Tra i più lucidi economisti viventi, Joseph Stiglitz, nulla d’aggiungere.
Whither America?
Jan 12, 2021 JOSEPH E. STIGLITZ
Fortunately, Joe Biden will assume the US presidency on January 20. But, as the shocking events of January 6 showed, it will take more than one person – and more than one presidential term – to overcome America’s longstanding challenges.
NEW YORK – L’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti da parte dei sostenitori del presidente Donald Trump, incitati dallo stesso Trump, è stato il prevedibile risultato del suo attacco durato quattro anni alle istituzioni democratiche, aiutato e incoraggiato da tanti membri del Partito Repubblicano. E nessuno può dire che Trump non ci avesse avvertito: non era disponibile per una transizione pacifica del potere. Molti di coloro che ne hanno beneficiato grazie al taglio delle tasse per le società e per i ricchi, l’annullamento delle normative ambientali e la nomina di giudici favorevoli alle imprese, sapevano che stavano stringendo un patto con il diavolo. Forse, credevano di poter controllare le forze estremiste che lui stesso ha scatenato, o semplicemente a costoro non importava di farlo.
Quale direzione prenderà l’America a partire da qui? Trump è un’aberrazione o un sintomo di una malattia nazionale più profonda? Ci si può fidare degli Stati Uniti? Tra quattro anni, le forze che hanno dato origine a Trump, e il partito che lo ha sostenuto in modo schiacciante, trionferanno di nuovo? Cosa si può fare per impedire quanto accaduto?
Trump è il prodotto di molteplici forze. Per almeno un quarto di secolo, il Partito Repubblicano ha capito che poteva rappresentare gli interessi delle élite imprenditoriali solo abbracciando misure antidemocratiche – inclusa la soppressione del diritto di voto e il gerrymandering [la modifica dei confini delle circoscrizioni elettorali a vantaggio di chi governa] – procurandosi alleati, tra cui i fondamentalisti religiosi, i suprematisti bianchi e i populisti nazionalisti.
Ovviamente, il populismo implicava politiche antitetiche alle élite imprenditoriali. Ma molti leader aziendali hanno trascorso decenni a padroneggiare la capacità d’ingannare il pubblico. La Big Tobacco ha speso generosamente in avvocati, oltre a promuovere una scienza fasulla per negare gli effetti negativi sulla salute dei loro prodotti. La Big Oil ha fatto altrettanto per confutare il contributo dei combustibili fossili al cambiamento climatico. Entrambi i gruppi d’interesse hanno ritenuto che Trump fosse uno di loro.
Quindi, i progressi della tecnologia hanno fornito uno strumento per la rapida diffusione di “disinformazione”, e il sistema politico americano, dove il denaro regna sovrano, ha permesso ai giganti dell’emergente tecnologia di essere liberi da ogni responsabilità. Questo sistema politico ha fatto un’altra cosa: ha generato una serie di politiche (a volte indicate come neoliberiste) che hanno procurato enormi guadagni di reddito e ricchezza a coloro che si posizionavano al vertice, ma una quasi stagnazione per i rimanenti in qualsiasi altra parte della nazione. Ben presto, un paese all’avanguardia nel progresso scientifico fu caratterizzato da un calo dell’aspettativa di vita e da crescenti disparità per quanto concerne lo stato di salute individuale.
La promessa neoliberista che ricchezza e guadagni di reddito sarebbero ricaduti su coloro che popolavano la base della scala sociale era fondamentalmente falsa. Poiché i massicci cambiamenti strutturali, smantellarono il tessuto industriale di gran parte del paese, coloro che erano rimasti indietro furono in gran parte lasciati a se stessi. Come feci presente nei miei libri The Price of Inequality and People, Power, and Profits, questo mix tossico fornì un’opportunità invitante per un aspirante demagogo.

Come abbiamo più volte visto, lo spirito imprenditoriale degli americani, combinato con l’assenza di vincoli morali, fornisce un’ampia pletora di ciarlatani, sfruttatori e aspiranti demagoghi. Trump, un sociopatico mendace e narcisista, senza alcuna comprensione dell’economia o apprezzamento per la democrazia, era l’uomo del momento.
Il compito immediato è quello di rimuovere la minaccia che Trump ancora pone. La Camera dei Rappresentanti dovrebbe ora metterlo sotto accusa, e successivamente il Senato dovrebbe processarlo, per impedirgli di ricoprire nuovamente la carica federale. Dovrebbe essere nell’interesse dei repubblicani, non tanto dei democratici, dimostrare che nessuno, nemmeno il presidente, è al di sopra della legge. Tutti devono comprendere l’imperativo di onorare le elezioni e garantire la transizione pacifica del potere.
Finché i problemi sottostanti non vengono affrontati non dormiremo serenamente. Molti di questi comportano grandi sfide. Dobbiamo conciliare la libertà d’espressione con la responsabilità per l’enorme danno che i social media possono e hanno causato, dall’incitamento alla violenza e dalla promozione dell’odio razziale e religioso alla manipolazione politica.
Gli Stati Uniti e altri paesi hanno imposto a lungo restrizioni su altre forme di espressione le quali rispecchiano le più ampie preoccupazioni della società: non si può gridare al fuoco in un teatro affollato, dedicarsi alla pornografia infantile o dispensare calunnie e diffamazioni. È vero, alcuni regimi autoritari abusano di questi vincoli e compromettono le libertà fondamentali, ma i regimi autoritari troveranno sempre delle giustificazioni per fare ciò che vogliono, indipendentemente da ciò che fanno i governi democratici.
Noi americani dobbiamo riformare il nostro sistema politico, sia per garantire il diritto fondamentale di voto sia [per rafforzare] la rappresentanza democratica. Abbiamo bisogno di una nuova legge sui diritti di voto. La precedente, adottata nel 1965, era rivolta al Sud, dove la privazione dei diritti agli afroamericani aveva consentito alle élite bianche di rimanere al potere dalla fine della Reconstruction a seguito della guerra civile. Ma ora le pratiche antidemocratiche le troviamo in tutto il paese.
Dobbiamo anche diminuire l’influenza del denaro nella nostra politica: nessun sistema basato sui controlli e gli equilibri (checks and balances) può essere efficace in una società con tanta disuguaglianza come gli Stati Uniti. E qualsiasi sistema incentrato su “un dollaro, un voto” piuttosto che “una persona, un voto” sarà vulnerabile alla demagogia populista. Dopo tutto, come può un tale sistema servire gli interessi del paese nel suo insieme?
Infine, dobbiamo affrontare le molteplici dimensioni della disuguaglianza. L’impressionante differenza tra il trattamento degli insurrezionalisti bianchi che hanno invaso il Campidoglio rispetto ai pacifici manifestanti di Black Lives Matter di quest’estate ha mostrato ancora una volta in tutto il mondo l’entità dell’ingiustizia razziale americana.
Inoltre, la pandemia COVID-19 ha sottolineato l’entità delle disparità economiche e sanitarie del paese. Come ho ripetutamente sostenuto, piccole modifiche al sistema non saranno sufficienti per fare grandi passi avanti nelle disuguaglianze radicate nel paese.
Il modo in cui l’America risponderà all’attacco al Campidoglio dirà molto su dove è diretto il paese. Non basta che si ritenga Trump responsabile, si deve anche intraprendere la impervia strada della riforma economica e politica per affrontare i problemi di fondo che hanno dato origine alla sua tossica presidenza, allora c’è speranza per un futuro più luminoso. Fortunatamente, Joe Biden assumerà la presidenza il 20 gennaio. Ma ci vorrà più di una persona – e più di un mandato presidenziale – per superare quelle sfide di vecchia data che si prospettano in America.
Joseph E. Stiglitz, a Nobel laureate in economics and University Professor at Columbia University, is Chief Economist at the Roosevelt Institute and a former senior vice president and chief economist of the World Bank. His most recent book is People, Power, and Profits: Progressive Capitalism for an Age of Discontent.