
Portugal: socialist victory and the morning after
PEDRO MAGALHÃES 31st January 2022
Why did the socialists win so big in Portugal? Maybe because they weren’t expected to.
Di solito ci sono due domande che i corrispondenti esteri pongono agli scienziati politici portoghesi alla vigilia delle elezioni. Perché il Portogallo non ha un importante partito politico populista radicale di destra? E perché il Partito Socialista (PS) è sopravvissuto indenne all’erosione subita dai partiti socialdemocratici quasi ovunque in Europa?
Dopo le elezioni di domenica, la prima domanda ha perso il suo senso. Chega (“Basta”) ha aumentato il suo sostegno dall’1,3 al 7,2 per cento dei voti e da uno a 12 parlamentari, diventando la terza forza in parlamento dopo il PS di centrosinistra e il PSD di centro destra. Fondata nel 2019 da un ex militante del PSD, André Ventura, Chega aveva già dato un chiaro segnale della sua potenziale forza alle elezioni presidenziali dello scorso anno, quando il suo leader ha ottenuto quasi il 12%.
La “domanda” sociale per un tale partito è forte in Portogallo da tempo. I sondaggi che catturano gli “atteggiamenti populisti”, la convinzione dell’esistenza di una profonda divisione tra “élite” e “popolo” – concepiti come entità omogenee, con i primi percepiti come fondamentalmente corrotti – hanno riscontrato che queste due polarizzazioni sono piuttosto diffuse in Portogallo, anche in confronto con paesi in cui vi sono da tempo partiti che soddisfano tale domanda.
Inoltre, Chega è riuscita ad attirare quegli elettori eludendo in parte lo stigma attraverso cui s’indentificavano i “vecchi” partiti di estrema destra, forse a causa del suo emergere come una scheggia del PSD piuttosto che una diretta propaggine d’organizzazioni estremiste. Invece, Chega e il suo leader hanno approfittato loro stessi di quel carattere distintivo malevole non solo verso l’intera classe politica ma anche verso la popolazione Rom, contro la quale il pregiudizio in Portogallo è abbastanza pervasivo.
Ventura ha ottenuto risultati eccezionali nel 2021 nei comuni in cui le minoranze Rom sono più numerose, nonché in contesti in cui, legata alla dimensione della popolazione Rom, la quota di beneficiari dell’assistenza sociale è più elevata, suggerendo che il messaggio del partito sulla “dipendenza dal welfare” era almeno un target identificato dai suoi elettori.
La precedente visibilità di Ventura come commentatore di calcio in televisione e l’irresistibile attrazione per i media portoghesi del “personaggio roboante” hanno fatto il resto. I sondaggi post-elettorali ci diranno di più sugli attuali sostenitori del Chega, ma per quello che sappiamo non si parla di un partito sostenuto in modo sproporzionato dai ceti in sofferenza o più in generale dalla classe operaia: i driver culturali, più che economici, sembrano essere stati i più consequenziali.
Successo inaspettato
Al contrario, la seconda domanda, sull’incessante successo del Partito Socialista, ha ancora bisogno di risposte. Domenica scorsa i socialisti hanno ottenuto quasi il 42% dei voti, cinque punti in più rispetto al 2019. Questo risultato si è rivelato piuttosto inaspettato.
Negli ultimi due mesi, il divario tra PS e PSD si era continuamente ridotto nei sondaggi, fino al punto di un pareggio tecnico appena una settimana prima delle elezioni. Tuttavia, a spoglio terminato, i socialisti hanno aumentato il loro vantaggio sul PSD da nove a oltre 12 punti percentuali ottenendo la maggioranza assoluta in parlamento, la seconda in assoluto nella loro storia. Se completerà il suo mandato, un governo socialista avrà governato il paese per circa due terzi del tempo nel corso di questo secolo.
Come sempre, ci sono potenziali spiegazioni a breve e lungo termine per questo risultato. Quelle a breve termine porteranno a un serio esame di coscienza. Ci chiediamo se la competitività percepita delle elezioni come rappresentata dai sondaggi fino alla settimana precedente fosse stata genuina o fosse stata prodotta con metodi potenzialmente difettosi di cui i media con la loro amplificazione sarebbero stati responsabili. Potremmo non saperlo mai con certezza.
Ma le prevedibili conseguenze di quella percepita vicinanza si sono realizzate. Innanzitutto c’è stata una maggiore mobilitazione: in un Paese in cui l’affluenza alle urne aveva subito un calo secolare, portandola al di sotto della media europea, le elezioni del 2022 hanno segnato una ripresa, la prima dal 2005, quando forse non a caso i socialisti hanno ottenuto la precedente maggioranza assoluta.
In secondo luogo, c’era il voto strategico: dal 2002, in media quasi un elettore su cinque ha fatto la sua scelta nella settimana prima delle elezioni anche se questa volta i votanti dell’ultimo appello potrebbero aver oscillato notevolmente verso il PS, per evitare una vittoria della destra. Com’era prevedibile, questo ha danneggiato i due principali partiti alla sua sinistra: il Blocco di sinistra (che è sceso dal 9,7% nel 2019 al 4,5% questa volta) e il Partito Comunista (dal 6,5% al 4,4%). Anche in questo caso, solo gli studi post-elettorali potranno confermarlo.
Portogallo semi-indipendente
Le spiegazioni strutturali di lungo termine sono forse di maggiore interesse. In molti paesi europei, i partiti socialdemocratici hanno subito una drammatica erosione negli ultimi due decenni, favorita dalla riduzione del loro nucleo centrale composto da appartenenti alla classe operaia industriale; dall’ascesa di una classe media istruita e dalla maggiore rilevanza di un asse di potere libertario-autoritario di conflitto politico. Come Herbert Kitschelt ha abbozzato preveggentemente nel suo saggio del 1994, “La trasformazione della socialdemocrazia europea”, ciò ha creato complessi dilemmi per i partiti socialdemocratici su dove posizionarsi, nonché nuove opportunità per i partiti verdi, per una nuova sinistra e per la destra radicale.
Il Portogallo, tuttavia, rimane semi-distaccato da questo mondo. I lavoratori addetti alla produzione costituiscono ancora una quota sproporzionata dell’elettorato, anche per gli standard già elevati dell’Europa meridionale. Solo il 55% circa della forza lavoro portoghese ha completato almeno il ciclo dell’istruzione secondaria, il livello più basso tra i 31 paesi europei esaminati. La dimensione socio-economica della competizione politica – redistribuzione e ruolo dello Stato – rimane ancora determinante, qualcosa che la Grande Recessione, la crisi dell’eurozona, il salvataggio del 2011-13 e le relative politiche di austerità potrebbero persino aver rafforzato.
I dilemmi più significativi sono stati invece vissuti del sistema dei partiti ancorati a destra. Nel precedente periodo di governo del centrodestra (2011-15), la leadership più neoliberista di Pedro Passos Coelho e le misure di austerità imposte dalla ‘troika’ (Fondo Monetario Internazionale, BCE e Commissione Europea) sembrano aver portato gli elettori sempre più a considerare troppo spostato a destra l’orientamento del PSD. Il partito ha perso parte della sua capacità di attrarre elettori più anziani, meno istruiti e più poveri.
Il successore di Coelho, Rui Rio, ha quindi trascorso gli ultimi anni cercando di riposizionare il PSD come un partito moderato e centrista, persino “socialdemocratico” (il suo nome ufficiale riflette il clima al momento della sua formazione sulla scia della rivoluzione del 1974). A prima vista, questo sembrava saggio. Poiché di solito si manifestano autentici dilemmi, questo è stato quasi permanentemente contestato all’interno del partito dalla sua ala più neoliberista, creando al contempo opportunità esterne di concorrenza a destra.
Il nuovo partito Iniciativa Liberal ha aumentato la sua presenza in parlamento in queste elezioni da uno a otto parlamentari, su una piattaforma di riduzione dell’estrazione fiscale e di un minor intervento statale. Questo, insieme all’ascesa di Chega, ha generato una frammentazione della destra, da cui l’incapacità del PSD di avanzare nelle elezioni nel 2022.
La quadratura del cerchio
Il domani ci riserverà di saggiare altri tipi di dilemmi, ma questa volta l’opzione delle scelte ricade sui socialisti al governo, così come accadrà eventualmente per qualsiasi altro partito con compiti di governo in futuro. Il Portogallo rimane un paese con una disuguaglianza relativamente elevata di reddito e (soprattutto) di ricchezza, ancora scosso dalle conseguenze, altamente socialmente asimmetriche, della pandemia. La sua forza lavoro [rispetto alla media UE] mostra un certo ritardo come grado di specializzazione, la produttività è inferiore del 25 per cento alla media dell’UE-27 (ed è in ulteriore calo) e gli investimenti nell’istruzione, nella ricerca e sviluppo, nell’assistenza all’infanzia e nella istruzione primaria sono stati stagnanti, nella migliore delle ipotesi, per almeno un decennio.
Rimane ancora poco chiaro nel migliore dei casi – improbabile nel peggiore – se un governo socialista, gravato dal debito (oltre il 130 per cento del prodotto interno lordo) e dalla bassa capacità fiscale, sia in grado di fare la quadratura del cerchio per soddisfare i bisogni sociali immediati del suo collegio elettorale e, allo stesso tempo, abbia la capacità d’investire nel futuro.
Pedro C Magalhães is a political scientist and a research fellow at the Institute of Social Sciences of the University of Lisbon.