno alimentato un’impennata dei prestiti sia nel settore privato sia in quello pubblico.

Anni di allentamento quantitativo (QE) e di allentamento del credito hanno mantenuto i costi di indebitamento vicini allo zero, e in alcuni casi addirittura negativi (come in Europa e in Giappone fino a poco tempo fa). Entro il 2020, il debito pubblico equivalente in dollari a rendimento negativo era di $ 17 trilioni e in alcuni paesi nordici anche i mutui avevano tassi d’interesse nominali negativi.

L’esplosione di indici d’indebitamento insostenibili implicava che molti mutuatari – famiglie, società, banche, banche ombra, governi e persino interi paesi – fossero da considerarsi “zombi”, insolventi, che venivano sostenuti da bassi tassi d’interesse (i quali mantenevano gestibili i loro costi di servizio del debito). Durante la crisi finanziaria globale del 2008 e la crisi del COVID-19, molti agenti insolventi, che sarebbero falliti, vennero salvati da politiche di tassi d’interesse zero o negativi, QE e salvataggi fiscali a titolo definitivo.

Ma ora, l’inflazione – alimentata dalle stesse politiche fiscali, monetarie e creditizie ultra-espansive – ha posto fine a questa alba dei morti viventi finanziari. Con le banche centrali costrette ad aumentare i tassi d’interesse nel tentativo di ripristinare la stabilità dei prezzi, gli “zombi” stanno registrando forti aumenti in termini di costi del servizio del debito. Per molti, questo rappresenta un triplo colpo, perché l’inflazione sta erodendo anche il reddito reale delle famiglie e riducendo il loro valore dei beni, come nel caso delle case e delle azioni. Lo stesso vale per le società, le istituzioni finanziarie e i governi fragili e con un indebitamento eccessivo: devono far fronte contemporaneamente a costi (prestiti) in forte aumento, redditi e ricavi in calo e valori patrimoniali in discesa.

Peggio ancora, questi sviluppi coincidono con il ritorno della stagflazione (alta inflazione accanto a crescita debole). L’ultima volta che le economie avanzate sperimentarono tali condizioni fu negli anni ’70. Ma almeno allora, i rapporti debito/PIL erano molto bassi.

Oggi, stiamo affrontando gli aspetti peggiori degli anni ’70 (shock stagflazionistici) accanto agli aspetti peggiori della crisi finanziaria globale. E questa volta non possiamo semplicemente tagliare i tassi di interesse per stimolare la domanda.

Dopotutto, l’economia globale è colpita da persistenti shock di offerta negativi a breve e medio termine che stanno riducendo la crescita e aumentando i prezzi dei costi di produzione. Questi includono le interruzioni della pandemia nella fornitura di lavoro e beni; l’impatto della guerra della Russia in Ucraina sui prezzi delle materie prime; la sempre più disastrosa politica cinese zero-COVID; e una dozzina di altri shock a medio termine – dal cambiamento climatico agli sviluppi geopolitici – creeranno ulteriori pressioni stagflazionistiche.

A differenza della crisi finanziaria del 2008 e dei primi mesi del COVID-19, il semplice salvataggio di agenti privati e pubblici con politiche macroeconomiche libere avrebbe gettato più benzina sul fuoco inflazionistico. Ciò significa che ci sarà un atterraggio duro – una recessione profonda e prolungata – oltre che a una grave crisi finanziaria. Man mano che scoppiano le bolle speculative, i tassi di servizio del debito aumentano e i redditi corretti per l’inflazione diminuiscono per famiglie, società e governi, la crisi economica e il crollo finanziario si alimenteranno a vicenda.

A dire il vero, le economie avanzate che prendono a prestito nella propria valuta possono sfruttare un’ondata di inflazione inaspettata per ridurre il valore reale di alcuni debiti nominali a lungo termine a tasso fisso. Con i governi riluttanti ad aumentare le tasse o tagliare la spesa per ridurre i loro deficit, la monetizzazione del deficit da parte della banca centrale sarà vista ancora una volta come la via di minor resistenza.

Ma non si possono ingannare tutti costantemente nel tempo. Una volta che il genio dell’inflazione uscirà dalla bottiglia – che è ciò che accadrà quando le banche centrali abbandoneranno la lotta di fronte all’incombente crollo economico e finanziario – i costi di prestito nominali e reali aumenteranno. La madre di tutte le crisi stagflazionistiche del debito può essere rinviata, non evitata.

Nouriel Roubini, Professor Emeritus of Economics at New York University’s Stern School of Business, is Chief Economist at Atlas Capital Team, CEO of Roubini Macro Associates, Co-Founder of TheBoomBust.com, and author of MegaThreats: Ten Dangerous Trends That Imperil Our Future, and How to Survive Them (Little, Brown and Company,  2022). He is a former senior economist for international affairs in the White House’s Council of Economic Advisers during the Clinton Administration and has worked for the International Monetary Fund, the US Federal Reserve, and the World Bank. His website is NourielRoubini.com, and he is the host of NourielToday.com.

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Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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