C’è qui da noi chi accusa il governo di sopprimere le libertà civili. La precedente immagine, accoppiata al contenuto del post, ne svela le mendaci contraddizioni.
Hungary’s Disease Dictator
Apr 16, 2020 LÁSZLÓ BRUSZT
The free flow of information, together with public debates involving trusted experts, is crucial to managing the COVID-19 pandemic successfully. Hungary’s recent enabling act, which allows Prime Minister Viktor Orbán to rule by decree indefinitely, will have the opposite effect.
BUDAPEST – Ciò che i critici definiscono giustamente come una “norma conferente potere”, che il parlamento ungherese approvò il 30 marzo, consente al primo ministro Viktor Orbán di governare con decreto per un periodo illimitato, presumibilmente per aiutare il governo a combattere la pandemia di COVID-19. In effetti, la nuova legge mette in pericolo la vita di molti ungheresi autorizzando il governo a limitare drasticamente le informazioni sulla gestione del virus. Da Wuhan, in Cina, ci appaiono ben note le conseguenze mortali di un simile approccio, dove le autorità hanno inizialmente soppresso le informazioni sui focolai di un nuovo coronavirus.
La disposizione di legge voluta da Orbán neutralizza i pochi canali rimanenti di responsabilità democratica rimasti in Ungheria. Porterà un’estrema centralizzazione del controllo sul flusso di informazioni attinenti alla pandemia e sulla sua gestione. E Orbán, al potere dal 2010, ha un disperato bisogno di controllarne la narrativa, dato il grave sottoinvestimento dei suoi governi nel sistema sanitario nazionale nell’ultimo decennio.
La nuova legge gli conferisce quel potere. Ad esempio, fa sì che siano punibili fino a cinque anni di prigione il propagare “false” informazioni sul virus: una vera spada sospesa sulla testa di medici e giornalisti. La giustificazione contenuta nella pertinente disposizione, insieme alla punizione, è quasi indistinguibile da una misura simile in vigore in Arabia Saudita. In effetti, l’atto di potere minimizza lo spazio rimanente per i media indipendenti ungheresi.
Le misure draconiane del governo di Orbán a questo proposito tra gli stati membri dell’Unione Europea sono da considerarsi eccezionali. Altri paesi UE in genere stanno combattendo notizie false e la disinformazione sul COVID-19 con mezzi ascrivibili all’etica democratica, come la promozione di collegamenti a informazioni ufficiali sui siti Web del governo o dell’Organizzazione mondiale della sanità, o lavorando con i verificatori di fatti.
L’approccio sta funzionando: i paesi che finora hanno gestito meglio la pandemia sono quelli in cui le informazioni continuano a circolare liberamente e gli esperti medici di fiducia svolgono un ruolo di primo piano nei dibattiti pubblici. Al contrario, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha inizialmente negato la minaccia COVID-19, mentre il primo ministro del Regno Unito, Boris Johnson, l’ha trattata come se fosse una storiella prima di essere infettato a sua volta e finire in terapia intensiva. Entrambi i paesi soffrono ora di focolai di COVID-19 più gravi di quelli cinesi.
In una situazione altamente incerta, il flusso senza pregiudizi di informazioni consente la raccolta di dati dispersi, il confronto degli effetti delle diverse strategie di gestione della crisi e una maggiore responsabilità del governo. È anche fondamentale per combattere la disinformazione, le voci e le notizie false, che provengano da leader politici o dai cittadini. La responsabilità di cui la libertà mediatica è portatrice ha costretto persino i leader più egoisti e narcisisti, come Trump, ad abbandonare la negazione e ad adottare un approccio più realistico per combattere la pandemia.
Inoltre, durante una crisi di sanità pubblica, il libero flusso di informazioni aiuta governi e cittadini a sincronizzare le loro azioni. Quando le fonti governative d’informazione sono soggette a controllo indipendente la fiducia dei cittadini cresce e maggiore sarà la probabilità che obbediscano alle istruzioni ufficiali e contribuiscano a gestire efficacemente la crisi.
Il governo sudcoreano, ad esempio, finora è riuscito a controllare la diffusione di COVID-19 senza attuare un rigoroso blocco fisico: in parte perché le autorità hanno raccolto e pubblicato ampie informazioni sui soggetti infetti, tra cui la loro età, movimenti e distretti di residenza. Ciò è stato possibile perché la popolazione si è fidata del governo, essendo questo in grado di progettare politiche per gestire la pandemia.
Informazioni veritiere che provengono dall’esterno potrebbero salvare vite nei paesi autoritari. Dopo l’incidente nucleare di Chernobyl del 1986 nell’Unione Sovietica, le trasmissioni di notizie da parte di Radio Free Europe contribuirono a informare i comuni russi, ucraini e bielorussi sull’entità del disastro. Nonostante tutte le leve del controllo statale, la pressione pubblica costrinse le autorità sovietiche a disvelare la crisi e ad accettare l’aiuto occidentale per combatterla. Questa volta, tuttavia, le informazioni richieste per il controllo pubblico sulla crisi sono oggetto di divulgazione all’interno del paese.
Durante i primi giorni della pandemia, Orbán, come Trump, respinse la minaccia, incolpando la diffusione del coronavirus (come con tutti gli altri problemi) agli stranieri. Ma i rapporti sugli sforzi [sebbene] non coordinati dei genitori ungheresi per impedire ai loro figli di andare a scuola hanno successivamente convinto il governo a prendere la pandemia più seriamente.
Inoltre, quando l’opposizione politica dell’Ungheria – e, soprattutto, i medici e altri operatori sanitari – hanno iniziato a parlare apertamente, i membri più anziani del partito Fidesz di Orbán hanno avuto paura e conseguentemente hanno esercitato pressioni sul governo affinché agisse. Ma, avendo conferito a Orbán il potere di governare per decreto, l’atto di potere ha reso inefficaci i restanti meccanismi chiave di responsabilità politica del paese.
Orbán non è il solo a vedere la pandemia come un’opportunità per invocare poteri di emergenza e impadronirsi di un’autorità quasi dittatoriale. Ma la legge che gli conferisce autorità personale rappresenta semplicemente il suo ultimo passo lungo il percorso autocratico che ha intrapreso un decennio fa. Oberato dai vasti poteri che aveva già accumulato, Orbán ha deciso di affrontare la pandemia con l’aiuto di una legge che presumibilmente “garantirà la sicurezza della vita e della salute e la sicurezza personale e materiale dei cittadini e delle imprese”.
La nuova legislazione non farà nulla del genere, motivo per cui la UE deve attuare con urgenza un sistema standardizzato affinché gli Stati membri possano riferire sulla pandemia, insieme a iniziative a sostegno per una libera stampa. Tali misure possono salvare vite umane.
László Bruszt, Professor of Political Science at Central European University, served as Acting Rector and President of CEU in 1996-1997.