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Roberta Cazzulo, Consigliere Comunale, la nostra Community

Si chiama aporofobia la paura per la povertà e per i poveri.

Chi nasce povero, resta povero per diverse generazioni.

Non ci capita di leggere spesso questa parola, ma l’aporofobia è uno dei mali del nostro tempo.

I poveri si sa dove non possono stare, ma evidentemente, spesso, la politica non ha dedica il tempo e neppure ha la voglia di dirci dove dovrebbe andare.

La aporofobia, intanto, cresce e si diffonde.

Ci sono vite che non si incrociano, che non hanno voce da alzare, che scivolano fuori dal dibattito politico, perché vengono considerate poca roba, non spostano voti, vite che si affievoliscono.

Sono vite precarie, fragili, difficili.

E’ necessario evidenziare, che, stiamo assistendo ad un cambiamento del profilo dei senza dimora: un tempo chi si trovava a vivere in strada presentava spesso storie di tossicodipendenza, alcolismo o disagi psichici, oggi, invece siamo testimoni di un vero e proprio processo di impoverimento in cui la concatenazione di situazioni sfavorevoli non previste, inaspettate come la perdita del lavoro, una separazione, una malattia possono portare un individuo a ritrovarsi in strada, nei dormitori, nei centri di accoglienza, nelle stazioni.

Una volta in strada un individuo perde anche la residenza, ovvero viene cancellato dall’anagrafe del comune.

La legge italiana collega una serie di diritti come il diritto al lavoro, al welfare, alla salute al voto con il possesso della residenza. E se una persona la perde è come se scomparisse.

I senza fissa dimora vivono una situazione di esclusione anche e soprattutto perché nel nostro ordinamento la mancanza di residenza corrisponde ad una mancanza di visibilità sociale.

Questo fa si che occorra mobilitarsi affinché venga posta l’attenzione sull’iscrizione anagrafica per le persone senza fissa dimora.

A livello nazionale non esiste una procedura comune per garantire quello che è di fatto un dirizzo costituzionalmente garantito.

In Italia 367 senza tetto sono morti nel 2022, + 50% rispetto al 2021, le persone senza tetto e senza fissa dimora in Italia ammontano a 96000. Mentre la popolazione che formalmente risiede nei campi attrezzati è pari a 16000 unità.

Le cause di tale aumento sono da ricercare in una combinazione di fattori fra cui l’innalzamento dei costi abitativi, la crisi economica che si protrae da tempo, l’emergenza energetica, la riduzione della protezione sociale delle fasce deboli della popolazione.

Mentre i mutui salgono e l’inflazione “divora” i risparmi, l’Italia è trainata solo da settori deboli, caratterizzati da precarietà, bassi salari e scarsa produttività.

Negli ultimi due anni la questione salariale in Italia è diventata particolarmente grave alla luce dell’inflazione che ha sfiorato il 12% l’anno scorso, ed è intorno al 7,6% oggi, erodendo in due anni circa il 15% del potere d’acquisto dei lavoratori a reddito fisso.

L’Italia è tra i pochi Paesi a non prevedere un limite minimo di retribuzione, le fanno compagnia altri cinque Paesi dell’Unione: Danimarca, Austria, Finlandia, Svezia e Cipro.

Secondo i dati Inps sono circa 4,6 milioni i lavoratori che non arrivano ai 9 euro lordi previsti dalla pdl se non si tiene conto dei ratei di tredicesima e Tfr. Conteggiando queste ultime voci, invece, al di sotto dei 9 euro si collocano 1,9 milioni di dipendenti. Le categorie in cui i salari sono più bassi sono quelle dei lavoratori domestici e dell’agricoltura, con il 35% dei braccianti sotto la soglia minima.

In assenza di una legge sul salario minimo, i cosiddetti lavoratori poveri, nel nostro paese, 1 su 10, in assenza di una legge sul salario minimo, pur avendo un’occupazione, non riescono a garantirsi una vita dignitosa.

Parlando di comunità viene subito alla mente una sorta di entità sociale dove chi ne fa parte coopera insieme ad altri per il “bene comune”. L’urgenza, ora, è di realizzare davvero quello che viene definito il “beneficio comune”.

Un termine fino ad ora utilizzato per dare lustro a quei discorsi molto politically correct, ma che di fatto in termini concreti, purtroppo non hanno mai portato a grandi risultati. E’ arrivato il momento però di costruire e programmare in modo equo le risorse quali esse siano.

Solitamente le comunità sostenibili si concentrano solo sulla sostenibilità ambientale, ora però, c’è la necessità che – tutte – le comunità da quelle sostenibili, economiche, urbane, sociali e territoriali si “alleino” per il bene comune. Non è forse questo il significato del termine comunità: appartenenza e dedizione reciproca?

Roberta Cazzulo

Roberta Cazzulo

Nata a Castelletto d'Orba ma da tredici anni vive ad Alessandria. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze Politiche indirizzo Politico-Economico ed il Master universitario in “Innovazione nella Pubblica Amministrazione” presso l’Università degli studi di Genova, oggi lavora presso l’Ente Provincia di Alessandria occupandosi di valorizzazione ed educazione ambientale. Dal 2009 al 2019 è stata Assessore presso il Comune di Castelletto d’Orba. Dal 2022 è Consigliere comunale ad Alessandria e presiede la Commissione Politiche Sociali e Sanitarie.

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