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Come sempre: lucido chiaro e conciso

Inequality and Democracy

Aug 31, 2023 JOSEPH E. STIGLITZ

With the right political reforms, democracies can become more inclusive, more responsive to citizens, and less responsive to the corporations and rich individuals who currently hold the purse strings. But salvaging democratic politics also will require far-reaching economic reforms.

NEW YORK – Negli ultimi anni ci sono stati molte perplessità riguardo all’arretramento della democrazia e alla corrispondente ascesa dell’autoritarismo – e per una buona ragione. Dal primo ministro ungherese Viktor Orbán, all’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro e all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, abbiamo un elenco crescente di politici autoritari e aspiranti autocrati che incanalano una curiosa forma di populismo di destra. Sebbene essi promettano di proteggere i cittadini comuni e di preservare i tradizionali valori nazionali, perseguono politiche che tutelano i potenti e spazzano via le norme di vecchia data –  lasciandoci il compito di cercare una spiegazione su come essi  acquisiscano tale fascino.

Sebbene ce ne siano molte, quella che risalta è la crescita della disuguaglianza, un problema derivante dal moderno capitalismo neoliberista, che può anche essere collegata in molti modi all’erosione della democrazia. La disuguaglianza economica porta inevitabilmente alla disuguaglianza politica, anche se in misura diversa da paese a paese. In una nazione come gli Stati Uniti, che non ha praticamente alcun vincolo di finanziamento per i contributi elettorali, il principio “una persona, un voto” si è trasformato in “un dollaro, un voto”.

Questa disuguaglianza politica si autoalimenta e porta a politiche che rafforzano ulteriormente la disuguaglianza economica. Le politiche fiscali favoriscono i ricchi, il sistema educativo agevola coloro che sono già privilegiati; una norma antitrust, non adeguatamente progettata e applicata, tende a dare alle aziende libero sfogo nell’accumulare e sfruttare il potere di mercato. Inoltre, poiché i media sono dominati da società private possedute da plutocrati come Rupert Murdoch, gran parte del dibattito mainstream tende a radicare le stesse tendenze. Da qualche tempo la narrazione propalata ai consumatori si basa sull’idea che tassare i ricchi danneggia la crescita economica, che le tasse di successione sono imposte sulla morte e così via.

Più recentemente, ai media tradizionali controllati dai super-ricchi si sono aggiunte le società di social media anch’esse nelle mani dei super-ricchi, con la differenza che questi ultimi sono ancora meno vincolati nel diffondere disinformazione. Grazie alla Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996, le aziende con sede negli Stati Uniti non possono essere ritenute responsabili per i contenuti di terze parti ospitate nelle loro piattaforme – o per la maggior parte degli altri danni sociali che queste causano (non ultima la questione che coinvolge le ragazze adolescenti).

In questo contesto di capitalismo senza responsabilità, dovremmo sorprenderci che così tante persone guardino con sospetto alla crescente concentrazione della ricchezza o che credano che il sistema sia truccato? La sensazione diffusa che la democrazia abbia prodotto risultati ingiusti ha minato la fiducia nella stessa democrazia e ha portato alcuni a concludere che sistemi alternativi potrebbero produrre risultati migliori.

Questo è un vecchio dibattito. Settantacinque anni fa, molti si chiedevano se le democrazie potessero crescere tanto velocemente quanto i regimi autoritari. Ora, molti si pongono la stessa domanda su quale sistema “offra” maggiore equità. Eppure questo dibattito si sta svolgendo in un mondo in cui i più ricchi hanno gli strumenti per plasmare il pensiero nazionale e globale, a volte con menzogne (“Le elezioni sono state rubate!” “Le macchine per il voto erano truccate!” – una falsità che è costata a Fox News 787 dollari milioni).

Uno dei risultati è stato il crescere della polarizzazione, che ostacola il funzionamento dei regimi democratici, soprattutto in paesi come gli Stati Uniti, mediante un sistema elettorale in cui il vincitore prende tutto. Quando Trump è stato eletto nel 2016 con una minoranza del voto popolare, la politica americana, che un tempo favoriva la risoluzione dei problemi attraverso il compromesso, era diventata un’aperta lotta di potere partigiana, un incontro di wrestling in cui almeno una parte sembra credere che non dovrebbero esserci regole.

Spesso appare che la posta in gioco sia troppo alta per concedere qualcosa, quando la polarizzazione diventa così eccessiva. Invece di cercare un terreno comune, coloro che detengono il potere utilizzeranno i mezzi a loro disposizione per rafforzare le proprie posizioni – come hanno fatto apertamente i repubblicani attraverso gerrymandering [il cambiamento a proprio vantaggio dei confini nei distretti elettorali] e le misure per reprimere l’affluenza alle urne.

Le democrazie funzionano meglio quando la posta in gioco percepita non è né troppo bassa né troppo alta (se è troppo bassa, le persone sentiranno ben poco bisogno di partecipare al processo democratico). Ci sono scelte progettuali che le democrazie possono fare per aumentare le possibilità di raggiungere questo importante obiettivo. I sistemi parlamentari, ad esempio, incoraggiano la costruzione di coalizioni e spesso danno il potere ai centristi, piuttosto che agli estremisti. È stato dimostrato che anche il voto obbligatorio e quello con scelta “classificata” [ranked choise voting][1]aiutano in questo senso così come la presenza di una funzione pubblica impegnata e tutelata.

Da tempo gli Stati Uniti si sono considerati un faro democratico. Sebbene ci sia sempre stata ipocrisia – dall’avvicinamento di Ronald Reagan ad Augusto Pinochet, al fallimento di Joe Biden nel prendere le distanze dall’Arabia Saudita o nel denunciare il bigottismo anti-musulmano del governo del primo ministro indiano Narendra Modi – l’America ha almeno incarnato un condiviso insieme di valori politici.

Ma ora la disuguaglianza economica e politica è diventata così estrema che molti rifiutano la democrazia. Questo è un terreno fertile per l’autoritarismo, soprattutto per il tipo di populismo di destra rappresentato da Trump, Bolsonaro e da altri. Tuttavia, questi leader hanno dimostrato di non avere nessuna delle risposte che cercano gli elettori scontenti. Al contrario, quando assurgono al potere, le politiche che attuano non fanno altro che peggiorare le cose.

Invece di cercare alternative altrove, dobbiamo guardare dentro di noi, al nostro sistema. Con le giuste riforme, le democrazie possono diventare più inclusive, più reattive nei confronti dei cittadini e meno accondiscendenti nei confronti delle multinazionali e dei ricchi che attualmente tengono i cordoni della borsa. Ma salvare la nostra politica richiederà anche riforme economiche altrettanto decisive. Possiamo iniziare a migliorare il benessere di tutti i cittadini in modo equo – e far calare il vento di poppa che soffia le vele dei populisti – solo quando ci lasciamo alle spalle il capitalismo neoliberista e facciamo un miglior lavoro nel creare quella prosperità condivisa che abbiamo il diritto di rivendicare.

Joseph E. Stiglitz, a Nobel laureate in economics and University Professor at Columbia University, is a former chief economist of the World Bank (1997-2000), chair of the US President’s Council of Economic Advisers, and co-chair of the High-Level Commission on Carbon Prices. He is Co-Chair of the Independent Commission for the Reform of International Corporate Taxation and was lead author of the 1995 IPCC Climate Assessment.

https://www.project-syndicate.org/commentary/inequality-source-of-lost-confidence-in-liberal-democracy-by-joseph-e-stiglitz-2023-08?utm_source=Project+Syndicate+Newsletter&utm_campaign=1c9ae8b4c2-sunday_newsletter_09_03_2023&utm_medium=email&utm_term=0_73bad5b7d8-1c9ae8b4c2-105818865&mc_cid=1c9ae8b4c2&mc_eid=a179e7bf35

[1] With ranked choice voting (RCV), you get to vote for candidates in order of your preference. This lets you “rank” your vote—first choice, second choice, third choice, and so on. Ballots are counted in rounds in which candidates receiving the fewest votes are eliminated.

https://ballotpedia.org/Ranked-choice_voting_(RCV)

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

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