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E’ ormai impressione comune che l’elaborazione di una società “purificata” dai principi dell’ortodossia neoliberista provenga principalmente dall’intellettualismo anglosassone. Le ragioni sono varie e non è materia di discussione in questo breve post. A latere, si può solo ricordare che il corrente nuovo stadio del capitalismo etichettato come “finanziarizzazione” è una costruzione meramente anglo-americana, la quale prese forma nel biennio 79/80 con le rispettive elezioni di Margaret Thatcher in UK e Ronald Reagan negli USA.  La prima reazione organica corredata da una  puntigliosa analisi critica su i suoi fondamenti socio-economici comparve solo nel 2000 con al pubblicazione di “Postdemocracy”. L’opera che ha reso famoso l’accademico britannico Colin Crouch. Occorsero circa 10 anni affinché il dibattito, confinato ai piani alti dell’intellettualismo anglofilo, potesse trovare applicazione sul terreno della politica attiva. Bernie Sanders, Elizabeth Warren e forse l’amletico Joe Biden negli USA insieme a Jeremy Corbyn e John Mc Donnell sull’altra sponda dell’atlantico ne rappresentano a tuttora le personalità politiche maggiormente coinvolte.

Sommariamente due sono le tesi in concorrenza tra loro ma che condividono l’assalto a questa rinnovata ortodossia neoclassica: la prima, che potremo contrassegnare come “Regolativa”, di cui Joseph Stiglitz è sostanzialmente il principale assertore – pur con le loro differenze non vanno dimenticati i contributi di Dani Rodrik, Robert Reich, Mariana Mazzucato, William Lazonick, Robert Skidelsky, Angus Deaton, solo per citarne alcuni – secondo cui l’attuale condizione di “anarchia” capitalistica debba essere necessariamente imbrigliata mediante l’adozione di regole puntuali che favoriscano un processo di democratizzazione sociale, riduzione delle disuguaglianze, nonché crescita economica, mediante l’eliminazione di rendite improduttive;

la seconda, che potremmo definire come “Strutturale”, ne vede come massimi interpreti John Mc Donnell del Labour e Bernie Sanders dei Democrats. I due leader, pur condividendo la precedente tesi, ritengono che ciò non basti per contenerne la deriva. Ragione per la quale entrambi sono altresì orientati a proporre una modifica degli attuali rapporti di produzione tra capitale e lavoro, incidendo sulla vexata questio relativa alla proprietà dei mezzi di produzione.

Per il momento, ci limitiamo a proporre un breve compendio illustrante le singole argomentazioni: la prima la si può trovare in https://ilponte.home.blog/2019/05/11/joseph-e-stiglitz-the-progressive-capitalism/ , la seconda segue questo post tratto dalla pubblicazione britannica d’ispirazione fabiana The New Statesman.

Rethinking the means of production: how employee ownership went global

No longer content with regulating capitalism, progressives are instead directly confronting capital ownership.

THE STAGGERS

 30 MAY 2019

La proprietà economica è ritornata [a essere oggetto di argomentazione] nel corrente confronto politico. Il senatore Bernie Sanders è l’ultimo politico a piantare una bandiera su questo dibattito con un piano ambizioso, annunciato questa settimana: un programma per dare ai lavoratori una maggiore partecipazione nelle loro aziende e [di conseguenza] alla ricchezza che esse generano. A seguito dell’annuncio relativo al progetto presentato dal Labour nel 2018. titolato “Inclusive Ownership Fund” [Fondo di Proprietà Inclusiva], i propositi di Sanders segnano un decisivo cambiamento nelle politiche di democratizzazione della proprietà su larga scala. Non ci si accontenta più di regolamentare il capitalismo, i progressisti [nel caso specifico] si confrontano direttamente con la proprietà del capitale.

Sebbene i dettagli del piano di Sanders debbano ancora essere definiti, la sua direzione di marcia è chiara. Il piano richiederebbe alle imprese di contribuire versando [una quota] in percentuale del [valore] delle azioni in un fondo controllato dai dipendenti. A sua volta, il fondo distribuirebbe un dividendo regolare ai lavoratori trasformandoli [in un gruppo] di potenti azionisti con diritto di voto. L’analisi redatta da Common Wealth, il think tank che personalmente ho co-fondato con lo scopo di progettare modelli di proprietà per un’economia democratica e sostenibile, suggerisce che concedere il 10% dei dividendi pagherebbe in media $ 2.725 per dipendente ogni anno.

Ci sono importanti questioni strutturali da risolvere. Le nette differenze tra settori e imprese determineranno gli effetti di tale disegno. Sebbene popolare tra i progressisti, la proprietà dei lavoratori potrebbe effettivamente incrementare la disuguaglianza. Non vi è alcuna garanzia che i lavoratori sarebbero disposti a ricevere lo stesso importo. I dipendenti di Google probabilmente beneficerebbero di un pagamento maggiore rispetto a quelli di Walmart. L’approccio del Labour Party alla proprietà dei lavoratori rimedia questo problema limitando i dividendi distribuiti ai lavoratori e condividendo socialmente i casi in cui essi superano [una prefissata] quota stabilita (Cap). Se adeguatamente pensata,  questa tattica politica potrebbe essere una leva per condividere la ricchezza che la società crea in comune.

L’intervento di Sanders potrebbe aumentare il reddito delle persone è un risultato utile della politica che potrebbe rivelarsi vincente dal punto di vista del consenso. Ma non è l’unico scopo dell’intervento. Nella sua essenza, si tratta di effettuare un cambiamento durevole di potere economico e di ricchezza verso i lavoratori attraverso la democratizzazione della proprietà e del controllo all’interno dell’azienda.

Il piano dovrebbe anche capovolgere la distribuzione del potere infra-aziendale, in una mossa che potrebbe in definitiva mettere in discussione il potere decisionale del capitale privato e creare una nuova architettura dei diritti di controllo societario. La proposta di Sanders, e l’“Inclusive Ownership Fund” del Labour, eliminerebbe il primato degli azionisti esterni e ridisegnerebbe la proprietà del business, usando interventi microeconomici per ricollegare la distribuzione del potere all’interno dell’economia.

Per i progressisti nel mondo anglofono, la collaborazione cross-atlantica tra il Regno Unito e gli Stati Uniti è una fonte di grande speranza, anche se ormai i buoi sono scappati dalla stalla. Le persone coinvolte nei piani per la democratizzazione della proprietà e per il movimento Green New Deal stanno scambiando idee politiche e tattiche elettorali. C’è [un gran] lavoro da fare, nonché c’è da mettere in discussione l’interezza del realismo capitalista. Ma proprio come un’alleanza intellettuale e politica tra Ronald Reagan e Margaret Thatcher galvanizzò la svolta verso l’economia neoliberale negli anni ’80, allo stesso modo oggi, l’impollinazione incrociata delle idee potrebbe essere un semenzaio per trascendere la loro eredità.

E’ essenziale [disegnare] un’architettura della proprietà più democratica per affrontare sfide come il cambiamento climatico e la crescente disuguaglianza. Due volte in passato, nella memoria dei presenti, la società britannica si trasformò. In entrambi i casi le mutazioni profonde concernenti la relazione di proprietà sostennero il cambiamento. Il consenso del dopoguerra segnò un mutazione nell’estensione della proprietà pubblica, un processo iniziato durante la seconda guerra mondiale e culminato con la vittoria a valanga del Labour nel 1945. Proprietà e diritti di proprietà furono fondamentali per il contrassalto che il governo della Thatcher lanciò nel corso degli anni ’80 contro quel [precedente] consenso. Privatizzando terreni, abitazioni e servizi pubblici, il partito conservatore costruì un elettorato a sostegno di una nuova soluzione che pose al centro la proprietà privata.

Il capitalismo neoliberista sterilizzò il potere democratico e privilegiò la finanza sull’economia reale. Poiché gli sforzi per andare oltre questo modello si intensificano, coloro che sono coinvolti dovrebbero imparare dai passati movimenti [finalizzati al] cambiamento economico. Trasformare l’economia nei decenni a venire dipenderà da modifiche altrettanto profonde nei rapporti di proprietà e della proprietà. Necessiterà anche la creazione di coalizioni politiche in grado di richiedere un cambiamento. Facendo crescere un elettorato che abbia un interesse e una voce in capitolo nell’economia, ciò può aiutare a conseguire il raggiungimento dei nuovi modelli di proprietà. L’ingresso della proprietà nel corrente dibattito politico è un gradito passo verso l’approfondimento della democrazia economica.

Mathew Lawrence is a founder of Common Wealth, a think tank designing ownership models for a democratic and sustainable economy.

https://www.newstatesman.com/politics/staggers/2019/05/rethinking-means-production-how-employee-ownership-went-global?fbclid=IwAR3PEaTErPrHi6wO7rVmP3m3a2cScTdkXtqnIAUsGirHkejYbklHe8w4fNQ

 

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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