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Daniele Borioli

Leggo l’interessante intervento di Angelo Marinoni sul blog “Il Ponte”. Tralasciando le  parti dell’articolo che possono sembrare una replica alle mie considerazioni di qualche giorno fa, a proposito della condizione della stazione di Alessandria, trovo stimolante l’affermazione circa il rilancio dello scalo merci alessandrino nei prossimi due anni. Poiché questa è una prospettiva alla quale ho lavorato per un paio di decenni, sarei il primo a rallegrarmi se il pessimismo contenuto nel mio “sfogo” venisse smentito dai fatti.

Tuttavia, poiché trattiamo di ferrovie e non di basi militari strategiche, tali da giustificare qualche sorta di segreto imperscrutabile, sarebbe utile avere qualche maggiore chiarezza:

a che punto è il progetto riguardante il rilancio dello scalo di Alessandria, che dovrebbe trovare realizzazione nei prossimi due anni? In quale rapporto sta con il progetto di grande area logistica a Castellazzo Bormida, di cui parlava “lo  Spiffero” l’altro giorno? Chi è, o chi sono, gli interlocutori di questa progettazione a livello locale? Il Comune, la Provincia, la Regione, Slala? E il rilancio di Novi S.Bovo è ancora in qualche agenda?

Credo che su questo sia giunto il momento di aprire pubblicamente “i libri” al confronto aperto con le forze produttive, sociali e politiche della città e della provincia. Se tra due anni “la logistica” ritorna allo Scalo di Alessandria, dovranno ben esserci progetti precisi, costi, procedure avviate, tempi previsti per la realizzazione degli interventi e l’avvio delle attività.

È eccessivamente molesto chiedere che gli attori principali (Governo, FS, Regione, Comune) ne diano ai cittadini aperta informazione, avviando anche un processo di informazione e consultazione, che dica anche quale sarà il destino, oltreché di Alessandria, di Novi S. Bovo?

Ed è lecito chiedere che si sappia quante saranno, e dove verranno  collocate le più volte citate in questi anni “aree buffer” per i Tir? E quali sono le misure previste per contenere l’impatto che esse avranno con la loro funzione di attrazione e inoltro di traffico pesante? O ancora, solo per citare le ultime news, come sta il rilancio dello scalo merci alessandrino con la piattaforma logistica di Castellazzo, annunciata solo pochi giorni fa?

Insomma, è lecito o no pretendere di sapere qualcosa di più dei reiterati annunci mai supportati da atti e progetti minimamente documentati e credibili. Ripeto, non escludo che tutto ciò ci sia e, se c’è, sarò il primo a gridare “evviva”. Ma, ripeto, i cittadini e tutti gli attori politici e sociali della città non meritano di essere trattati  come bambini in attesa di Babbo Natale. Non è certo un mio problema personale: quello che dovevo dare e dire sul tema l’ho dato e detto negli anni passati; pertanto, la questione non riguarda un mio pallino ma le prospettive di sviluppo del territorio. Se così la si vuole ritenere.

Ancora una riflessione conclusiva sull’articolo del “Ponte”: Marinoni ha ragione: il declino del nodo ferroviario di Alessandria è un’onda lunga, che ha investito diverse e trasversali responsabilità politiche. Ma è pur sempre tracciabile, nell’onda lunga della sconfitta, la differenza tra le fasi nelle quali si pure provato ad opporre qualche resistenza (l’esperienza di Autozug, l’attività merci di Railion, il circuito ferroviario di Arenaways, stroncato dal gruppo Fs, la Società del Retroporto e gli oltre 10 milioni di euro stanziati per la strada di collegamento tra lo smistamento e la tangenziale) e l’attuale Caporetto, con una Stazione in abbandono, che è simbolo palese, certo, della sconfitta di chi ci ha provato, senza riuscire, negli anni passati, ma soprattutto del disinteresse totale di coloro che dovrebbero occuparsene oggi.

Daniele Borioli

Franco Gavio

Dopo il conseguimento della Laurea Magistrale in Scienze Politiche ha lavorato a lungo in diverse PA fino a ricoprire l'incarico di Project Manager Europeo. Appassionato di economia e finanza dal 2023 è Consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria. Dal dicembre 2023 Panellist Member del The Economist.

Il Ponte