Oggi, 22 marzo 2021, scioperano in tutta Italia per la prima volta i lavoratori di Amazon. E’ un fatto che dovrebbe coinvolgerci tutti per le ragioni che provo a riassumere nelle brevi considerazioni che seguono.
La pandemia sta cambiando le nostre città accelerando processi che, per la verità, erano già in corso, almeno se consideriamo il boom dell’economia digitale nel consumo a domicilio. In quest’ultimo settore, in particolare nella ristorazione, la pandemia ha fatto emergere tutte le contraddizioni e i problemi di uno sviluppo che, accelerato e imposto da un evento non previsto, avrebbe bisogno di un intervento pubblico sotto diversi profili, anche a livello di amministrazione locale.
Gli spazi pubblici e abitabili di cui la vita sociale e lavorativa necessita devono essere maggiori, più integrati e adattati alla quotidianità e, in parte, inevitabilmente sottratti all’invadenza delle automobili. Questo è chiaro e pacifico laddove le norme e le abitudini impongono e suggeriranno più vita all’aperto e meno vicinanza al chiuso; o, guardando alla vita professionale, alla necessità di far coesistere meglio le ore in ufficio, in azienda, a casa e nelle normali attività quotidiane; bisogna prepararsi oggi e non aspettare di arrivare tardi a pandemia archiviata, si spera presto e sapendo che potrebbe tornare sotto altre forme.
Ma le città, se non si interviene, rischiano di diventare ancor di più non luoghi, attraversati da mezzi per la consegna di beni da consumare a casa.
Al di là delle visioni esageratamente pessimistiche, i numeri parlano chiaro e prevedono una crescita impressionante del fenomeno delivery a cui i decisori pubblici devono guardare subito. Con un occhio anche alle condizioni di lavoro delle persone sottoposte ad orari massacranti. Le regole per la consegna devono essere informate a orari e spazi dedicati compatibili con le condizioni di lavoro dei “fattorini” e con la qualità della vita nelle città. I cosiddetti “riders” girano con la bicicletta (in genere perché in realtà molti usano l’auto) e non inquinano; gli altri lavoratori della consegna delle merci a domicilio vanno a motore.
Uno studio pubblicato dal World Economic Forum sostiene che le emissioni di Co2 nelle cento città più grandi del mondo aumenteranno del 30% in dieci anni con un impatto consistente del delivery su questa crescita. Non è un destino ineluttabile. Si può e si deve intervenire.
Nessuno vieta ad esempio di organizzare piattaforme di consegna locale che rispondano a criteri etici, anche se bisogna avere la forza di renderle efficaci ed efficienti, pena il fallimento dell’iniziativa.
E c’è un chiaro interesse pubblico che ne giustificherebbe almeno il finanziamento iniziale. La città non può essere interamente dedicata alle scorribande dei mezzi per la consegna ma su questo punto occorre che anche l’industria, l’artigianato e il commercio tradizionale locale in sede fissa scendano a patti con i Comuni per definire orari e spazi dedicati alle consegne, nonché modalità di scambio di prossimità in un disegno coerente di logistica di città.
Le statistiche rivelano che già prima della pandemia il 30% del traffico urbano nelle aree metropolitane fosse per merci con mezzi di dimensioni medio-piccole: è facile prevedere che alla fine della pandemia questo valore sia destinato a crescere ponendo un serio problema di gestione del territorio e, conseguentemente, un grosso tema di logistica urbana risolubile con il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile e il Piano Urbano del Traffico che comprendano i Centri di Distribuzione Urbana. Per opporre all’invadenza delle grandi majors dell’economia digitale e della consegna nell’ultimo miglio un sistema strutturato di interessi pubblici, ci vuole un patto a vari livelli (Stato, Regioni, enti di area vasta, Città e articolazioni locali pubbliche e private) senza il quale a soccombere saranno i diritti dei cittadini e dei lavoratori.
Possiamo e dobbiamo giocare un ruolo anche a livello locale. Di questo ed altro vorremmo discutere nel Consiglio comunale aperto che abbiamo proposto e ottenuto con il favore della maggioranza dei gruppi consiliari del Comune di Alessandria.
Ragioni in più per sostenere, oggi, lo sciopero dei lavoratori di Amazon.
Giorgio Abonante
