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Il 1 agosto 2020 un violento temporale si è abbattuto sulla città di Alessandria. Tecnicamente si chiama downburst: una cascata di aria fredda che discende rapidamente all’interno di una nube temporalesca, arrivando al suolo con violenza tale da essere appunto assimilata a  uno scoppio (“burst”). Il mattino dopo, distesi a terra, vi erano almeno trecento alberi dei parchi e dei viali cittadini, diverse abitazioni erano completamente scoperchiate. Dappertutto erano i calcinacci, le tegole schiantate sui marciapiedi.

Nel complesso, la città sembrava come bombardata. E poi ancora: nell’arco di sette anni, dal 2014 al 2021, il fiume Bormida ha battuto per ben tre volte i record precedenti di massima portata in piena: 9.2 metri nel novembre 2014, 9.39 metri nel novembre 2019, 9.41 nel novembre 2021. I centimetri che mancano alla prossima disastrosa alluvione potrebbero essere molto pochi, anzi, pochissimi.

Che lo si voglia o no, Alessandria dovrà confrontarsi sempre più spesso con eventi simili.

Si potrà dar voce a tutte le anime negazioniste del panorama politico italiano, si potrà metter in cima ai programmi politici lo sviluppo, la (presunta) creazione di nuovi posti di lavoro, gli investimenti da parte di multinazionali di dubbia fama. Ma il dato concreto è davanti a tutti noi e si presenta ogni anno, d’autunno nelle piogge torrenziali, d’estate nelle notti tropicali e durante tutto l’arco dell’anno nei periodi di siccità (come quello che stiamo vivendo al momento in cui scrivo).

Si chiama crisi climatica. Ha un responsabile (l’uomo) e una causa radice (il consumo di combustibili fossili, ma non solo).

Nonostante l’evidenza, nonostante le disastrose proiezioni, il decisore politico che ha guidato Alessandria nell’ultimo quinquennio ha ben pensato di accelerare il consumo di suolo agricolo alle porte della città. Nuovi insediamenti sono tuttora in corso di discussione ma il loro benevolo accoglimento potrebbe essere messo per iscritto entro poche settimane. A quel punto, il recinto di cemento che stringe i due fiumi sarà quasi completo.

La memoria del 1994 è solo più una melensa retorica, purtroppo.

Ma l’amministrazione si è altresì distinta anche per la totale immobilità rispetto alle altre emergenze: la gestione dei rifiuti, l’adozione del piano urbano di mobilità sostenibile, ad esempio. Dire che nulla è stato fatto non è affatto esagerato.

Occorre a questo punto una precisazione: non è più ammissibile che chi si candida ad amministrare la città non tenga minimamente in considerazione gli effetti che il cambiamento climatico avrà sul territorio. Anche perché le eventuali politiche volte alla mitigazione degli effetti dell’incremento delle temperature medie, necessitano di anni per essere attuate e di decenni per generare i risultati sperati.

Parliamo di tutte quelle politiche volte alla diversa gestione urbanistica, dalla riduzione del consumo di suolo al desealing (ossia la depavimentazione o desigillatura del suolo urbano per il ripristino della condizione precedente rimuovendo strati impermeabilizzati come asfalto o calcestruzzo), dalla forestazione urbana alla già citata mobilità sostenibile; dall’adozione di circuiti di economia circolare alla riduzione del conferimento in discarica dei rifiuti.

La Politica potrebbe decidere anche di non fare nulla, di nascondere la testa nella sabbia (di Tanaro e Bormida) ma ci sono delle conseguenze che pagheremo tutti, anzi, che pagheranno in particolare le nuove generazioni e quelle future. Una responsabilità che non vorrei sottoscrivere. Perché gli scenari del riscaldamento climatico che coinvolgono la nostra regione sono un pugno nello stomaco.

Nel documento “Analisi degli scenari di clima regionale del periodo 2011- 2100” pubblicato nel giugno 2020 dalla Regione Piemonte, è rappresentato il contesto delle «principali variabili meteorologiche, quali temperatura e precipitazione, sulla base delle quali è possibile valutare una serie di indicatori che danno conto delle possibili conseguenze sul territorio regionale».

La città di Alessandria è inserita nell’ambito di Integrazione Territoriale 19. L’andamento delle temperature minime e massime nello scenario meno grave (Representative Concentration Pathways, RCP 4.5), quello in cui comunque le attività umane vengono ricondotte in un alveo di sostenibilità, è previsto in aumento di quasi un grado entro il 2040, di 1.7° C entro il 2070 e di 2.1° C a fine secolo. Sono valori che in ogni caso causano gravi conseguenze al nostro territorio: sono previste in aumento sia il numero di notti tropicali (ossia quelle notti in cui la temperatura minima è superiore ai 20° C) che il numero di giorni tropicali (ossia i giorni con temperatura massima sopra 30° C).

Il regime pluviometrico ha variazioni consistenti «con una diminuzione della precipitazione primaverile» e una maggiore incidenza dei periodi di siccità prolungata: «l’incremento si ha soprattutto dopo la metà del secolo, dove interessa anche le quote più elevate, che sembrano soffrire di una diminuzione dei periodi piovosi più accentuata».

Nello scenario più grave (RCP 8.5), questa tendenza è ancora più evidente a partire dalla seconda metà del secolo con valori che, a partire dal 2070 diventano più importanti, così come la frequenza degli anni siccitosi e l’interessamento delle quote più alte. L’incremento complessivo dell’indice di siccità nel corso del secolo è, in media, di circa l’8% nello scenario RCP 4.5 e del 15% nello scenario RCP 8.5. Per contro, l’intensità delle precipitazioni giornaliere cresce tra 1 mm/giorno e 1.5 mm/giorno nei periodi 2041-2070 e 2061-2100 (fonte ISPRA 2015). Ciò significa, in poche parole, un marcato aumento del rischio alluvionale sulla zona della pianura alessandrina.

Inoltre, la nostra città è interessata, come tutto il Piemonte e l’area nord occidentale, da un incremento delle ondate di calore: secondo l’analisi della Regione Piemonte, l’aumento è limitato nel primo trentennio e tende successivamente ad aumentare «fino ad arrivare, nello scenario RCP4.5, a 25-35 giorni in ondata di calore in più a fine secolo, mentre tale incremento è già raggiunto a metà secolo nello scenario tendenziale RCP8.5, che vede, nell’ultimo trentennio circa due mesi in più in ondata di calore su tutta la pianura».

Questi numeri potrebbero non dire nulla alla maggior parte degli elettori. Ma sono schiaccianti e non lasciano spazio alcuno alle obiezioni. Dovrebbero subito generare allarme in tutti noi. Gli effetti della crisi climatica saranno sempre più evidenti con il trascorrere degli anni. Metteranno a pregiudizio il nostro modo di vivere, renderanno non scontata la nostra permanenza su questo territorio.

È il compito arduo della politica quello di mettere in guardia tutti, giovani e anziani, donne e uomini, bambini e adulti, sui rischi che stiamo correndo. Senza terrorismo, ma con consapevolezza. È compito della politica quello di avviare sin da ora le azioni per ridurre gli impatti delle attività umane, per scongiurare lo scenario peggiore, e adattare la città alla variazione climatica che comunque avverrà. Non è più possibile sacrificare il futuro di questa città per dare luogo a strampalate strategie di sviluppo industriale.

Davide Serafin (1976). Scrittore e saggista, è autore di Senza più valore – Indagine sui salari e le retribuzioni in Italia, La retromarcia dei Gilet Gialli, Schiavi Elettrici e Tax the Rich (People peoplepub.it). Si occupa delle materie economiche e del lavoro nell’ambito del suo impegno come attivista politico.

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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